Vita Chiesa

Medici e biblisti di fronte al prodigio della nascita

di Riccardo BigiDi fronte alla nascita di un bambino, medici e biblisti si confrontano con occhi pieni di stupore, come di fronte ad un prodigio. L’occasione per questa originale riflessione a più voci (la prima al mondo, nel suo genere) è un convegno organizzato dalla Fondazione Meyer (collegata all’ospedale pediatrico fiorentino) e da Biblia, associazione di cultura biblica. Dal 23 al 25 aprile medici, scienziati, teologi e biblisti cattolici, ebrei e protestanti si ritrovano a Firenze per affrontare tutti i temi legati alla nascita: bambini desiderati o abbandonati, i figli come benedizione o come problema, i rischi del nascere e del non nascere.

«Fin dalla Genesi – spiega il vescovo emerito di Acerra Antonio Riboldi, uno dei relatori del convegno – la Bibbia racconta la nascita dell’uomo come un prodigio: è il soffio di Dio su un pezzo d’argilla. E poi, Dio che dona il suo figlio, che lo invia nel mondo perché partecipi al dolore dell’uomo: è un altro grande prodigio legato alla nascita». Di fronte a questi misteri, dice il vescovo Riboldi, «la scienza deve fermarsi, stupita. La scienza non crea nulla, si limita a riconoscere ciò che Dio ha creato. Per questo gli scienziati devono vincere la tentazione di farsi creatori: gli strumenti della scienza e della tecnologia non possono mai essere usati contro l’uomo».

Il bambino, dice ancora Riboldi, non è un diritto: non si possono avere figli ad ogni costo. «I figli – afferma il vescovo emerito di Acerra – sono un dono, nascono da un atto di amore fedele: è l’amore dei genitori che si incarna nel figlio. Mettere al mondo un bambino però non significa appropriarsene, ma ricevere un dono di fronte al quale abbiamo molte responsabilità: prendersene cura, educarlo, rispettarlo». Riboldi racconta anche un ricordo personale: «Mia mamma mi chiedeva: chi ti ha creato? E voleva che non rispondessi “mi hai creato tu”, ma “mi ha creato Dio”. È su questa domanda che invece inciampano molti genitori».

Nella Bibbia, fa notare l’ebraista Ida Zatelli, «benedire» significa concedere fecondità. «La tua sposa sia come vite feconda dentro la tua casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua tavola», recita il Salmo 128. «Lo stesso termine che indica l’utero, rehem, indica anche la misericordia e funge da epiteto divino. Tutto ciò che è connesso alla sfera generativa e creativa è sacro; la sterilità è una grave sventura». Eppure, paradossalmente, le grandi donne e le matriarche della Bibbia sono sterili, partoriscono figli tardivamente e con molte difficoltà per intervento divino. «Si sottolinea così – spiega la professoressa Zatelli – il valore sacro e prodigioso della funzione generativa e la nascita di un figlio dagli importanti destini». La figura emblematica di Rachele, che sconfigge la sterilità, ma muore di parto assurge a simbolo di pietas, di maternità dolorosa e universale. Nella mistica rappresenterà il volto femminile di Dio che si prende cura dei suoi figli innocenti e oppressi.

Ma la Bibbia, afferma il teologo gesuita Stefano Bittasi, racconta anche storie di figli inattesi (come accade a Davide e Betsabea) e abbandonati, come Elia. Storie che diventano simboli dei tanti modi di vivere la nascita, evento che sconvolge la vita degli uomini.

«Il mondo della medicina e quello della teologia – afferma Giampaolo Donzelli, direttore del reparto di terapia intensiva neonatale del Meyer – cercano entrambi, ognuno a suo modo, di scrutare il mistero. Organizzando questo convegno, vogliamo confrontarci partendo da quel patrimonio comune della nostra cultura che è la Bibbia. Sono convinto che conoscere l’uomo, la persona, è fondamentale per formare un buon medico. Nella Bibbia quindi non cerchiamo risposte di tipo tecnico, non la consideriamo un manuale: ci rivolgiamo alle sacre scritture per capire l’uomo, le sue attese, le sue esigenze». Esigenze a cui l’uomo ha sempre cercato di dare risposta se è vero, come confermano i biblisti, che gli uomini narrati nella Bibbia ricorrevano anche alle concubine per garantirsi una discendenza.

Di fronte alla nascita, come agli altri prodigi della natura, spiega il dottor Donzelli, «lo scienziato indaga, cerca di capire: ma non deve vrcare certi confini, non deve sentirsi onnipotente». Il discorso si applica a molte questioni concrete, come quella della procreazione: «Se la medicina cerca di dare risposte a chi non può esercitare certe funzioni, questo vale anche per la procreazione. Un tempo la sterilità veniva considerato un male unicamente femminile, e segnava una donna in maniera terribile. Oggi abbiamo capito che il problema coinvolge insieme uomini e donne, e che può essere affrontato. È giusto però chiedersi fino a che punto è lecito arrivare per avere un figlio, quali costi siamo disposti a sostenere».

La scienza medica oggi si chiede anche dove finisce la cura dell’uomo, e dove inizia l’accanimento terapeutico: domanda più che mai importante, quando si parla di neonati. «Su questo – afferma Donzelli – c’è stata una evoluzione enorme negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda la conoscenza di ciò che avviene prima della nascita: oggi possiamo accendere la luce nella pancia della mamma, dove prima c’era il buio. Certo, si arriva in questo modo molto vicini al limite di ciò che è naturale. Ma se la ricerca si fosse fermata, oggi non potremmo far crescere bambini prematuri di un chilo e ottocento grammi, che sembrava una cosa impossibile e oggi è considerato normale».

«La vita è un bene supremo, ma chi deve scegliere se una vita è degna di essere vissuta? I genitori? I medici? I comitati etici?» si chiede Giorgio Rondini, presidente dell’associazione italiana di neonatologia. Rondini cita due documenti: il primo è del medico Roberto Burgio che nel Suo scritto «Bioetica per il Neonato» dice letteralmente «…il Medico non ha il compito di prolungare la vita a qualsiasi costo, bensì quello di servire la persona (per noi il feto-neonato) sofferente e la vita umana che tale persona si trova a vivere». Il secondo brano è di Giovanni Paolo II che in documento del 1980 dichiara: «Nell’imminenza di una morte inevitabile è lecito, in coscienza, prendere decisioni di rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita. Perciò il medico non ha motivo di angustiarsi quasi che non avesse prestato assistenza ad una persona in pericolo».

Il programmaIl convegno «Il prodigio della nascita: medici e biblisti a confronto» è organizzato da Biblia, associazione laica di cultura biblica, e dalla Fondazione Meyer. Si svolgerà tra Palazzo Vecchio e l’Aula Maritano della Scuola dei Carabinieri, piazza Stazione 7, dal 23 al 25 aprile. La assoluta novità del convegno organizzato è di proporre un confronto tra l’antica visione biblica della nascita e quella proposta dalla moderna ricerca scientifico-medica senza rinunciare alla specificità di nessuno dei due ambiti. Sterilità, nascite premature, boom demografico, ruolo della madre, essere genitori (biologici e sociali) e figli (voluti, indesiderati e abbandonati): questi i temi che verranno affrontati nei tre giorni. Molti gli interventi autorevoli: tra gli altri, il teologo don Enrico Chiavacci, il vescovo Antonio Riboldi, la pastora battista Lidia Maggi, il presidente delle Comunità Ebraiche italiane Amos Luzzatto, il demografo Massimo Livi Bacci, il presidente della società italiana di neonatologia Giorgio Rondini, il preside della facoltà di medicina di Careggi Gianfranco Gensini.

I lavori si aprono nella mattinata di venerdì 23 aprile in Palazzo Vecchio, per poi proseguire il venerdì pomeriggio, il sabato e la domenica mattina nell’Aula Maritano, in piazza Stazione, messa a disposizione dalla Scuola Carabinieri.

Il «Prodigio della nascita» ospita anche l’intervento dell’assessore regionale per il Diritto alla Salute Enrico Rossi («Lo scandalo della morte dei bambini e le risposte della politica») e la testimonianza di due pediatri, l’israeilano Dan Shanit il palestinese Est Anwar Dudin che illustreranno il progetto «Salviamo i bambini» della Fondazione per la Pace Shimon Peres, in una relazione dal titolo «Fin dalla nascita curati insieme».