Vita Chiesa

Mons. Galantino: Convegno ecclesiale Firenze «per dar vita a rinascimento»

«Il convenire verso la patria dell’umanesimo storico per interrogarci sull’umano non potrà assumere la forma di una mera esperienza intellettuale, bensì produrre una vera e propria conversione culturale ed esistenziale per dar vita a un vero e proprio rinascimento, tanto più necessario quanto meno in sintonia con le mode imperanti. E, poiché l’uomo è il luogo della domanda e il suo è un perenne domandare, la fretta della risposta non dovrà prevaricare sulla necessità di saper indagare le domande e gli interrogativi più profondi che abitano le nostre menti e i nostri cuori, come quelli delle donne e degli uomini del nostro tempo». Lo ha sostenuto il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, a proposito del Convegno della Chiesa italiana che si celebrerà nel 2015 a Firenze, intervenendo oggi a Stresa al Simposio rosminiano. «L’attenzione costante e vigile ai segni dei tempi – ha aggiunto Galantino – dovrà renderci capaci da un lato di apprendere l’umano nella sua concreta situazione storica e dall’altro di innestare i tesori di tale tradizione nell’oggi dell’esistenza. Tutto questo non potrà avvenire se continueremo a denigrare il nostro tempo, le sue istanze e le sue stesse provocazioni, fra cui quella del postumanesimo o del transumanesimo».

Non vi può essere «postumano se non a partire dall’umano». È la riflessione del segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, proposta oggi al Simposio rosminiano in corso a Stresa. «Di fronte all’istanza/minaccia del postumano – ha precisato – non sta un’astratta natura umana, concepita in senso statico e impermeabile alla condizione umana, ma la persona, dove natura e condizione convivono». Perciò «il primato dell’essere morale – ossia l’individuazione nella libertà del vertice costitutivo della persona – comporta l’esclusione di ogni modalità di ibridazione uomo/macchina e uomo/animale che venga a limitare o addirittura determinare ulteriormente l’esercizio della volontà libera, provocando una sorta di robotizzazione della persona». «La convergenza nella persona di natura e condizione umana – ha sottolineato Galantino – comporta la necessità di pensare l’oltre dell’uomo non come uno snaturamento/spersonalizzazione o come una rinuncia alla propria peculiarità, bensì come a un essere in cammino che agisce in continuità e al tempo stesso in discontinuità con quanto apprende di volta in volta di sé. In questo senso, come è stato rilevato nel corso del Novecento filosofico, il personalismo non sarà mai una ideologia, bensì solo e soltanto una prospettiva».

Il segretario generale della Cei ha quindi citato un passaggio dell’enciclica «Fides et ratio» – «Una cosa è fuori dubbio: le correnti di pensiero che si richiamano alla postmodernità meritano un’adeguata attenzione» – «nel quale si indica la postmodernità non tanto come fenomeno congiunturale, ma come epocale e dunque implicante un discernimento per il quale abbiamo bisogno di un ‘nuovo pensiero’, ossia di categorie e prospettive diverse da quelle del passato». «Il lavoro degli intellettuali del nostro tempo – ha quindi osservato – potrà contribuire alla vigilanza sulla persona e alla sua custodia, nonché al suo sviluppo in un oltre che la trascende e ne rivela tutte le potenzialità, senza nulla distruggere o disperdere di quanto ci è stato donato». «Attraverso la lezione rosminiana, ma direi attraverso tutto il percorso del pensiero credente, si concretizza anche nella modernità l’attitudine della Chiesa a proporsi come ‘esperta in umanità’». «La sfida del postumanesimo contemporaneo, tuttavia, mette in guardia la Chiesa stessa – ha concluso – dal pericolo di una riduzione umanistica della fede, che al contrario indica un uomo trascendente e chiamato a superarsi nella propria storia e oltre essa. In questo senso la Chiesa dovrà anche attrezzarsi per mostrare se stessa come esperta di postumanesimo e così parlare all’uomo di oggi illuminandone il destino alla luce dell’Evangelo».