Vita Chiesa

Ma oggi dove possiamo incontrare Gesù?

Natale non è solo il ricordo di un evento di duemila anni fa. Il Figlio di Dio continua a venire tra noi: ma dove dobbiamo cercarlo? Ecco le tre «strade maestre» che possiamo percorrere per un incontro con Cristo che non si limiti a questi giorni di festa, ma che duri tutto l’anno.

1. Nell’eucaristiaBetlemme è la città dove l’amorediventa panedi Rizieri SantiPadre sacramentinoNoi non sappiamo perché Gesù sia nato a Betlemme… questo fa parte dei disegni di Dio. Certamente perché quella era la città di Davide e Lui è il nuovo germoglio di quel tronco oramai secco. Ma è bello anche pensare che «Betlemme» vuol dire «città del pane». Allora tutta l’esistenza storica di Gesù si compie fra Betlemme, la città del pane, e Gerusalemme, la città dove Gesù si offre come pane.Come i pastori si dicevano l’un l’altro: «Andiamo a Betlemme a vedere», così anche noi ci sosteniamo reciprocamente nel dire: «Andiamo a vedere» dove oggi l’amore di Dio si fa Pane di Vita. È l’Eucarestia la nostra esperienza di Betlemme, oggi! Lo stupore di Maria, di Giuseppe, dei pastori, dei magi… è lo stesso nostro stupore contemplativo di fronte all’Eucarestia.

Certo che stupisce un Dio che sceglie di incarnarsi, di condividere la nostra esistenza fino a farsi Pane e Vino per la nostra vita. Per noi, che abbiamo fame e sete di speranza, di dialogo, di gioia, di perdono, di pace, di affetto, di ascolto, di fiducia… di vita, di fede… c’è sempre una Betlemme e un pane che ci viene offerto. E abbiamo sempre la possibilità non solo di essere saziati, ma di diventare anche noi Betlemme, città del pane: in Lui essere Pane donato per la vita di tutti.

I Magi «prostratisi lo adorarono» e, pieni di gioia, «fecero ritorno al loro paese». L’incontro con Gesù, nella «casa del pane» ci apre alla contemplazione di Colui che si fa debole con i deboli, povero con i poveri, ultimo con gli ultimi. Questa è la forza di Dio: a Betlemme, di fronte al Pane di Vita, ancor prima di essere contemplativi, ci sentiamo contemplati dall’Amore, amati da Lui fino al punto di contemplarlo nel suo farsi carne, presenza, e servizio.Fare Natale è ribadire la voglia di un Pane che sazia, è riconoscere che per vivere ho bisogno di Gesù, il Pane donato. Ma è anche sapere che Il Natale vero passa attraverso il mio coinvolgimento, il mio contemplare con amore la vita e la storia dei fratelli. Betlemme, la casa del Pane, è anche la mia vita, il mio servizio, la mia capacità di offrirmi nelle piccole e grandi cose… il mio accettare di mettermi di fronte all’altro non con la pretesa e la voglia di dominare, ma nell’umiltà e nell’atteggiamento di colui che apprezza talmente l’altro da non provare vergogna a servirlo e ad accettare il suo aiuto. 2. Nella ParolaLa Sacra Scrittura, una letturache ci scalda il cuoredi Stefano ManettiAssistente spirituale del Seminario di Firenze«Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?» (Lc 24,32).

La Sacra Scrittura scalda il cuore e conduce all’incontro con il Signore. Nella Messa il Signore Gesù dispone i suoi fedeli a partecipare al sacrificio eucaristico mediante la liturgia della Parola, poiché Egli è presente nella sua Parola ed è Lui che parla quando nella chiesa vengono proclamate le letture. Ma la lettura della Bibbia è una formidabile risorsa anche per la preghiera personale. C’è davvero da rallegrarsi di come la Bibbia si sia così ampiamente diffusa nel popolo di Dio e che molti fedeli laici vi attingono quotidianamente per il proprio nutrimento spirituale. La lettura personale del testo sacro ridesta in noi il senso della fede, suscita una percezione viva della presenza del Signore nella nostra vita, ci rende attenti a riconoscerlo nelle cose e negli avvenimenti di tutti i giorni, trasforma la nostra mentalità abilitandoci a pensare secondo Dio anziché secondo gli uomini.

I due discepoli non avevano riconosciuto subito Gesù nel forestiero che si era unito a loro mentre percorrevano la strada verso Emmaus, perciò continuavano a sentirsi soli e disorientati, non comprendendo il senso di quanto avevano appena vissuto. «I loro occhi erano incapaci di riconoscerlo» fino al momento in cui, seduti a mensa con Lui, Egli spezzò il pane. Intanto, lungo il cammino, si era preso cura della loro cecità cominciando a spiegargli le Scritture: con esse aveva toccato il loro cuore «accendendovi» il desiderio della sua compagnia («Resta con noi!») e la fiamma della fede alla cui luce poterono infine «vedere» il Signore. Il credente è colui che sa riconoscere la presenza di Gesù lungo il cammino della propria vita. Quando questo non succede Egli può presentarsi ai nostri occhi semplicemente come uno «straniero», cioè distante da quanto stiamo vivendo adesso, estraneo rispetto alle cose che occupano i nostri pensieri. In tal caso la nostra strada si riduce ad essere semplicemente quella che ricerca una sistemazione di vita accettabile che ci permetta di contentarci delle nostre fragili sicurezze e lo stupore per il Risorto non ci tocca.

Le Sacre Scritture ci vengono in aiuto. Ogni volta che apro la Bibbia e leggo, il cuore si scalda perché il Signore stesso agisce in me in quel momento attraverso quella Parola scritta. È meraviglioso pensare che Dio è il vero autore di ciò che sto leggendo e che Dio è il Padre che nei libri sacri «viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con loro». (Dei Verbum 21). Perciò quando leggi, mettiti prima di tutto in atteggiamento di ascolto: «Parla Signore che il tuo servo ti ascolta», disponibile ad accogliere con gioia e gratitudine ciò che il Signore vorrà insegnarti e ad accettare di non capire ciò che il Signore ha ritenuto non importante che tu comprenda ora. Piuttosto esamina il tuo cuore e guarda che sia in grazia di Dio così che Egli possa interiormente istruirti. Gesù stesso ti spiega le Scritture quando leggi, proprio come ha fatto con i discepoli di Emmaus. La fede cristiana, infatti, non è una «religione del Libro». «Il cristianesimo è la religione della Parola di Dio, non di una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente. Perché le parole dei Libri Sacri non restino lettera morta è necessario che Cristo, Parola eterna del Dio vivente, per mezzo dello Spirito Santo ci “apra la mente all’intelligenza delle Scritture”» (CCC 108).

Il tempo passato a leggere la Bibbia è tempo passato in Dio: leggere la Scrittura è una esperienza di relazione, è permettere a Dio di entrare in comunicazione con te, di trasmetterti il suo modo di vedere e giudicare le cose. Ci si accosta alla Sacra Scrittura per conoscere il Signore ed orientarsi a vivere come Lui vuole, bisogna che tu legga col desiderio di avvicinarti a Cristo. Tutto questo lo si può mettere in pratica anche con un gesto semplicissimo: tenere una Bibbia sul comodino, accanto al letto, oppure sul mobile nell’ingresso di casa, per poterla aprire prima di spegnere la luce o il mattino appena alzati.

Basta anche una frase, un versetto, colto magari aprendo il libro a caso e ti cambia la giornata. L’evangelista Luca in questo tempo di Natale ci presenta Maria mentre «serbava tutte queste cose (gli avvenimenti salvifici poi narrati nei vangeli) meditandole nel suo cuore», cioè leggendo la propria vita nella luce di Dio per poterla a Lui continuamente offrire. Infatti bisogna ricordare che il fine della lettura della Parola è lo spezzare il pane. Tu puoi sapere di avere conosciuto il Signore non quando hai letto tutta la Bibbia ma quando accetti di spezzare la tua vita, di offrirla in dono a Dio e ai fratelli. La familiarità di un cuore sincero con la Scrittura conduce a questo. La Parola conservata e meditata nel cuore feconda la tua vita e ne fa un dono. Come Maria.

3. Nei fratelliLa Buona Novella è rivoltaprima di tutto ai poveridi Antonio Maria StrambiPresidente del Consiglio regionale della Società di San Vincenzo De’ PaoliNatale è tempo di grazia e di silenzio adorante, certezza della pienezza dei tempi, espressione della tenerezza e della misericordia di Dio che attraverso la nascita del Figlio prende dimora tra gli uomini. È tempo di essenzialità, di semplicità e di contemplazione.

Il Figlio di Dio si manifesta «nell’umiltà della condizione umana» e sceglie una capanna per la sua prima dimora. «Ai poveri è predicata la buona novella»: questa la sua scelta preferenziale. I poveri sono i privilegiati dell’annunzio, e i destinatari del Regno perché non hanno sicurezze, protezioni, potere, possono solo fidarsi di Dio e della Sua provvidenza.

Celebrare il Natale senza prendere coscienza che l’impegno di ogni uomo è quello di realizzare la giustizia da cui scaturisce la pace è rinnegare l’annuncio. La liturgia, i canti natalizi, le luci, i doni devono essere accompagnati dall’attenzione premurosa e costante verso i fratelli in difficoltà e disagio; questo è un obbligo sia del singolo che della comunità tutta.

Molti sono coloro che vivono afflitti da povertà materiali anche nel nostro paese, sebbene non sempre evidenti perché vissute con dignitosa riservatezza; è limitativo comunque non rivolgere la nostra attenzione ai poveri che vivono in altri paesi martoriati da carestie, calamità più o meno naturali, malattie, guerre e quant’altro produce sofferenza e povertà.

Dobbiamo però tener presenti anche coloro soffrono di povertà immateriali come l’isolamento, l’egoismo, la perdita di valori, la sfiducia, ecc.; verso queste persone il nostro compito è più difficile ed impegnativo. È necessario essere creativi nell’amore e ricchi di speranza per saperla donare.