Vita Chiesa

Papa Francesco: a Meeting di Rimini, «i profughi non sono solo numeri»

«Migliaia di individui ogni giorno fuggono da guerre e povertà: prima che numeri, sono volti, persone, nomi e storie. Mai dobbiamo dimenticarlo, specialmente quando la cultura dello scarto emargina, discrimina e sfrutta, minacciando la dignità della persona». Lo si legge in un messaggio di Papa Francesco, a firma del segretario di Stato vaticano, il card. Pietro Parolin, indirizzato al vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, in occasione della quarantesima edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si apre domani a Rimini sul tema «Nacque il tuo nome da ciò che fissavi».

«Cristo ci ha amato, ha dato la sua vita per noi, per ciascuno di noi, per affermare il nostro volto unico e irripetibile. Ma perché è così importante che oggi risuoni di nuovo questo annuncio? – si chiede il Papa -. Perché tanti nostri contemporanei cadono sotto i colpi delle prove della vita, e si trovano soli e abbandonati. E spesso sono trattati come numeri di una statistica». Segnalando che «l’uomo di oggi vive spesso nell’insicurezza, camminando come a tentoni, estraneo a sé stesso», il Pontefice afferma che «sembra non avere più consistenza, tanto è vero che facilmente si lascia afferrare dalla paura». Nelle parole del Papa il segreto per l’uomo perché possa ritrovare se stesso e la vita: «Fissare lo sguardo sul volto di Gesù e acquistare familiarità con Lui. Guardare Gesù purifica la vista e ci prepara a guardare tutto con occhi nuovi – aggiunge Francesco -. Incontrando Gesù, guardando il Figlio dell’uomo, i poveri e i semplici ritrovavano sé stessi, si sentivano amati nel profondo da un Amore senza misura».

«Il Santo Padre Francesco auspica che il Meeting sia sempre un luogo ospitale, in cui le persone possano ‘fissare dei volti’, facendo esperienza della propria inconfondibile identità. È il modo più bello per festeggiare questo anniversario, guardando avanti senza nostalgie o paure, sempre sostenuti dalla presenza di Gesù, immersi nel suo corpo che è la Chiesa», si legge ancora nel messaggio di Papa Francesco. «Saremo «originali» se il nostro volto sarà lo specchio del volto di Cristo risorto – aggiunge il Pontefice -. E questo sarà possibile se cresciamo nella consapevolezza a cui Gesù invitava i suoi discepoli». Nella parole del Papa «l’origine della gioia profonda che niente e nessuno ci può togliere», cioè il fatto che «il nostro nome è scritto nei cieli, e non per i nostri meriti, ma per un dono che ciascuno di noi ha ricevuto con il Battesimo». «Un dono che siamo chiamati a condividere con tutti, nessuno escluso. Questo significa essere discepoli missionari». Infine, l’auspicio che «la memoria grata di questi quattro decenni di impegno alacre e di creativa opera apostolica possa suscitare nuove energie, per la testimonianza della fede aperta ai vasti orizzonti delle urgenze contemporanee».