Vita Chiesa

Mons. Galantino: «Firenze 2015 non sarebbe stato lo stesso senza il 13 marzo 2013»

Intervenendo oggi al convegno romano in preparazione all’evento, il segretario generale della Cei ha posto l’attenzione sul «prologo» della partecipazione del Papa, il 10 novembre, al Cen: «Il fatto che prima faccia una tappa a Prato, considerata la porta del convegno di Firenze, non è casuale, anzi è la cifra interpretativa di quello che andremo a fare a Firenze: questo noi vogliamo, non un convegno dall’alto in basso, non analisi sociologiche corredate da pensosi interventi, ma testimonianze, esperienze, racconti dal basso». Questa impostazione del convegno, ha detto mons. Galantino entrando nel dettaglio del programma, sarà evidente «da subito», quando «il Papa entrerà nella cattedrale di Prato alle 10, e dopo i saluti incontrerà tre testimonianze, prese da esperienze in cui l’umanesimo chiede di farsi strada». Prato, dunque, per il segretario generale della Cei «non sarà soltanto una tappa, ma la chiave interpretativa, quella centrale, per entrare nel convegno di Firenze».

«Il convegno di Firenze sarà l’occasione perché si trovi la ‘quadra’ che riconcilia i due tornanti del post-Concilio: la possibilità che si riesca finalmente a incrociare pastorale e cultura». È l’auspicio espresso da monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, durante il convegno su «Il Servo del Signore e l’umanità degli uomini» che si tiene a Roma in vista dell’evento. L’augurio del vescovo è che «questo modo di arrivare a Firenze aiuti a incrociare pastorale e cultura, dialogo e non subalternità, per camminare dentro la modernità». È la strada tracciata dalla Evangelii Gaudium, in cui il Papa fa presente l’impossibilità di costruire un nuovo umanesimo «senza un orizzonte di senso e di vita».

«Questo noi vogliamo», ha commentato mons. Galantino: «Vogliamo una Chiesa che sia accogliente, che sappia spendersi perché un orizzonte di senso e di vita appartenga a tanta più gente possibile». Ciò comporta la necessità di «impegnarci perché la Chiesa non sia autoreferenziale, ma sappia uscire per andare incontro agli uomini di oggi, che hanno bisogno di incontrare Gesù, in un mondo sempre più piatto e asfittico», dominato dall’«autismo culturale» e da «un individualismo che sta mostrando la corda e chiede di essere inserito in una prospettiva più umana».