Vita Chiesa

Papa Francesco: «Servire la vita umana è servire Dio e ogni vita, anche quella ripugnante»

«Madre di Dio è il titolo più importante della Madonna», ha ricordato il Papa, che si è chiesto: «Perché diciamo Madre di Dio e non Madre di Gesù? «In queste parole – ha spiegato Francesco – è racchiusa una verità splendida su Dio e su di noi. E cioè che, da quando il Signore si è incarnato in Maria, da allora e per sempre, porta la nostra umanità attaccata addosso». «Non c’è più Dio senza uomo», ha affermato il Papa: «La carne che Gesù ha preso dalla Madre è sua anche ora e lo sarà per sempre». «Dire Madre di Dio ci ricorda questo», ha sintetizzato Francesco: «Dio è vicino all’umanità come un bimbo alla madre che lo porta in grembo».

«Servire la vita umana è servire Dio e ogni vita, da quella nel grembo della madre a quella anziana, sofferente e malata, a quella scomoda e persino ripugnante, va accolta, amata e aiutata», ha detto il Papa che nell’omelia della Messa del primo dell’anno ha ricordato che «la parola madre (mater), rimanda anche alla parola materia». «Nella sua Madre, il Dio del cielo, il Dio infinito si è fatto piccolo, si è fatto materia, per essere non solo con noi, ma anche come noi», le parole di Francesco: «Ecco il miracolo, la novità: l’uomo non è più solo; mai più orfano, è per sempre figlio. L’anno si apre con questa novità. E noi la proclamiamo così, dicendo: Madre di Dio!». «È la gioia di sapere che la nostra solitudine è vinta», ha proseguito il Papa: «È la bellezza di saperci figli amati, di sapere che questa nostra infanzia non ci potrà mai essere tolta. È specchiarci nel Dio fragile e bambino in braccio alla Madre e vedere che l’umanità è cara e sacra al Signore».

«Ritagliare ogni giorno un momento di silenzio con Dio è custodire la nostra anima: è custodire la nostra libertà dalle banalità corrosive del consumo e dagli stordimenti della pubblicità, dal dilagare di parole vuote e dalle onde travolgenti delle chiacchiere e del clamore». Ne è convinto il Papa, che nella parte centrale dell’omelia ha rivolto un invito, a otto giorni dal Natale: «Abbiamo bisogno di rimanere in silenzio guardando il presepe. Perché davanti al presepe ci riscopriamo amati, assaporiamo il senso genuino della vita. E guardando in silenzio, lasciamo che Gesù parli al nostro cuore: che la sua piccolezza smonti la nostra superbia, che la sua povertà disturbi le nostre fastosità, che la sua tenerezza smuova il nostro cuore insensibile». L’esempio citato è quello di Maria, che «custodiva. Semplicemente custodiva». «Maria non parla: il Vangelo non riporta neanche una sua parola in tutto il racconto del Natale», ha ricordato Francesco: «Anche in questo la Madre è unita al Figlio: Gesù è infante, cioè senza parola, è muto. Il Dio davanti a cui si tace è un bimbo che non parla. La sua maestà è senza parole, il suo mistero di amore si svela nella piccolezza. Questa piccolezza silenziosa è il linguaggio della sua regalità. La Madre si associa al Figlio e custodisce nel silenzio». «E il silenzio ci dice che anche noi, se vogliamo custodirci, abbiamo bisogno di silenzio», l’invito del Papa.

«Ecco i segreti della Madre di Dio: custodire nel silenzio e portare a Dio», ha rproseguito il Papa, facendo notare che Maria custodiva «gioie e dolori: da una parte la nascita di Gesù, l’amore di Giuseppe, la visita dei pastori, quella notte di luce. Ma dall’altra: un futuro incerto, la mancanza di una casa, perché per loro non c’era posto nell’alloggio; la desolazione del rifiuto; la delusione di aver dovuto far nascere Gesù in una stalla». «Speranze e angosce, luce e tenebra: tutte queste cose popolavano il cuore di Maria», il ritratto di Francesco: «E lei, che cosa ha fatto? Le ha meditate, cioè le ha passate in rassegna con Dio nel suo cuore. Niente ha tenuto per sé, niente ha rinchiuso nella solitudine o affogato nell’amarezza, tutto ha portato a Dio. Così ha custodito». «Affidando si custodisce», ha garantito il Papa: «Non lasciando la vita in preda alla paura, allo sconforto o alla superstizione, non chiudendosi o cercando di dimenticare, ma facendo di tutto un dialogo con Dio. E Dio che ci ha a cuore, viene ad abitare le nostre vite».

«Per andare avanti, ci dice la festa di oggi, occorre tornare indietro: ricominciare dal presepe, dalla Madre che tiene in braccio Dio». È l’invito finale del Papa, che nella festa dedicata a Maria madre di Dio ha precisato che «la devozione a Maria non è galateo spirituale, è un’esigenza della vita cristiana». «Guardando alla Madre – ha spiegato Francesco – siamo incoraggiati a lasciare tante zavorre inutili e a ritrovare ciò che conta». «Il dono della Madre, il dono di ogni madre e di ogni donna è tanto prezioso per la Chiesa, che è madre e donna», l’omaggio del Papa: «E mentre l’uomo spesso astrae, afferma e impone idee, la donna, la madre, sa custodire, collegare nel cuore, vivificare. Perché la fede non si riduca solo a idea o dottrina, abbiamo bisogno, tutti, di un cuore di madre, che sappia custodire la tenerezza di Dio e ascoltare i palpiti dell’uomo».

«La Madre, firma d’autore di Dio sull’umanità, custodisca quest’anno e porti la pace di suo Figlio nei cuori e nel mondo», l’augurio di inizio d’anno del Papa, che poco prima ha affermato che «il cuore invita a guardare al centro della persona, degli affetti, della vita». «Anche noi, cristiani in cammino, all’inizio dell’anno sentiamo il bisogno di ripartire dal centro, di lasciare alle spalle i fardelli del passato e di ricominciare da ciò che conta», il riferimento alla giornata odierna: «Ecco oggi davanti a noi il punto di partenza: la Madre di Dio. Perché Maria è esattamente come Dio ci vuole, come vuole la sua Chiesa: Madre tenera, umile, povera di cose e ricca di amore, libera dal peccato, unita a Gesù, che custodisce Dio nel cuore e il prossimo nella vita. Per ripartire, guardiamo alla Madre. Nel suo cuore batte il cuore della Chiesa». «Come figli, vi invito a salutarla con le parole dei cristiani di Efeso: santa madre di Dio», ha concluso il Papa a braccio, invitando i fedeli presenti nella basilica a ripeterlo insieme a lui per tre volte.