Vita Chiesa

Mons. Becciu: alla Comunità di S. Egidio, «continuare a costruire ponti»

«Il valore dell’altro non si misura dal reddito e dall’efficienza», ha ricordato l’arcivescovo nell’omelia della Messa celebrata questa sera nella basilica di S. Giovanni in Laterano, gremita di persone, tra anziani, malati, disabili, rifugiati, ambasciatori, cardinali, vescovi e membri della Comunità, a partire dal presidente di S. Egidio, Marco Impagliazzo, e dal fondatore, Andrea Riccardi.

«Che i poveri siano sempre il vostro tesoro e possiate continuare a toccare in loro la ‘carne di Cristo’, con l’amore e la cura con cui si vive l’Eucaristia», l’augurio di Becciu a proposito del «tenace lavoro di Sant’Egidio»: «Penso all’integrazione di immigrati e rifugiati, di cui le nostre società hanno bisogno», ha proseguito. Di qui l’incoraggiamento a «continuare a costruire ponti, legami, perché si affermi una civiltà del vivere insieme, una civiltà dell’amore, anche se non sempre questo è l’orientamento del mondo, soprattutto in questi tempi». La Comunità di sant’Egidio, da 49 anni, fin dagli inizi, «si è rivolta verso chi è in situazione di emarginazione ed in stato di abbandono», ha ricordato il sostituto della Segreteria di Stato, partendo dalla consapevolezza che «lo sguardo del Creatore non è discriminante, non divide in categorie i suoi figli e le sue figlie». Nella Scrittura, infatti, «non ci sono persone ai margini: ogni persona è al centro, è il centro». «Papa Francesco continua a ripeterci che l’amore cristiano non è una idea astratta, ma si rende concreto nell’aiutare gli altri, cominciando dai deboli e i poveri, che sono la carne di Cristo», ha sottolineato Becciu.

«Il vostro cammino – ha ricordato mons. Becciu – ha preso origine da un gruppo di liceali che, invece di progettare un futuro pensando esclusivamente al successo e alla carriera professionale, ha deciso di dar vita a una scuola popolare per i bambini emarginati delle baraccopoli romane, lasciandosi interpellare dalle audaci esigenze del Vangelo». «Così, avete iniziato dalle periferie, ben prima che questa parola fosse impiegata in maniera programmatica da Papa Francesco», ha sottolineato l’arcivescovo. «La vostra missione – ha proseguito – è andare in tutte le periferie, dove vi sono conflitti, dove le persone non sono riconosciute nella loro dignità, dove le diversità sono vissute come esclusione e conflitto invece che come arricchimento. Lì portate la presenza di Cristo, rigenerate la fraternità e fate che esse, le periferie, tornino ad essere ‘al centro’; rendetele consapevoli della loro dignità, attive e protagoniste nel tessuto sociale e nella vita della Chiesa».

Riferendosi al brano del Vangelo, che parla di una donna che viene dalla regione della Siria e chiede pietà per la figlia, Becciu ha commentato: «Non rappresenta le mamme siriane che chiedono aiuto per i figli? Le mamme che assistono in varie parti del mondo allo strazio della guerra?». «Contribuite anche voi ad alleviare le sofferenze di tante madri!», l’invito.

«Siete nati nella Chiesa di Roma e ne siete tuttora un’espressione vitale. Amate questa città e cooperate a renderla ancora più bella ed ospitale». È la consegna con cui si è conclusa l’omelia di mons. Angelo Becciu. «Il legame con il vescovo di Roma deve continuare a caratterizzarvi, non soltanto qui, ma anche nelle altre parti del mondo dove giunge la vostra carità», l’auspicio del presule: «La vostra ‘romanità’ faccia di voi tutti altrettanti collaboratori di Papa Francesco, che dilatano il suo cuore e le sue braccia, giungendo là dove egli non può arrivare fisicamente». «Facendo così – ha assicurato Becciu – concorrerete a riportare ogni persona al centro e a fare di ogni periferia un nucleo di vita e di umanità nuova. Solo così cambierà anche la geopolitica mondiale e il seme del Vangelo produrrà frutti abbondanti di pace vera». «Andate avanti su questa strada: preghiera, poveri e pace», l’augurio finale, con le parole di Papa Francesco. «E camminando così – ha garantito il presule – aiutate a far crescere la compassione nel cuore della società – che è la vera rivoluzione, quella della compassione e della tenerezza–, a far crescere l’amicizia al posto dei fantasmi dell’inimicizia e dell’indifferenza».