Vita Chiesa

Papa Francesco a Penitenzieria apostolica: nel confessionale evitare asprezze, incomprensioni e durezza

«In realtà, ve lo confesso, questo della Penitenzieria è il tipo di Tribunale che mi piace davvero! Perché è un ‘tribunale della misericordia’, al quale ci si rivolge per ottenere quell’indispensabile medicina per la nostra anima che è la Misericordia divina!», ha esordito Francesco: «Il vostro corso sul foro interno, che contribuisce alla formazione di buoni confessori, è quanto mai utile e direi perfino necessario ai nostri giorni. Certo, non si diventa buoni confessori grazie ad un corso: quella del confessionale è una lunga scuola, che dura tutta la vita». «Un ministero della Riconciliazione ‘fasciato di preghiera’ – ha spietato Francesco a proposito della prima caratteristica di un buon confessore – sarà riflesso credibile della misericordia di Dio ed eviterà quelle asprezze e incomprensioni che, talvolta, si potrebbero generare anche nell’incontro sacramentale. Un confessore che prega sa bene di essere lui stesso il primo peccatore e il primo perdonato. E dunque la preghiera è la prima garanzia per evitare ogni atteggiamento di durezza, che inutilmente giudica il peccatore e non il peccato».

«Nella preghiera – la raccomandazione del Papa – è necessario implorare il dono di un cuore ferito, capace di comprendere le ferite altrui e di sanarle con l’olio della misericordia, quello che il buon samaritano versò sulle piaghe di quel malcapitato, per il quale nessuno aveva avuto pietà». «Nella preghiera – ha proseguito Francesco – dobbiamo domandare il prezioso dono dell’umiltà, perché appaia sempre chiaramente che il perdono è dono gratuito e soprannaturale di Dio, del quale noi siamo semplici, seppur necessari, amministratori, per volontà stessa di Gesù; ed egli si compiacerà certamente se faremo largo uso della sua misericordia». Nella preghiera, infine, «invochiamo sempre lo Spirito Santo, che è Spirito di discernimento e di compassione. Lo Spirito permette di immedesimarci con le sofferenze delle sorelle e dei fratelli che si avvicinano al confessionale e di accompagnarli con prudente e maturo discernimento e con vera compassione delle loro sofferenze, causate dalla povertà del peccato».

Il buon confessore è «un uomo dello Spirito, un uomo del discernimento». È la seconda caratteristica richiesta dal Papa al sacerdote che ha a che fare con i penitenti. «Quanto male viene alla Chiesa dalla mancanza di discernimento!», ha esclamato Francesco ricevendo in udienza i partecipanti al corso sul foro interno promosso dalla Penitenzieria apostolica: «Quanto male viene alle anime da un agire che non affonda le proprie radici nell’ascolto umile dello Spirito Santo e della volontà di Dio». «Il confessore non fa la propria volontà e non insegna una dottrina propria», ha ammonito il Papa: «È chiamato a fare sempre e solo la volontà di Dio, in piena comunione con la Chiesa, della quale è ministro, cioè servo». «Il discernimento permette di distinguere sempre, per non confondere, e per non fare mai di tutta l’erba un fascio», ha assicurato Francesco: «Il discernimento educa lo sguardo e il cuore, permettendo quella delicatezza d’animo tanto necessaria di fronte a chi ci apre il sacrario della propria coscienza per riceverne luce, pace e misericordia». Il discernimento, infine, per il Papa «è necessario anche perché, chi si avvicina al confessionale, può provenire dalle più disparate situazioni; potrebbe avere anche disturbi spirituali, la cui natura deve essere sottoposta ad attento discernimento, tenendo conto di tutte le circostanze esistenziali, ecclesiali, naturali e soprannaturali». «Laddove il confessore si rendesse conto della presenza di veri e propri disturbi spirituali – che possono anche essere in larga parte psichici, e ciò deve essere verificato attraverso una sana collaborazione con le scienze umane –, non dovrà esitare a fare riferimento a coloro che, nella diocesi, sono incaricati di questo delicato e necessario ministero, vale a dire gli esorcisti», la raccomandazione di Francesco.

«Il confessore è chiamato quotidianamente e recarsi nelle ‘periferie del male e del peccato’, e la sua opera rappresenta un’autentica priorità pastorale». Ne è convinto il Papa, che ha augurato ai presenti «di essere buoni confessori: immersi nel rapporto con Cristo, capaci di discernimento nello Spirito Santo e pronti a cogliere l’occasione di evangelizzare». «Il confessionale è anche un vero e proprio luogo di evangelizzazione», la tesi di Francesco, secondo il quale «non c’è evangelizzazione più autentica che l’incontro con il Dio della misericordia, con il Dio che è Misericordia». Il confessionale è allora «luogo di evangelizzazione e quindi di formazione»: «Nel pur breve dialogo che intesse con il penitente – ha fatto notare il Papa – il confessore è chiamato a discernere che cosa sia più utile e che cosa sia addirittura necessario al cammino spirituale di quel fratello o di quella sorella; talvolta si renderà necessario ri-annunciare le più elementari verità di fede, il nucleo incandescente, il kerigma, senza il quale la stessa esperienza dell’amore di Dio e della sua misericordia rimarrebbe come muta; talvolta si tratterà di indicare i fondamenti della vita morale, sempre in rapporto alla verità, al bene e alla volontà del Signore». «Si tratta di un’opera di pronto e intelligente discernimento, che può fare molto bene ai fedeli», ha concluso Francesco.