Vita Chiesa

Nomadelfia, è morta Irene la prima «mamma per vocazione»

«Grati e riconoscenti al Signore della vita per il dono totale della sua esistenza in favore dell’infanzia abbandonata, affidiamo a Lui mamma Irene di Nomadelfia, che insieme a don Zeno contribuì a fondare la comunità dove la fraternità è legge». Con queste parole monsignor Rodolfo Cetoloni, vescovo di Grosseto, esprime il cordoglio della sua Chiesa per la morte di Irene Bertoni, deceduta a Roma, dove ormai viveva stabilmente dagli anni ’70 nella casa donata a Nomadelfia dal Beato Paolo VI.

«Con Irene – prosegue il vescovo – è nata una forma nuova e profetica di maternità, quella delle mamme di vocazione, donne che nella loro esistenza si sono prese cura di bambini che non avrebbero avuto alcun altro affetto, crescendoli, facendoli diventare donne e uomini cristiani. Di questo servizio dobbiamo essere grati a Irene e a tutte le mamme di vocazione che Nomadelfia ha generato e offerto al nostro tempo. In lei – conclude mons. Cetoloni – vediamo il segno forte di una cristiana che ha saputo prendere sul serio il Vangelo, la chiamata alla fecondità di vita, che è di tutti, e il rispetto per ogni esistenza, di cui si è fatta carico amandola e curandola in quella logica evangelica dell’attenzione ai più piccoli, a coloro cioè che oggi Papa Francesco ci indica come gli ‘scarti’ di una società che continua a marginalizzare e tende ad escludere, a scartare appunto».

Irene, nata a Mirandola il 6 febbraio del 1923, era entrata in Nomadelfia, allora Opera Piccoli Apostoli, il 21 luglio del 1941, quando ancora era una studentessa liceale. L’8 dicembre 1941, Irene, si presenta al Vescovo con due figli. Gli dice: «Non sono nati da me, ma è come se li avessi partoriti io». Le sono stati affidati da don Zeno. Il Vescovo benedice questa giovane e la sua maternità virginea, frutto non della carne o del sangue, ma dello spirito e della volontà. La famiglia di Irene verrà benedetta poi nel giorno di Natale del 1941.

Sembra un fatto da poco, ma con Irene nasce nella Chiesa e nel mondo una nuova figura: vergini non consacrate, che rinunciano al matrimonio per accogliere figli abbandonati. Sono le «mamme di vocazione». Altre donne la seguono. Dopo pochi anni si uniscono a loro anche delle famiglie di sposi, tutte disponibili ad accogliere bambini abbandonati, secondo le parole che Gesù rivolse dalla Croce a Maria e a S. Giovanni: «Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre».

Per oltre cinquant’anni Irene Bertoni è a Roma e cura i rapporti con la S. Sede e con lo Stato Italiano. E’ in questo periodo che incontra Pio XII, Giovanni XXIII, ed in particolare Giovanni Paolo II. Di recente anche Papa Francesco oltre ai presidenti della Repubblica Italiana. «Nel corso della sua vita – fa ancora presente la comunità – Irene donò la maternità a 58 figli».

Oggi Nomadelfia, come nel lontano 1948, quando fu fondata vicino a Carpi, su un ex campo di concentramento, prima di trasferirsi a Grosseto, è costituita da 50 famiglie, per un totale di 270 persone, che hanno deciso di vivere sul modello delle antiche comunità cristiane. Tutti i beni sono in comune. Non esiste proprietà privata, non circola denaro. Si lavora solo all’interno e non si è pagati. La comunità è anche dotata di una scuola «familiare», nata nel 1968, quando i genitori ottennero dal Ministero della Pubblica Istruzione, di poter istruire i figli sotto la propria responsabilità, con l’obbligo di presentarli come privatisti agli esami di Stato di quinta elementare e terza media.

I funerali di Irenei si terranno nella Parrocchia di Nomadelfia mercoledì 18 maggio alle ore 10.30.