Vita Chiesa

Papa Francesco a «La Civiltà Cattolica»: «restare in mare aperto, non andare in pensione»

«Restate in mare aperto!», la consegna di Francesco, secondo il quale «il cattolico non deve aver paura del mare aperto, non deve cercare il riparo di porti sicuri». «Soprattutto voi, come gesuiti, evitate di aggrapparvi a certezze e sicurezze», ha detto il Papa: «Il Signore ci chiama a uscire in missione, ad andare al largo e non ad andare in pensione a custodire certezze. Andando al largo si incontrano tempeste e ci può essere vento contrario. E tuttavia il santo viaggio si fa sempre in compagnia di Gesù che dice ai suoi: ‘Coraggio, sono io, non abbiate paura!’».

«A volte la barca di Pietro può essere sballottata dalle onde». «A volte nella storia – oggi come ieri – può essere sballottata dalle onde e non c’è da meravigliarsi di questo. Ma anche gli stessi marinai chiamati a remare nella barca di Pietro possono remare in senso contrario. È sempre accaduto», ha detto il Papa, che ha poi aggiunto: «La vostra navigazione non è solitaria. I miei Predecessori, dal beato Pio IX a Benedetto XVI, incontrandovi in udienza, hanno riconosciuto più volte come la vostra navigazione sia nella barca di Pietro. Questo vincolo al Pontefice è da sempre un tratto essenziale della vostra rivista». «Voi siete nella barca di Pietro», ha proseguito Francesco: «Voi di Civiltà Cattolica dovete essere rematori esperti e valorosi». «Remate dunque! Remate, siate forti, anche col vento contrario!», l’esortazione del Papa, che ha ribadito, citando la sua omelia nei vespri per il «Te Deum» del 2014: «Remiamo a servizio della Chiesa. Remiamo insieme! Questo è il vincolo tra me e voi». Il Papa ha espresso poi, sulla scia di Giovanni Paolo II, il suo desiderio «che questo vincolo non solo si mantenga, ma si rafforzi»: «Andiamo sempre avanti nella nostra navigazione, spinti dal soffio dello Spirito Santo che ci guida».

Non «intellettuali», ma «lavoratori». È l’identikit dei gesuiti tracciato dal Papa durante l’udienza concessa oggi alla comunità de «La Civiltà Cattolica». «Sant’Ignazio ci vuole lavoratori nella vigna mistica», ha ricordato Francesco: «Io lavoro in un modo, voi lavorate in un altro. Ma siamo insieme, accanto. Io nel mio lavoro vi vedo, vi seguo, vi accompagno con affetto. La vostra rivista è spesso sulla mia scrivania. E so che voi nel vostro lavoro non mi perdete mai di vista. Avete accompagnato fedelmente tutti i passaggi fondamentali del mio pontificato a partire dalla lunga intervista che ho concesso al vostro direttore nell’agosto 2013». «Ad ogni millesimo fascicolo avete incontrato il Papa», ha sottolineato Francesco, confermando l’«affidamento della Civiltà Cattolica al Padre Generale proprio a causa del compito specifico che la vostra rivista svolge al servizio diretto della Sede Apostolica». Il Papa ha anche confermato gli statuti originari della rivista, scritti da Pio IX e nei quali si definisce La Civiltà Cattolica «una rivista che è espressione di una comunità di scrittori tutti gesuiti che condividono non solamente una esperienza intellettuale, ma anche una ispirazione carismatica e, almeno nel nucleo fondamentale della redazione, la vita quotidiana della comunità».

Non apparire «cosa da sagrestia». Essere una rivista cattolica «non significa semplicemente che difende le idee cattoliche, come se il cattolicesimo fosse una filosofia», ha precisato il Papa, spiegando alla comunità de «La Civiltà Cattolica» in cosa consista la «missione specifica» della rivista, che «non deve apparire come cosa da sagrestia». «Una rivista è davvero cattolica solo se possiede lo sguardo di Cristo sul mondo, e se lo trasmette e lo testimonia», ha ammonito il Papa, che ha sintetizzato poi la missione dei gesuiti, sulla scorta dell’incontro con loro di tre anni fa, in tre parole: «Dialogo, discernimento, frontiera». «Le ribadisco oggi», le parole di Francesco: «Nel biglietto augurale che vi ho inviato per il numero 4000 ho usato l’immagine del ponte. Mi piace pensare alla Civiltà Cattolica come una rivista che sia insieme ponte e frontiera». «Questa missione – per la prima volta in 167 anni – da oggi si allarga oltre i confini linguistici dell’italiano», ha fatto notare il Papa: «Sono lieto di poter benedire le edizioni della Civiltà Cattolica in spagnolo, inglese, francese e coreano. Si tratta di una evoluzione che già i vostri predecessori, ai tempi del Concilio, ebbero in mente, ma che mai fu messa in opera. Già da molto tempo la Segreteria di Stato la invia a tutte le Nunziature nel mondo». «Adesso che il mondo è sempre più connesso, il superamento delle barriere linguistiche aiuterà a diffonderne meglio il messaggio a più ampio raggio», ha assicurato Francesco, secondo il quale «questa nuova tappa contribuirà pure ad ampliare il vostro orizzonte, e a ricevere contributi scritti da altri gesuiti in varie parti del mondo». «La cultura viva tende ad aprire, a integrare, a moltiplicare, a condividere, a dialogare, a dare e a ricevere all’interno di un popolo e con gli altri popoli con cui entra in rapporto», la ricetta del Papa: «La Civiltà Cattolica sarà una rivista sempre più aperta al mondo. Questo è un nuovo modo di vivere la vostra missione specifica».

«Prendere consapevolezza delle ferite del mondo e individuare terapie». «Inquietudine, incompletezza e immaginazione». Sono le tre parole consegnate dal Papa alla comunità de «La Civiltà Cattolica» per declinare al meglio la propria missione specifica. «Il vostro cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca?», ha chiesto Francesco ai presenti a proposito della prima parola: «Solo l’inquietudine dà pace al cuore di un gesuita. Senza inquietudine siamo sterili. Se volete abitare ponti e frontiere dovete avere una mente e un cuore inquieti. A volte si confonde la sicurezza della dottrina con il sospetto per la ricerca. Per voi non sia così. I valori e le tradizioni cristiane non sono pezzi rari da chiudere nelle casse di un museo. La certezza della fede sia invece il motore della vostra ricerca». Il «patrono» di questa parola, per il Papa, è san Pietro Favre, «uomo di grandi desideri, spirito inquieto, mai soddisfatto, pioniere dell’ecumenismo». Per lui, «è proprio quando si propongono cose difficili che si manifesta il vero spirito che muove all’azione». «Una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo», il commento di Francesco, secondo il quale la domanda da porsi è: «Abbiamo grandi visioni e slancio? Siamo audaci? Oppure siamo mediocri, e ci accontentiamo di riflessioni di laboratorio?». «La vostra rivista prenda consapevolezza delle ferite di questo mondo, e individui terapie», la consegna del Papa: «Sia una scrittura che tende a comprendere il male, ma anche a versare olio sulle ferite aperte, a guarire. Favre camminava con i suoi piedi e morì giovane di fatica, divorato dai suoi desideri a maggior gloria di Dio. Voi camminate con la vostra intelligenza inquieta che le tastiere dei vostri computer traducono in riflessioni utili per costruire un mondo migliore, il Regno di Dio».

Migrazioni «vero nodo politico globale». «Essere scrittori e giornalisti dal pensiero incompleto, cioè aperto e non chiuso e rigido», «in un mondo così complesso e pieno di sfide in cui sembra trionfare la ‘cultura del naufragio’ – nutrita di messianismo profano, di mediocrità relativista, di sospetto e di rigidità – e la ‘cultura del cassonetto’, dove ogni cosa che non funziona come si vorrebbe o che si considera ormai inutile si butta via». È il compito per declinare la seconda parola-chiave la missione della rivista: «Incompletezza». «La crisi è globale, e quindi è necessario rivolgere il nostro sguardo alle convinzioni culturali dominanti e ai criteri tramite i quali le persone ritengono che qualcosa sia buono o cattivo, desiderabile o no», l’analisi di Francesco: «Solo un pensiero davvero aperto può affrontare la crisi e la comprensione di dove sta andando il mondo, di come si affrontano le crisi più complesse e urgenti, la geopolitica, le sfide dell’economia e la grave crisi umanitaria legata al dramma delle migrazioni, che è il vero nodo politico globale dei nostri giorni». La figura di riferimento citata dal Papa è il servo di Dio padre Matteo Ricci, e il suo mappamondo che «servì anche a introdurre ancora meglio il popolo cinese alle altre civiltà». «Con i vostri articoli anche voi siete chiamati a comporre un mappamondo», l’invito di Francesco: «Mostrate le scoperte recenti, date un nome ai luoghi, fate conoscere qual è il significato della ‘civiltà’ cattolica, ma pure fate conoscere ai cattolici che Dio è al lavoro anche fuori dai confini della Chiesa, in ogni vera ‘civiltà’, col soffio del suo Spirito».

«Il pensiero della Chiesa deve recuperare genialità». «Questo nella Chiesa e nel mondo è il tempo del discernimento». Ne è convinto il Papa, che ha ricordato che «il discernimento si realizza sempre alla presenza del Signore, guardando i segni, ascoltando le cose che accadono, il sentire della gente che conosce la via umile della cocciutaggine quotidiana, e specialmente dei poveri». «La sapienza del discernimento riscatta la necessaria ambiguità della vita», l’analisi di Francesco: «Ma bisogna penetrare l’ambiguità, bisogna entrarci, come ha fatto il Signore Gesù assumendo la nostra carne. Il pensiero rigido non è divino perché Gesù ha assunto la nostra carne che non è rigida se non nel momento della morte». «Per questo mi piace tanto la poesia e, quando mi è possibile, continuo a leggerla», ha rivelato il Papa: «La poesia è piena di metafore. Comprendere le metafore aiuta a rendere il pensiero agile, intuitivo, flessibile, acuto. Chi ha immaginazione non si irrigidisce, ha il senso dell’umorismo, gode sempre della dolcezza della misericordia e della libertà interiore. È in grado di spalancare visioni ampie anche in spazi ristretti come fece nelle sue opere pittoriche il fratel Andrea Pozzo, aprendo con l’immaginazione spazi aperti, cupole e corridoi, lì dove ci sono solo tetti e muri. Vi dò anche lui come figura di riferimento». «Coltivate dunque nella vostra rivista lo spazio per l’arte, la letteratura, il cinema, il teatro e la musica. Così avete fatto sin dagli inizi, dal 1850», il compito affidato ai gesuiti.

La pittura di Memling e i versi di Baudelaire. «Alcuni giorni fa meditavo sulla pittura di Hans Memling, il pittore fiammingo», ha raccontato Francesco: «E pensavo a come il miracolo di delicatezza che è la sua pittura rappresenti bene la gente». Poi la citazione dei versi di Baudelaire su Rubens, in francese : «La vie afflue et s’agite sans cesse, / Comme l’air dans le ciel et la mer dans la mer». «Sì, la vita è fluida e si agita senza sosta come si agita l’aria in cielo e il mare nel mare», ha confermato Francesco, secondo il quale «il pensiero della Chiesa deve recuperare genialità e capire sempre meglio come l’uomo si comprende oggi per sviluppare e approfondire il proprio insegnamento. E questa genialità aiuta a capire che la vita non è un quadro in bianco e nero. È un quadro a colori. Alcuni chiari e altri scuri, alcuni tenui e altri vivaci. Ma comunque prevalgono le sfumature. Ed è questo lo spazio del discernimento, lo spazio in cui lo Spirito agita il cielo come l’aria e il mare come l’acqua». «Il vostro compito – come chiese il beato Paolo VI – è quello di vivere il confronto tra le esigenze brucianti dell’uomo e il perenne messaggio del Vangelo», ha concluso il Papa: «E quelle esigenze brucianti le portate già dentro voi stessi, e nella vostra vita spirituale. Date a questo confronto le forme più adeguate, anche nuove, come richiede oggi il modo di comunicare, che cambia col passare del tempo».

Gli auguri chirografati. «Auguri a ‘La Civiltà Cattolica’, rivista unica nel suo genere per il servizio alla Sede Apostolica. Possa continuare ad essere una rivista ponte, di frontiera e di discernimento». È lo speciale chirografo di Papa Francesco dedicato al numero 4000 de «La Civiltà Cattolica».

Testo integrale da Civiltà Cattolica