Vita Chiesa

Papa Francesco, Vespri a S. Gregorio al Celio: «maggiore unità» per «passare dalla caligine alla luce»

Di qui il «duplice messaggio»: in primo luogo, ha spiegato Francesco, «un messaggio di unità. «Dio, in quanto Pastore – ha affermato – vuole l’unità nel suo popolo e desidera che soprattutto i Pastori si spendano per questo». In secondo luogo, Ezechiele svela «il motivo delle divisioni del gregge: nei giorni di nuvole e di caligine, abbiamo perso di vista il fratello che ci stava accanto, siamo diventati incapaci di riconoscerci e di rallegrarci dei nostri rispettivi doni e della grazia ricevuta», il grido d’allarme del Papa. «Questo è accaduto perché si sono addensate, attorno a noi, la caligine dell’incomprensione e del sospetto e, sopra di noi, le nuvole scure dei dissensi e delle controversie, formatesi spesso per ragioni storiche e culturali e non solo per motivi teologici», la sua analisi. «Ma abbiamo la solida certezza che Dio ama dimorare tra noi, suo gregge e tesoro prezioso», il messaggio di speranza: «Egli è un Pastore instancabile, che continua ad agire, esortandoci a camminare verso una maggiore unità, che può essere raggiunta soltanto con l’aiuto della sua grazia». «Possiamo passare dalla caligine alla luce, dalla dispersione all’unità, dalla mancanza alla pienezza», l’itinerario tracciato: «Questo cammino di comunione è il percorso di tutti i cristiani ed è la vostra particolare missione, in quanto Pastori della Commissione internazionale anglicana-cattolica per l’unità e la missione».

«Il nostro ministero – ha detto ancora il Papa – consiste nell’illuminare le tenebre con questa luce gentile, con la forza inerme dell’amore che vince il peccato e supera la morte». «Abbiamo la gioia di riconoscere e celebrare insieme il cuore della fede», ha proseguito: «Ricentriamoci in esso, senza farci distrarre da quanto, invogliandoci a seguire lo spirito del mondo, vorrebbe distoglierci dalla freschezza originaria del Vangelo. Da lì scaturisce la nostra responsabilità comune, l’unica missione di servire il Signore e l’umanità».

Non solo «condurre e radunare le pecore in nome del Crocifisso Risorto, ma anche a pungolare quelle che tendono a stare troppo vicine e chiuse, esortandole a uscire», il mandato comune a cattolici e anglicani: «La missione dei Pastori è quella di aiutare il gregge loro affidato, perché sia in uscita, in movimento nell’annunciare la gioia del Vangelo; non chiuso in circoli ristretti, in ‘microclimi’ ecclesiali che ci riporterebbero ai giorni di nuvole e caligine. Insieme chiediamo a Dio la grazia di imitare lo spirito e l’esempio dei grandi missionari, attraverso i quali lo Spirito Santo ha rivitalizzato la Chiesa, che si rianima quando esce da sé per vivere e annunciare il Vangelo sulle strade del mondo». Poi il riferimento «a quanto accadde a Edimburgo, alle origini del movimento ecumenico: fu proprio il fuoco della missione a permettere di iniziare a superare gli steccati e abbattere i recinti che ci isolavano e rendevano impensabile un cammino comune. Preghiamo insieme per questo: ci conceda il Signore che da qui sorga un rinnovato slancio di comunione e di missione».

«È condividendo concretamente le difficoltà e le gioie del ministero che ci riavviciniamo gli uni agli altri», ha quindi assicurato il Papa. «Che Dio vi conceda di essere promotori di un ecumenismo audace e reale, sempre in cammino nella ricerca di aprire nuovi sentieri, di cui beneficeranno in primo luogo i vostri confratelli nelle province e nelle Conferenze episcopali», l’invito. La «metodologia pastorale» è quella di Gesù: «Andare in cerca della pecora perduta, ricondurre all’ovile quella smarrita, fasciare quella ferita, curare quella malata. Solo così si raduna il popolo disgregato». Poi il riferimento al bastone pastorale di San Gregorio Magno, come simbolo del «grande significato ecumenico di questo nostro incontro», di cui una riproduzione, fedele all’originale esposto questa sera in chiesa, è stata poi donata dal Papa all’arcivescovo di Canterbury: «Papa Gregorio da questo luogo sorgivo di missione scelse e inviò Sant’Agostino di Canterbury e i suoi monaci alle genti anglosassoni, inaugurando una grande pagina di evangelizzazione, che è nostra storia comune e ci lega inscindibilmente. Perciò è giusto che questo pastorale sia un simbolo condiviso del nostro cammino di unità e missione».

«Il nostro ministero consiste nell’illuminare le tenebre con questa luce gentile, con la forza inerme dell’amore che vince il peccato e supera la morte». Lo ha detto il Papa, al termine dell’omelia dei Vespri di stasera a S. Gregorio al Celio, alla presenza dell’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby. «Abbiamo la gioia di riconoscere e celebrare insieme il cuore della fede», ha proseguito: «Ricentriamoci in esso, senza farci distrarre da quanto, invogliandoci a seguire lo spirito del mondo, vorrebbe distoglierci dalla freschezza originaria del Vangelo. Da lì scaturisce la nostra responsabilità comune, l’unica missione di servire il Signore e l’umanità».

Non solo «condurre e radunare le pecore in nome del Crocifisso Risorto, ma anche a pungolare quelle che tendono a stare troppo vicine e chiuse, esortandole a uscire», il mandato comune a cattolici e anglicani: «La missione dei Pastori è quella di aiutare il gregge loro affidato, perché sia in uscita, in movimento nell’annunciare la gioia del Vangelo; non chiuso in circoli ristretti, in ‘microclimi’ ecclesiali che ci riporterebbero ai giorni di nuvole e caligine. Insieme chiediamo a Dio la grazia di imitare lo spirito e l’esempio dei grandi missionari, attraverso i quali lo Spirito Santo ha rivitalizzato la Chiesa, che si rianima quando esce da sé per vivere e annunciare il Vangelo sulle strade del mondo». Poi il riferimento «a quanto accadde a Edimburgo, alle origini del movimento ecumenico: fu proprio il fuoco della missione a permettere di iniziare a superare gli steccati e abbattere i recinti che ci isolavano e rendevano impensabile un cammino comune. Preghiamo insieme per questo: ci conceda il Signore che da qui sorga un rinnovato slancio di comunione e di missione».