Vita Chiesa

Papa Francesco: Messa Crismale, «Siamo unti per ungere le ferite degli uomini»

«Il Signore non ha mai perso questo contatto diretto con la gente, ha sempre mantenuto la grazia della vicinanza, con il popolo nel suo insieme e con ciascuna persona in mezzo a quelle moltitudini». Lo ha ricordato il Papa, nell’omelia della Messa del Crisma, celebrata questa mattina nella basilica di San Pietro, durante la quale vengono benedetti gli Oli santi che verranno utilizzati lungo tutto l’anno liturgico. «Lo vediamo nella sua vita pubblica, ed è stato così dall’inizio», ha fatto notare Francesco: «Lo splendore del Bambino attrasse docilmente pastori, re e anziani sognatori come Simeone ed Anna. Fu così anche sulla Croce: il suo Cuore attira tutti a sé. Veroniche, cirenei, ladroni, centurioni…». «Non è dispregiativo il termine folla», ha precisato il Papa: «Forse all’orecchio di qualcuno, folla potrebbe suonare come una massa anonima, indifferenziata… Ma nel Vangelo vediamo che quando interagiscono con il Signore – che si pone in esse come un pastore nel gregge – le folle si trasformano. Nell’animo della gente si risveglia il desiderio di seguire Gesù, germoglia l’ammirazione, prende forma il discernimento». Sequela, ammirazione e discernimento: sono queste, per Francesco, le «tre grazie che caratterizzano la relazione tra Gesù e le folle».

Il «seguire della gente» va «aldilà di qualsiasi calcolo, è un seguire senza condizioni, pieno di affetto»: «Contrasta con la meschinità dei discepoli il cui atteggiamento verso la gente rasenta la crudeltà quando suggeriscono al Signore di congedarli, perché si cerchino qualcosa da mangiare». Nell’omelia il Papa si è soffermato sulle folle che seguivano Gesù, stigmatizzando il comportamento di chi se ne disinteressa. «Qui – io credo – iniziò il clericalismo», il commento del Papa: «In questo volersi assicurare il cibo e la propria comodità disinteressandosi della gente». «Il Signore stroncò questa tentazione», ha fatto notare il Papa sulla scorta del Vangelo: «‘Voi stessi date loro da mangiare’, fu la risposta di Gesù: «Fatevi carico della gente!». La seconda grazia che riceve la folla quando segue Gesù «è quella di una ammirazione colma di gioia», ha proseguito Francesco: «La gente si meravigliava di Gesù, dei suoi miracoli, ma soprattutto della sua stessa persona. Alla gente piaceva tanto salutarlo per la strada, farsi benedire da lui e benedirlo, come quella donna che in mezzo alla folla benedisse sua madre. E il Signore, da parte sua, era ammirato della fede della gente, se ne rallegrava e non perdeva occasione per farlo notare.

La terza grazia che riceve la gente è quella del discernimento: «Cristo, la Parola di Dio venuta nella carne, suscita nella gente questo carisma del discernimento; non certamente un discernimento di specialisti in questioni disputate». «Quando i farisei e i dottori della legge discutevano con lui, quello che la gente riconosceva era l’autorità di Gesù», ha osservato il Papa: «La forza della sua dottrina capace di entrare nei cuori e il fatto che gli spiriti maligni gli obbedivano; e che inoltre, per un momento, lasciasse senza parole quelli che mettevano in atto dialoghi insidiosi: la gente godeva di questo». «Sapeva distinguere e godeva», ha aggiunto a braccio.

I poveri, i prigionieri di guerra, i ciechi, gli oppressi. Sono i «quattro grandi gruppi che sono destinatari preferenziali dell’unzione del Signore». Li ha elencati il Papa, nell’omelia della Messa del crisma. Quella di Gesù verso le folle, ha spiegato Francesco, è «una «preferenzialità inclusiva», in virtù della quale «la grazia e il carisma che si dona a una persona o a un gruppo in particolare ridonda, come ogni azione dello Spirito, a beneficio di tutti». «I poveri sono quelli che stanno piegati, come i mendicanti che si chinano per chiedere», ha detto il Papa attualizzando il primo gruppo di destinatari: «Ma è povera anche la vedova, che unge con le sue dita le due monetine che erano tutto quello che aveva quel giorno per vivere. L’unzione di quella vedova per fare l’elemosina passa inosservata agli occhi di tutti, salvo a quelli di Gesù, che guarda con bontà la sua piccolezza. Con lei il Signore può compiere in pienezza la sua missione di annunciare il Vangelo ai poveri». «Paradossalmente, la buona notizia che esistono persone così, la ascoltano i discepoli», ha puntualizzato Francesco: «Lei, la donna generosa, non si rese neppure conto del fatto di essere apparsa nel Vangelo, ossia che il suo gesto sarebbe stato menzionato nel Vangelo: il lieto annuncio che le sue azioni ‘pesano’ nel Regno e contano più di tutte le ricchezze del mondo, lei lo vive dentro di sé, come tanti santi e sante ‘della porta accanto’».

I ciechi, ha proseguito il Papa, «sono rappresentati da uno dei volti più simpatici del Vangelo: quello di Bartimeo, il mendicante cieco che recuperò la vista e, a partire da quel momento, ebbe occhi solo per seguire Gesù lungo la strada». «L’unzione dello sguardo!», ha esclamato Francesco: «Il nostro sguardo, al quale gli occhi di Gesù possono restituire quella brillantezza che solo l’amore gratuito può dare, quella brillantezza che quotidianamente ci viene rubata dalle immagini interessate o banali con cui ci sommerge il mondo».

Per attualizzare la parola oppressi, il Papa ha citato la parabola del buon samaritano, che unge con olio e fascia le ferite dell’uomo che era stato picchiato a morte e giaceva sul bordo della strada: «L’unzione della carne ferita di Cristo! In quell’unzione sta il rimedio per tutti i traumi che lasciano persone, famiglie e popoli interi fuori gioco, come esclusi e superflui, ai bordi della storia». I prigionieri, infine, sono i prigionieri di guerra: «Gesù userà l’espressione riferendosi alla prigionia e alla deportazione di Gerusalemme, sua città amata». «Oggi le città si imprigionano non tanto a punta di lancia, ma con i mezzi più sottili di colonizzazione ideologica», le parole del Papa: «Solo l’unzione della nostra cultura, forgiata dal lavoro e dall’arte dei nostri antenati, può liberare le nostre città da queste nuove schiavitù».

«Non dobbiamo dimenticare che i nostri modelli evangelici sono questa gente, questa folla con questi volti concreti, che l’unzione del Signore rialza e vivifica». È l’invito lanciato dal Papa, in primo luogo, ai cardinali, vescovi e sacerdoti che concelebravano con lui. «Essi sono coloro che completano e rendono reale l’unzione dello Spirito in noi, che siamo stati unti per ungere», ha proseguito Francesco: «Siamo stati presi in mezzo a loro e senza timore ci possiamo identificare con questa gente semplice». «Ognuno di noi ha la propria storia: un po’ di memoria ci farà tanto bene!», ha esclamato a braccio. «Essi sono immagine della nostra anima e immagine della Chiesa», ha proseguito: «Ciascuno incarna il cuore unico del nostro popolo». «Noi sacerdoti siamo il povero, e vorremmo avere il cuore della vedova povera quando facciamo l’elemosina e tocchiamo la mano al mendicante e lo guardiamo negli occhi», il commento del Papa: «Noi sacerdoti siamo Bartimeo, e ogni mattina ci alziamo a pregare chiedendo: ‘Signore, che io veda di nuovo!’. Noi sacerdoti siamo, in qualche punto del nostro peccato, il ferito picchiato a morte dai ladri. E vogliamo stare, noi per primi, tra le mani compassionevoli del Buon Samaritano, per potere poi con le nostre mani avere compassione degli altri». «Vi confesso che quando confermo e ordino mi piace spandere bene il Crisma sulla fronte e sulle mani di quanti vengono unti», ha rivelato Francesco: «Ungendo bene si sperimenta che lì si rinnova la propria unzione».

«Non siamo distributori di olio in bottiglia», ha ammonito il Papa: «Siamo unti per ungere», ha aggiunto. «Ungiamo distribuendo noi stessi, distribuendo la nostra vocazione e il nostro cuore», ha proseguito: «Mentre ungiamo siamo nuovamente unti dalla fede e dall’affetto del nostro popolo. Ungiamo sporcandoci le mani toccando le ferite, i peccati, le angustie della gente; ungiamo profumandoci le mani toccando la loro fede, le loro speranze, la loro fedeltà e la generosità senza riserve del loro donarsi, che tanti qualificano come superstizione». «Colui che impara a ungere e a benedire si sana dalla meschinità, dall’abuso e dalla crudeltà», la ricetta del Papa: «In mezzo alla nostra gente: è il posto più bello!».

Il regalo ai sacerdoti romani. «Come segno di incoraggiamento a proseguire nel proprio ministero», il Papa ha regalato oggi ai sacerdoti presenti alla Messa del crisma nella basilica di San Pietro il volume «La nostra fatica è preziosa per Gesù. Omelie nelle Messe crismali», edito dalla Libreria Editrice Vaticana (Lev), che raccoglie i testi delle omelie pronunciate da Papa Francesco fino ad oggi durante le celebrazioni del Giovedì Santo, tradizionale occasione per il rinnovo delle promesse sacerdotali, oltre che della benedizione e consacrazione degli Olii con cui si apre il triduo pasquale. Fra le sette omelie – pubblicate integralmente, a partire dalla prima, «Pastori con l’odore delle pecore», pronunciata dal Santo Padre il 28 marzo del 2013 durante la sua prima Messa crismale dopo l’elezione al soglio di Pietro – è presente anche «Unti per ungere», l’omelia del rito che il Papa ha presieduto stamattina nella basilica di San Pietro insieme con i patriarchi, i cardinali, gli arcivescovi, i vescovi e i presbiteri presenti a Roma. «Non siamo distributori di olio in bottiglia», ha detto tra l’altro Francesco: «Ungiamo distribuendo noi stessi, distribuendo la nostra vocazione e il nostro cuore».