Vita Chiesa

Paolo VI, il Papa che voleva salvare il mondo dal di dentro

di Lenzo LenziQuando arrivò la notizia della elezione pontificia del cardinal Montini, il 21 giugno 1963, fummo in molti a sentire un’ondata di gioia. Tutta la sua vita precedente -– il suo tipo di cultura, la sua spiritualità cristocentrica, il lavoro nella Fuci e nei Laureati Cattolici, la sua azione per allontanare Pio XII da ogni desiderio di appoggiare un partito cattolico conservatore e non la DC di De Gasperi, la sua difesa di Carretto, don Paoli e Rossi nella crisi della Giac del 1952-1954, il suo allontanamento dal Vaticano dove ricopriva la carica di Pro-Segretario di Stato mediante la nomina ad arcivescovo di Milano non seguita dalla nomina a cardinale, il suo modo di fare il vescovo a Milano, la stima che di lui aveva Giovanni XXIII che subito lo chiamava nel sacro Collegio – garantiva un pontificato vicino a quello giovanneo, evitando un ritorno ai metodi della fase finale di Pio XII. Montini era un uomo ben diverso da Roncalli: per temperamento, per cultura, per esperienza. Tuttavia il suo modo di concepire la Chiesa, dava garanzia che avrebbe continuato la celebrazione del Concilio, nel rispetto della libertà dei Padri conciliari.

Paolo VI mostrò fin dall’inizio il suo modo di concepire il papato con vari atti fortemente simbolici: la rinuncia alla tiara, il congedo del patriziato romano, lo scioglimento dei corpi militari della Santa Sede, aspetti del potere temporale stranamente sopravvissuti. L’inizio dei viaggi verso le varie parti del mondo – nel ’64 in Terra Santa e in India a Bombay, nel ’65 all’Onu, dove il papa si presentò semplicemente come «esperto di umanità» – mostrano un nuovo desiderio di dialogo con l’umanità intera. L’enciclica Ecclesiam Suam presenta la Chiesa non più con la categoria giuridica della «società perfetta», ma come mistero di comunione degli uomini con Dio, come Chiesa che serve l’umanità immergendosi in essa. «Non si salva il mondo dal di fuori; occorre, come il Verbo di Dio che si è fatto uomo, immedesimarsi in … coloro a cui si vuol portare il messaggio di Cristo». Paolo VI seguì da vicino i lavori conciliari.

Fin dall’apertura della seconda sessione presenta ai Padri il Cristo come principio, via e scopo del Concilio. Lo segue poi continuamente, evitando interventi di autorità, ma suggerendo modifiche e sempre lasciando libertà di accettarle o meno. Pensava che in una assemblea conciliare non si potesse decidere per la vittoria di una maggioranza su una minoranza; voleva che si arrivasse al massimo possibile di convergenza. Per questo ha chiesto modifiche nei testi, che a volte li hanno indeboliti; ma ha evitato di approfondire le spaccature fra i vescovi. Attuò la riforma del collegio cardinalizio, aumentando il numero dei suoi membri non europei e limitando il diritto di votare nei futuri conclavi ai non ottantenni. Internazionalizzò la Curia romana nominando anche un Segretario di Stato non italiano, vi inserì il Pontificio Consiglio dei Laici, la Pontificia Commissione Iustitia et Pax e i segretariati per l’unione dei cristiani, per i non cristiani, per i non credenti. Istituì il Sinodo dei Vescovi, ma con i limiti che suscitarono più tardi vivaci polemiche. Continuò i viaggi all’estero.

Il Concilio aveva dato una nuova libertà di ricerca nelle scienze sacre, sia accettando come esperti alcuni teologi prima sconfessati dalla Santa Sede, sia lasciando cadere il tomismo. Questo aveva creato un gran clima di libertà, per cui, accanto a veri ricercatori che pubblicavano risultati di ricerche serie, circolavano teorie azzardate, pubblicate da persone di scarsa competenza. Nacquero gruppi spontanei e comunità di base che, in alcuni casi, facevano affermazioni teologicamente insostenibili. Non era poi sempre facile conciliare alcune affermazioni del Concilio: il ruolo dei laici con quello dei vescovi e dei parroci, o la collegialità della Chiesa con il primato del Papa. Paolo VI sembrò chiudersi in una difesa non solo dell’ortodossia, ma anche della tradizione teologica del passato. Mentre avvenivano numerosi episodi di contestazione dei vescovi da parte dei laici, ci furono scontri dolorosi per un nuovo catechismo fra l’episcopato olandese, che l’aveva approvato, e la Santa Sede, che ne chiedeva modifiche sostanziali. Creò numerose proteste di laici e riserve velate di vescovi l’enciclica Humanae Vitae. Ci fu una durissima critica pubblica rivolta dal card. Suenens al Papa a proposito del sinodo dei vescovi, che sembrava non realizzare la collegialità della Chiesa.

Paolo VI aveva perduto molta della sua credibilità. Appariva debole, incerto, troppo timoroso di qualunque novità per guidare la Chiesa in quel momento difficilissimo. Si temeva una reazione della Curia e il ritorno ad una gestione autoritaria, che avrebbe smentito il Concilio. Ma pur nel suo desiderio di mediare e conciliare sempre i contrasti, nel suo carattere pensoso e spesso angosciato, nella sua moderazione che rifiutava di contrapporsi autoritariamente alla contestazione, Paolo VI si rivelò più sapiente di quanto si credeva. Mostrò nella esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, dell’8 dicembre 1975, di avere una grande fede nel Cristo, presente nella storia umana, ed una grande fiducia nella Chiesa, che trova il suo senso solo nell’annunciarlo al mondo.

La schedaGiovanni Battista Montini è nato nel 1897 a Concesio, in Lombardia, da una famiglia benestante. Educato dai Gesuiti, dopo l’ordinazione (1920) fu mandato a studiare a Roma, alla Gregoriana. Nel 1923 fu inviato a Varsavia, alla nunziatura, ma per le sue precarie condizioni di salute rientrò a Roma presso la Segreteria di Stato dove è rimasto per trent’anni. Ha ricoperto anche l’incarico di assistente della Fuci (Federazione universitari cattolici). Durante la Seconda Guerra Mondiale, si prodigò per organizzare aiuti umanitari e per la cura dei rifugiati politici. Nominato arcivescovo di Milano nel 1955, si distinse come «Vescovo dei lavoratori» predicando il messaggio sociale del Vangelo, promosse l’educazione cattolica e la stampa. Fu creato cardinale nel 1958 da Giovanni XXIII, e partecipò con entusiasmo all’organizzazione del Concilio Vaticano II. Fu eletto Papa il 21 giugno 1963, trovandosi a gestire la chiusura del Concilio e ad affrontare la controversia sul primato del Papa e la collegialità dell’episcopato, che risolse dando vita al Sinodo dei Vescovi. La sua immagine pubblica ha risentito dal confronto con il suo gioviale e spontaneo predecessore, ma chi lo ha conosciuto lo descrive cordiale, di grande spiritualità, saggio, riservato e gentile. È stato uno dei papi che ha più viaggiato, il primo a visitare i cinque continenti. La sua positiva conclusione del Concilio è destinata a lasciare un segno nella storia della Chiesa, così come la rigorosa riforma della Curia Romana, il suo incontro con le Nazioni Unite del 1965, e la sua esortazione apostolica «Evangelii nuntiandi», suo ultimo importante pronunciamento. Paolo VI, il papa pellegrino, morì il 6 agosto 1978: chiese che il suo funerale fosse semplice, senza monumenti sulla sua tomba. Wojtyla: «Una guida salda e saggia»Un Padre e un Maestro, guida salda e saggia della Chiesa». Così Giovanni Paolo II ha ricordato nei giorni scorsi Paolo VI. Il Papa ha ricordato il Concilio Vaticano II, a cui era presente: «Ho potuto personalmente apprezzare –ha confessato il Papa – l’impegno che Paolo VI non cessava di dispiegare per il necessario aggiornamento della Chiesa alle esigenze della nuova evangelizzazione». «Apostolo forte e mite, Paolo VI – ha proseguito il Santo Padre – ha amato la Chiesa e ha lavorato per intensificarne l’azione missionaria», anche attraverso «l’innovatrice iniziativa dei viaggi apostolici, che costituisce, oggi, parte integrante del ministero del successore di Pietro». Giovanni Paolo II ha anche tratteggiato il rapporto tra Paolo VI e la cultura del suo tempo: «Voleva che la comunità ecclesiale si aprisse al mondo, senza però cedere allo spirito del mondo. Con prudente saggezza ha saputo resistere alla tentazione di “adattarsi” alla mentalità moderna, sostenendo con evangelica fortezza difficoltà e incomprensioni e, in qualche caso, persino ostilità».

Per ricordare Paolo VI l’Ucsi Toscana – associazione dei giornalisti cattolici – ha donato alla biblioteca della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale la collezione completa del Bollettino della Fondazione «Papa Paolo VI» di Brescia. I volumi permettono di approfondire, attraverso documenti originali e inediti, la figura di Papa Montini.

Paolo VI e i laici (di ALBERTO MIGONE)

Documenti on line

Evangelii Nuntiandi

Ecclesiam Suam

Humanae vitae

Octagesima Adveniens

Populorum progressio

Mater et magistra