Vita Chiesa

Nuovo rito del matrimonio: più che riforma, una scommessa

di Giacomo GambassiPiù che una riforma, è una scommessa. Per la Chiesa italiana, per le comunità parrocchiali, per gli sposi, per i fidanzati. Il nuovo rito del matrimonio che dallo scorso Avvento può essere utilizzato in Italia è un grande libro aperto che valorizza il battesimo, amplia la scelta dei testi, tiene conto del cammino di fede dei futuri coniugi, permette agli sposi di partecipare in modo attivo alla celebrazione, fa della benedizione nuziale il perno della liturgia che inserisce gli sposi nel circuito dell’amore trinitario.

Una serie di novità che sono state scandagliate durante la quarantesima settimana liturgico-pastorale ospitata nel monastero benedettino di Camaldoli, sull’Appennino tosco-emiliano, in provincia di Arezzo. Sei giorni di riflessione e di dibattito sulla liturgia e sul matrimonio secondo il nuovo rito italiano che ha avuto come titolo «Accolgo te», la rinnovata formula del consenso che rappresenta il più eclatante cambiamento introdotto dal rito del matrimonio subentrato a quello varato 35 anni fa.

Infatti, al posto di «prendo te» è stata preferita l’espressione «accolgo te». Un mutamento che ha suscitato più di un rilievo ma che, invece, «altro non è che una codificazione aggiornata dell’amore sponsale di cui la Bibbia è permeata», ha spiegato il biblista dello Studio Teologico di Trento, Gregorio Vivaldelli, che ha aperto la settimana organizzata dalla comunità monastica insieme con l’Istituto di Liturgia Pastorale «Santa Giustina» di Padova.

L’obiettivo dell’iniziativa coordinata dal monaco camaldolese Arrigo Anzani è stato quello di ripercorrere le tappe che hanno portato alla stesura della seconda edizione del rito. A partire dall’«ambiente» su cui si fonda la dimensione sponsale: la Bibbia. Non è un caso che «le affascinanti parole del nuovo rito abbiano prima di tutto un retroterra biblico», ha chiarito Vivaldelli. Come il verbo «accogliere» che, per il biblista di Trento, sta ad indicare «la volontà del donarsi totalmente all’altro».E la coppia che è prima di tutto relazione in cui ciascuno si definisce ha anche una sua specifica antropologia. È quella che ha illustrato Roberto Tagliaferri, teologo dell’Istituto di Liturgia Pastorale di Padova. Una visione che sta alla base del matrimonio cristiano che Cristo ha elevato a sacramento e ne ha fatto il simbolo reale che manifesta la sua unione con la Chiesa. Ecco perché unirsi in matrimonio di fronte al Signore significa «celebrare l’amore, onorare la promessa e benedire la vita», come ha spiegato Marco Vergottini, teologo della Facoltà Teologia dell’Italia Settentrionale di Milano.

E così si arriva alla vera e propria celebrazione definita nel nuovo rito del matrimonio che presenta un lezionario quasi triplicato, formule rinnovate e tre tipologie di rito. L’intenzione dei teologi e dei liturgisti è stata quella di evidenziare con maggior forza il carattere di dono che è costituito dall’altro con cui si entra in una relazione definitiva. E col matrimonio si istituisce non tanto una relazione di possesso come per le cose, ma si riceve il coniuge come dono che viene dalle mani di Dio che è la fonte dell’amore. Lo ha detto a chiare lettere il liturgista Giuseppe Busani, vicario episcopale per la pastorale della diocesi di Piacenza che ha concluso la settimana di Camaldoli.

Una settimana che ha avuto anche una parentesi artistica. Già, perché se la liturgia è una sintesi mirabile del linguaggio evocativo e di quello descrittivo, il corso dei monaci benedettini non poteva tralasciare i linguaggi «diversi». Ed ecco il matrimonio visto con gli occhi del poeta Marco Guzzi che considera la sua esperienza di coppia come la «musa» che ispira le sue liriche. Ed ecco anche il tema del matrimonio che si trasforma in una scultura come quella realizzata dall’artista di fama internazionale, Pablo Atchugarry. Un’opera inedita che il maestro uruguayano ha forgiato per la settimana camaldolese congiungendo in un lavoro astratto due differenti tipologie di marmo così da rappresentare l’unione fra uomo e donna.