Vita Chiesa

Omelia del vescovo Roncari per il mandato alle equipe sinodali

Nell’occasione ha pronunciato questa omelia:

In questo anno, la nostra celebrazione del Battesimo del Signore, che è il secondo grande momento della festa dell’Epifania, cioè della manifestazione – ai magi a Betlemme, sul fiume Giordano la prima manifestazione della SS. Trinità – per le diocesi di Grosseto e di Pitigliano-Sovana-Orbetello segna anche un mandato speciale, solenne per l’inizio del cammino sinodale. Un primo momento, maggiormente espresso nella preghiera, lo abbiamo già fatto a Montenero, quando le due comunità diocesane unite nel pellegrinaggio dalla Patrona della Toscana – la Madonna di Montenero, appunto – vissero quel momento come inizio del cammino del Sinodo stesso, che la Chiesa italiana e non solo è chiamata a fare.

Saluto in maniera particolare il vescovo Rodolfo, i sacerdoti di Pitigliano e Grosseto e le due commissioni delle due diocesi, che dovranno aiutarci a camminare insieme, dovranno aiutarci a fare sinodo, perché questa parola non rimanga vuota o esprima solo un desiderio, ma cerchi di concretizzarsi nel cammino che durerà quanto durerà. Sì, è vero, ci sono state poste delle date, però credo che dobbiamo prendercela anche con molto respiro interiore se vogliamo realizzare qualcosa.

Cari fratelli e sorelle di queste due commissioni, nel salutarvi vi affido questo compito come Vescovo; ve lo affido camminando insieme con voi, non dicendo “Fate”, mentre io approvo o disapprovo…sarebbe andare completamente fuori strada. Io devo e voglio camminare con voi e condividere con voi le tappe di questo cammino, che ora non sto a esemplificare. Voglio solo affidarvi tre brevi considerazioni.

  1. La prima viene dal momento che stiamo vivendo. Tutti abbiamo la preoccupazione molto forte della salute nostra, di quella dei nostri confratelli e consorelle, dei nostri cari, dei nostri concittadini. Potrebbe, allora, sembrare quasi inutile, se la preoccupazione è questa, pensare a tanti dialoghi, a tanti incontri – che forse potremo fare solo in forma ridotta – e l’invito a concentrarsi su questo momento molto particolare che viviamo. Ecco, io credo che questo non lo dobbiamo fare. Anzi, dobbiamo sfruttare questo momento, di cui tutti faremmo volentieri a meno, ma che c’è! Bisogna essere realisti, non si può far finta che non ci sia! C’è e noi dobbiamo ricavarci qualcosa, se non di positivo, perlomeno di utile. Altrimenti lo subiremmo e basta; altrimenti ci sentiremmo schiacciati e basta. Dobbiamo ricavarci qualcosa, anche in ordine al Sinodo che siamo chiamati a celebrare.

Che cosa? E’ stato detto – ed è diventato quasi uno slogan – che siamo tutti sulla stessa barca. E’ vero! Allora il Sinodo non ci pone una classe di maestri – che saremmo noi -; una classe di addetti ai lavori – che saremmo noi – ed il resto della gente, se vuole partecipare. No, ci siamo dentro tutti e le preoccupazioni del popolo italiano sono le mie preoccupazioni, sono le nostre preoccupazioni. In questo senso possiamo ricavarci qualcosa, proprio perché i nostri discorsi non siano teorici, ma entrino nella carne viva – e in questo caso sofferente – mia e vostra e della nostra gente. Ecco, questo lo possiamo fare: fare discorsi e tenere atteggiamenti molto concreti e veri, perché capaci di penetrare nella carne viva di ciascuno.

2. Allora, ed è il secondo aspetto che vorrei sottolineare, non c’è necessità di dare dei programmi; è la vita che ci mette davanti i temi. A noi saperli intercettare, saperli ascoltare. Non una organizzazione di un convegno, ma l’ascolto della vita così come è, coi suoi fatti positivi, coi suoi fatti negativi, certamente coi suoi fatti problematici. Così possiamo sentirci dentro e non parlare di cose lontane.

Un rimprovero che talvolta viene fatto alla Chiesa – e qui lascio alla vostra considerazione se sia fondato o meno – è che essa pensa per sé, pensa alla propria organizzazione, alle proprie opere, alla propria struttura.

Ce lo meritiamo questo rimprovero? Ognuno dia la sua risposta. Certamente il pericolo c’è, ma la situazione attuale ci spinge fuori, ci spinge lungo le strade concrete, per incontrare noi stessi e gli altri.

3. Se, allora, non esistono più di tanto delle regole organizzative – qualcosa evidentemente è necessario, bisogna tenere a mente la terza cosa che vorrei dirvi: noi dobbiamo camminare, sì, insieme, ma prima di tutto dobbiamo camminare col Signore Gesù. Il sinodo non lo facciamo io e voi; il Sinodo lo facciamo il Signore Gesù, io e voi! Se lo dimentichiamo – Dio non voglia – o lo diamo per scontato o per ovvio, ma non facciamo – perdonate l’espressione – i conti con Lui, allora faremmo solo una cosa organizzativa, che probabilmente lascerebbe il tempo che trova. Avremmo perso un’ottima occasione.

Ora questi “conti” con Lui li vogliamo fare insieme!

Quante volte l’ho detto, lo ripeto a me stesso e lo ripeto – si può dire – a ogni occasione che mi si offre: se qualcuno mi domandasse “chi è Gesù di Nazareth?”, cosa gli risponderei? Gli risponderei con qualche formula del catechismo? Per sentito dire? Oppure risponderei: “per me il Signore Gesù è…. Ha questa caratteristica… . Con me convive così…”? E’ questo che non dobbiamo dimenticare. Possiamo aiutarci insieme a farlo ed è quello che la Chiesa ci chiede in questo cammino.

Concludo consegnando, allora, due parole della Scrittura che ci accompagnino:

-la prima catechesi di san Pietro: “Sappia con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha resuscitato quel Gesù che voi avete crocifisso” (At 2,36)

E’ l’annuncio irrinunciabile: da qualsiasi parte si voglia cominciare, bisognerà – quando Dio vorrà – arrivare qui. Non parlo di me, di te, della struttura della Chiesa; parlo di Lui!

-l’altro passo, sempre dagli Atti degli apostoli, molto noto e citatissimo, ma non per questo meno importante: “Erano assidui alla preghiera comune, allo spezzare il pane, all’unione fraterna” (cfr At 2,42-43)

Questi elementi di vita li vogliamo ritrovare anche nelle nostre comunità, nelle nostre due Chiese. Il Signore lo conceda a tutti noi.

Amen!

+Giovanni