Vita Chiesa

Le lettere per la Quaresima

di Stefania MorettiUna meditazione sulle radici della fede, che si richiama alla prima enciclica di Papa Benedetto XVI «Deus caritas est» e all’esempio dei santi, in particolare a una figura della diocesi fiesolana, Madre Teresa Scrilli, fondatrice delle Suore di Nostra Signora del Carmelo della quale è ormai imminente la beatificazione. Si intitola «Il comandamento nuovo» la lettera quaresimale del vescovo di Fiesole Luciano Giovannetti. Parlando dei vari significati dell’amore cristiano, Giovannetti ricorda che «la Chiesa fin dall’inizio ha dato un volto anche organizzato alla sua dimensione caritativa».

Anche se «dedicandosi al servizio della carità, la Chiesa non sottovaluta la ricerca della giustizia, che è però scopo e compito specifico della politica, così come lo è la pace: la Chiesa non fa politica, ma partecipa appassionatamente alla causa della giustizia, attraverso il fondamentale contributo della fede».

A proposito di madre Scrilli, il vescovo di Fiesole ricorda che la coraggiosa ragazza fondò la nuova famiglia religiosa nel 1854 «sfidando anche il clima fortemente anticlericale di Montevarchi». La sua missione era l’educazione delle ragazze: «era ben consapevole della deriva che la cultura moderna produceva nei confronti della religione, e intuiva già, con grande anticipo rispetto ai suoi tempi, l’affermarsi di quel secolarismo che oggi domina gran parte della società occidentale». Anche oggi, ricorda Giovannetti, «la Chiesa non gode di nessun privilegio, ma piuttosto del riconoscimento del servizio che svolge a favore della realtà sociale in cui vive, con le innumerevoli forme del suo impegno caritativo, culturale, spirituale. E di questo riconoscimento ha pieno diritto, anche in una società pluralista». Il Vescovo risponde così al «laicismo tipicamente moderno» che vede nell’8 per mille o in altri contributi statali concessi alla Chiesa «vantaggi o prerogative che non le spetterebbero».

Anche il vescovo di Massa Marittima-Piombino Giovanni Santucci, nella sua lettera quaresimale alla Diocesi, ricorda che «La scelta di essere discepoli, di assumere il vangelo come regola di vita, di vivere la carità come condizione, non è certamente facile; ancora oggi il vangelo si scontra con un modo di pensare di vedere la vita che è diffuso, presente ovunque, non lontano né estraneo a noi». «Essere Cristiani – continua Santucci – non significa fare qualcosa in più o di diverso rispetto a chi non lo è. Significa fare ogni cosa in modo nuovo, del tutto originale rispetto a quanto istintivamente o per interesse ci si aspetterebbe. Questo cambiamento di mentalità, questa relazione nuova tra le persone sicuramente avvertita da tutti come buona, e sinceramente desiderata rimane difficile». Da qui deriva, secondo il vescovo di Massa Marittima-Piombino, la necessità di una testimonianza coraggiosa: «Affermare la libertà di credere ciò che uno vuole senza interferenze, purché la fede rimanga intima e non venga manifestata, è una antica forma di oppressione dei cristiani oggi rispolverata da tanti presunti maestri di civiltà. È un grave errore vissuto da molti, che affermano di essere credenti anche se non praticanti, errore spesso dovuto alle circostanze ma altre volte frutto di pigrizia morale e spirituale, per cui si nega nel comportamento quanto si presume di affermare nelle convinzioni, per altro non espresse. Il Cristiano, se tale vuol essere e restare, vive apertamente la sua fede, non se ne vergogna, la proclama, la testimonia nella vita».

È dedicata alla speranza, invece, la lettera del vescovo di Massa Carrara Pontremoli Eugenio Binini. «La nostra speranza – sottolinea subito il Vescovo – è Gesù Risorto». «Ma – aggiunge – chi ci dà occhi per vedere Gesù Risorto presente e operante in mezzo a noi?» Binini elenca quindi alcuni segni concreti di speranza: «Noi comunichiamo speranza quando diamo notizia di persone che aiutano gli ammalati, i poveri, gli esclusi. Comunichiamo speranza quando incoraggiamo le persone a farsi responsabili e a coinvolgersi nella cosa pubblica, cioè negli interessi della collettività per il bene di tutti, soprattutto dei più deboli. Quando incoraggiamo gli artisti nei loro sforzi creativi a riconoscere il tocco della vita divina nella vita umana. Quando illustriamo l’impegno per una comprensione reciproca tra le religioni e le diverse culture. Quando vinciamo il pregiudizio gratuito che ignora il dovere di informarsi degli altri, di conoscerli prima di pronunciarsi. Quando diamo notizia di giovani entusiasti nel rispondere all’invito della Chiesa la quale, a nome di Gesù, chiama a farsi carico della diffusione e della conoscenza del Vangelo».

Vivere da cristiani nella società pluralista: è questo il tema della nuova lettera alle famiglie del cardinale Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze, che i parroci della diocesi distribuiscono casa per casa durante la benedizione alle famiglie. «Oggi – sottolinea il Cardinale – ci capita spesso di incontrare persone che non credono in Dio o che appartengono a una religione non cristiana (Islam, Buddhismo, Induismo ecc.). La loro presenza deve stimolarci ad approfondire la nostra fede, a tenere aperto il dialogo con loro, a testimoniare e proporre il Vangelo. Dobbiamo educarci a stare da cristiani nel pluralismo». Questo significa prima di tutto, secondo l’Arcivescovo di Firenze, essere consapevoli della nostra identità: «Nel cristianesimo decisiva e centrale è l’adesione alla persona di Gesù Cristo». Il vero cristiano allora è colui che «cerca di seguire il Signore Gesù, partecipando seriamente alla vita e alla missione della Chiesa a cominciare dalla Messa domenicale». L’adesione a Cristo comporta anche l’apertura al dialogo con i credenti di altre religioni e con i non credenti. Il dialogo è importante, sottolinea il Cardinale, perché «consente di perseguire alcune importanti finalità: migliore conoscenza reciproca, superamento di pregiudizi, individuazione di verità e valori comuni, constatazione di differenze, educazione al rispetto vicendevole, collaborazione in campo sociale e culturale, amicizia e convivenza pacifica». Da solo però il dialogo non basta: «ad esso – precisa Antonelli – bisogna aggiungere l’annuncio del Vangelo. Le religioni non sono tutte uguali; né hanno lo stesso valore. Meno ancora si può pensare che la verità non esista e che ci siano solo opinioni e forme di espressione varie e provvisorie. Occorre imparare a stare nel pluralismo, ma senza cadere nel relativismo». L’annuncio cristiano non è tanto un dovere, quanto un bisogno: «Il cristiano che ha conosciuto Cristo ed è rimasto affascinato da lui non può tenere soltanto per sé la sua scoperta».

Nella sua lettera, il Cardinale fa riferimento anche a un tema concreto: è il fatto, già denunciato nella notte di Natale, che non poche scuole hanno escluso dai loro programmi il presepio e la spiegazione del senso cristiano del Natale: «È questo il modo migliore di educare al rispetto del pluralismo religioso e culturale? I ragazzi, cristiani e non cristiani, non hanno il diritto di conoscere il senso principale che la festa ha presso il popolo italiano?”. «La laicità dello Stato – sottolinea Antonelli – non consiste nell’ignorare il fatto religioso e relegarlo nel privato, ma nel tutelare la libertà religiosa e culturale di tutti, mettere le differenze in grado di interagire tra loro e convivere pacificamente sulla base dei diritti fondamentali dell’uomo».