Vita Chiesa

Papa Francesco, Angelus: in un mondo lacerato servono gesti di misericordia

Gesù si presenta a Pilato come re di un regno che «non è di questo mondo», ma «questo non significa che Cristo sia re di un altro mondo, ma che è re in un altro modo, eppure è re in questo mondo». Lo ha detto, ieri mattina, Papa Francesco all’Angelus. Si tratta, ha spiegato, «di una contrapposizione tra due logiche. La logica mondana poggia sull’ambizione, sulla competizione, combatte con le armi della paura, del ricatto e della manipolazione delle coscienze. La logica del Vangelo, cioè la logica di Gesù, invece si esprime nell’umiltà e nella gratuità, si afferma silenziosamente ma efficacemente con la forza della verità. I regni di questo mondo a volte si reggono su prepotenze, rivalità, oppressioni; il regno di Cristo è un ‘regno di giustizia, di amore e di pace’». Per il Pontefice, Gesù si è rivelato re «nell’evento della Croce! Chi guarda la Croce di Cristo non può non vedere la sorprendente gratuità dell’amore». Qualcuno può dire: «Ma, Padre, questo è stato un fallimento!». Sì, «è proprio nel fallimento del peccato – il peccato è un fallimento – nel fallimento delle ambizioni umane, lì c’è il trionfo della Croce, c’è la gratuità dell’amore. Nel fallimento della Croce si vede l’amore, questo amore che è gratuito, che Gesù ci dà. Parlare di potenza e di forza, per il cristiano, significa fare riferimento alla potenza della Croce e alla forza dell’amore di Gesù: un amore che rimane saldo e integro, anche di fronte al rifiuto, e che appare come il compimento di una vita spesa nella totale offerta di sé in favore dell’umanità».

Di fronte «alle tante lacerazioni nel mondo e alle troppe ferite nella carne degli uomini», «chiediamo alla Vergine Maria di sostenerci nel nostro impegno di imitare Gesù, nostro re, rendendo presente il suo regno con gesti di tenerezza, di comprensione e di misericordia». È l’invito che ha rivolto, ieri, Papa Francesco all’Angelus, nella solennità di Cristo Re. «Se Gesù fosse sceso dalla croce, avrebbe ceduto alla tentazione del principe di questo mondo; invece Lui non può salvare sé stesso proprio per poter salvare gli altri, proprio perché ha dato la sua vita per noi, per ognuno di noi», ha affermato il Pontefice. Dire: «Gesù ha dato la vita per il mondo» è «vero», ma «è più bello dire»: «Gesù ha dato la sua vita per me». E «oggi in piazza, ognuno di noi, dica nel suo cuore: ‘Ha dato la sua vita per me’, per poter salvare ognuno di noi dai nostri peccati». Questo «lo ha capito bene» il cosiddetto «buon ladrone». Ma questo «era un malfattore, era un corrotto ed era lì condannato a morte proprio per tutte le brutalità che aveva fatto nella sua vita. Ma ha visto nell’atteggiamento di Gesù, nella mitezza di Gesù l’amore». E questa è «la forza del regno di Cristo: è l’amore. Per questo la regalità di Gesù non ci opprime, ma ci libera dalle nostre debolezze e miserie, incoraggiandoci a percorrere le strade del bene, della riconciliazione e del perdono». Poi l’esortazione: «Guardiamo la Croce di Gesù, guardiamo il buon ladrone e diciamo tutti insieme quello che ha detto il buon ladrone: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». E ha ribadito: «Chiedere a Gesù, quando noi ci vediamo deboli, peccatori, sconfitti, di guardarci e dire: ‘Tu sei lì. Non ti dimenticare di me!’».

Una preghiera per il viaggio in Africa. «Chiedo a tutti voi di pregare per questo viaggio, affinché sia per tutti questi cari fratelli, e anche per me, un segno di vicinanza e d’amore», ha chiesto il Papa dopo l’Angelus, ricordando che mercoledì prossimo inizierà il viaggio in Africa, per visitare Kenya, Uganda e la Repubblica Centrafricana. «Chiediamo insieme alla Madonna di benedire queste care terre, affinché ci sia in esse la pace e la prosperità», ha aggiunto.

Nei saluti il Papa ha ricordato che sabato a Barcellona «sono stati proclamati beati Federico da Berga e venticinque compagni martiri, uccisi in Spagna durante la feroce persecuzione contro la Chiesa nel secolo scorso. Si tratta di sacerdoti, giovani professi in attesa di ordinazione e fratelli laici appartenenti all’Ordine dei Frati Minori Cappuccini». «Affidiamo alla loro intercessione i tanti nostri fratelli e sorelle che purtroppo ancora oggi, in diverse parti del mondo, sono perseguitati a causa della fede in Cristo», ha aggiunto. Nei saluti ai pellegrini, il Pontefice ha citato, in particolare, quelli del Messico, dell’Australia e di Paderborn (Germania), i fedeli di Avola, Mestre, Foggia, Pozzallo, Campagna e della Val di Non; come pure i gruppi musicali – che ho sentito! – che festeggiano Santa Cecilia, patrona del canto e della musica. «Dopo l’Angelus fatevi sentire, perché suonate bene!», è stato l’invito.