Vita Chiesa

Papa Francesco: «Veritatis gaudium», urgente «rinnovamento» degli studi ecclesiastici per «Chiesa in uscita»

Gli studi ecclesiastici, si legge nel documento del Papa, giocano un «ruolo strategico» nell’ambito del «deciso processo di discernimento, purificazione e riforma» richiesto dalla Evangelii gaudium: Francesco li definisce un «provvidenziale laboratorio culturale d’imprescindibile valore per una Chiesa in uscita», che va «dal sensus fidei fidelium al magistero dei pastori, dal carisma dei profeti a quello dei dottori e dei teologi». Nel «cambiamento d’epoca» che stiamo vivendo, la tesi del Papa, «c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade», per reagire così alla «crisi antropologica e socio ambientale» denunciata nella Laudato si’.

«Il teologo che si compiace del suo pensiero completo e concluso è un mediocre». Ne è convinto il Papa, che nella «Veritatis gaudium» ricorda che la teologia, come la filosofia, «si fa con la mente aperta e in ginocchio»: «Il buon teologo e filosofo – spiega Francesco – ha un pensiero aperto, cioè incompleto, sempre aperto al maius di Dio e della verità, sempre in sviluppo». Sono quattro, per Francesco, «i criteri di fondo per un rinnovamento e un rilancio del contributo degli studi ecclesiastici a una Chiesa in uscita missionaria». Il primo è la «contemplazione» del mistero, che comporta la necessità di «vivere come Chiesa la ‘mistica del noi’», cioè di «ascoltare nel cuore e far risuonare nella mente il grido dei poveri e della terra, per dare concretezza alla dimensione sociale dell’evangelizzazione, quale parte integrale della missione della Chiesa». Il secondo criterio ispiratore è quello del «dialogo a tutto campo»: «Non come mero atteggiamento tattivo – precisa il Papa – ma come esigenza intrinseca per fare esperienza comunitaria della gioia della Verità e per approfondirne il significato e le implicazione pratiche», attraverso una «autentica cultura dell’incontro» fatta di scambi reciproci tra le diverse culture, che comporta la necessità di «rivedere» anche i «curricula». «Offrire, attraverso i diversi percorsi proposti dagli studi ecclesiastici, una pluralità di saperi», il terzo criterio, «non solo all’interno del sistema degli studi ecclesiastici: garantendogli coesione insieme a flessibilità, organicità insieme a dinamicità; ma anche in rapporto al frammentato e non di rado disintegrato panorama odierno degli studi universitari e al pluralismo incerto, conflittuale e relativistico, delle convinzioni e delle opzioni culturali».

«Fare rete» tra le università ecclesiastiche, per dare corpo ad una «apologetica originale» in grado di abitare la «frontiera». È l’invito contenuto nella «Veritatis gaudium», ed indicato dal Papa come quarto criterio di fondo per il rinnovamento e rilancio degli studi ecclesiastici nell’ottica di una Chiesa in uscita. «Fare rete tra le diverse istituzioni che, in ogni parte del mondo, coltivano e promuovono gli studi ecclesiastici – l’esortazione di Francesco – attivando con decisione le opportune sinergie anche con le istituzioni accademiche dei diversi Paesi e con quelle che si ispirano alle diverse tradizioni culturali e religiose, dando vita al contempo a enti specializzati di ricerca finalizzati a studiare i problemi di portata epocale che investono oggi l’umanità, giungendo a proporre opportune e realistiche piste di risoluzione»: «Pensare a un solo mondo, ad un progetto comune», l’indicazione mutuata dalla Evangelii gaudium, di cui il Papa riprende anche una delle immagini-simbolo, da applicare anche nel rapporto tra fede e cultura: «Il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità».

La «rivoluzione culturale» chiesta dal Papa nella «Veritatis gaudium» è «una revisione globale in conformità al paradigma evangelico, ma capace di esprimere in forma di novità la proposta evangelica nell’oggi», ha spiegato mons. Piero Coda, preside dell’Istituto universitario «Sophia» e membro della Commissione teologica internazionale, rispondendo alle domande dei giornalisti nel corso della presentazione, in sala stampa vaticana, della nuova costituzione apostolica di Papa Francesco, dedicata alle università e facoltà ecclesiastiche. L’espressione «rivoluzione culturale», contenuta nel proemio, è già utilizzata nella «Laudato sì», in continuità con il Vaticano II, ha fatto notare il teologo: «Dobbiamo renderci tonto – ha detto Coda parafrasando Francesco – di essere in presenza di un cambiamento d’epoca: anche le istituzioni accademiche, come avviene in tutto il mondo, sono sottoposte ad un regime di forte trasformazione, e ciò comporta anche, in fedeltà creativa al Vangelo, immaginare nuove forme di costruzione del pensiero e di formazione di leadership autorevoli e altamente innovative». Coda ha definito il nuovo documento papale «un documento di alto profilo programmatico, destinato a dispiegare un’efficacia a lunga gittata sugli studi ecclesiastici e più in generale sull’impegno culturale d’ispirazione cristiana». L’imperativo principale a cui rispondere, ha spiegato il teologo, è «ripensare il pensiero: la sua natura, le sue forme, i suoi obiettivi, la sua trasmissione, la sua forza plasmatrice dell’ethos e della gestione delle sfide sociali e ambientali, così da immaginare percorsi scientifici e accademici all’altezza della sfida che c’interpella». Un «dialogo a tutto campo», insomma, che per gli atenei ecclesiastici comporta la necessità di incentivare «non solo l’inter-disciplinarità, ma la transdisciplinarità».