Vita Chiesa

MALATI INGUARIBILI: CONGRESSO INTERNAZIONALE IN VATICANO

“Nei suoi 14 anni dalla fondazione, è la terza volta che la Pontificia Accademia per la Vita si occupa del tema della morte e dell’assistenza al morente. Nell’89 si parlò dell’occultamento della morte nella cultura contemporanea. Nel 2004 la riflessione fu sull’assistenza al malato in coma vegetativo permanente. Quest’anno rifletteremo sugli orientamenti etici ed operativi nell’assistenza al malato inguaribile e al morente”: così mons. Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha introdotto la presentazione del congresso internazionale in programma in Vaticano nei giorni 25 e 26 febbraio sul tema “Accanto al malato inguaribile e al morente: orientamenti etici ed operativi”. “Sentiamo il bisogno di riflettere su questi temi – ha aggiunto Sgreccia – nell’epoca in cui l’eutanasia è entrata in campo più decisamente e quando alcuni paesi l’hanno introdotta nei propri ordinamenti”. Ha citato i casi di Olanda, Belgio e a diverso titolo Danimarca e Oregon. “Nel congresso cercheremo di riflettere sugli aspetti medici, psicologici, assistenziali e anche etici e spirituali, perché le fasi finali della vita rappresentano quella dimensione di confine tra la vita terrena e quella che per i credenti sarà la vita ‘eterna’. E’ uno spazio quanto mai importante nella biografia di ogni uomo e per noi credenti è decisivo in termini di speranza dell’aldilà”.

“Tra l’eccesso terapeutico e l’abbandono del paziente c’è un’ampia area di azione e di intervento medico al cui interno, nel rapporto tra quest’ultimo e il malato oggetto delle cure, si può giungere alla scelta dei mezzi terapeutici più adeguati”: lo ha detto in sala stampa vaticana mons. Maurizio Calipari, teologo moralista e relatore al congresso internazionale che si aprirà lunedì in Vaticano, intervenendo nella conferenza stampa di presentazione dell’evento accanto a mons. Sgreccia e ad altri relatori. “Tra i criteri da tenere presenti – ha aggiunto Calipari – ci sono quello della ‘proporzionalità medica’ delle cure, la valutazione che ne dà lo stesso paziente a livello soggettivo e la sintesi di tipo etico che ne deriva sulla cui base si procede nel somministrare le stesse cure nella misura adeguata e necessaria”. Mons. Calipari ha aggiunto che “il rapporto tra medico e paziente non può prevedere che una delle due coscienze prevarichi sull’altra. Se una soluzione appare sproporzionata o comunque eccessiva, allora quel mezzo terapeutico potrà essere considerato illecito”, ha concluso.

“Ci interrogheremo su come dare conforto nelle ultime ore di vita di un paziente, tenendo conto dei valori tradizionali di rispetto e tutela della vita da un lato e dall’altro dell’universo di dolore in cui si trova lo stesso morente e con lui i familiari che lo assistono”: lo ha detto il prof. Ben Zylick, direttore sanitario di un complesso di “hospice” nell’East Youkshire, in Inghilterra, che sarà relatore al congresso internazionale. Secondo Zylick, “spesso di fronte a malati in fase terminale non ci sono soluzioni tipo bianco-nero, cioè se sia meglio questo o quel tipo di approccio medico e assistenziale. Occorre quindi che i medici, sentiti anche i familiari o lo stesso malato, elaborino la miglior proposta terapeutico-assistenziale, contribuendo così a far crescere quella consapevolezza che la morte fa parte naturalmente della vita e va affrontata, pur nella sua drammaticità, con la maggiore serenità possibile”. Il prof. Gian Luigi Gigli, neurologo degli ospedali di Udine, ha riferito sullo sviluppo degli studi del prof. Jamanaka, di Kyoto, che ha scoperto il sistema di far derivare da staminali adulte, delle cellule totipotenti del tipo delle staminali embrionali. “Il loro utilizzo futuro su cui si sta lavorando in oltre 70 protocolli – ha aggiunto – permetterà di ottenere risultati si spera molto promettenti, senza dover utilizzare embrioni umani”.

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