Vita Chiesa

Papa Francesco: a Prima Porta, qui «la tristezza si mischia con la speranza»

Il Papa era arrivato una manciata di minuti prima delle 16 nel piazzale antistante l’ossario del Cimitero Flaminio, noto anche come Cimitero di Prima Porta. Per la prima volta, dopo le messe dei tre anni scorsi celebrate nel cimitero monumentale del Verano, il luogo della tradizionale liturgia presieduta dal Papa per la commemorazione di tutti i fedeli defunti è il secondo cimitero romano, nella periferia Nord della Capitale: il più grande cimitero d’Europa, con circa un milione di tombe. Prima di raggiungere l’altare antistante l’ossario, Francesco è passato davanti ad alcune tombe in muratura e ha deposto un mazzo di rose gialle e rosse nel ripiano più basso, curvandosi con la schiena quasi fino a terra davanti a una di esse. Hanno concelebrato con Francesco il cardinale vicario Agostino Vallini, l’arcivescovo Filippo Iannone, vicegerente della diocesi di Roma, monsignor Guerino Di Tora, vescovo ausiliare per il settore nord della diocesi di Roma e padre Zbigniew Golebiewski, parroco dei Santi Urbano e Lorenzo a Prima Porta.

Tristezza e speranza. Nella sua omelia in forma di meditazione sussurrata, durata circa cinque minuti e pronunciate interamente a braccio, Francesco ha citato le parole pronunciate da Giobbe, oggetto della prima lettura: «Io so che il mio Redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro». «La commemorazione dei defunti – ha spiegato il Papa – ha questo doppio senso: un senso di tristezza, il cimitero è triste, ci ricorda i nostri che se ne sono andati, ci ricorda anche il futuro, la morte. Ma in questa tristezza noi portiamo dei fiori, come un segno di speranza, anche posso dire di festa, ma più avanti, non adesso…». «E la tristezza si mischia con la speranza», ha proseguito Francesco: «È questo che tutti noi sentiamo oggi, la memoria dei nostri davanti alle spoglie loro e la speranza. Ma anche sentiamo che questa speranza ci aiuta, perché anche noi dobbiamo fare questo cammino».

La speranza «è un’ancora che non delude», ha poi ribadito il Papa, spiegando il senso del cammino che «tutti noi faremo»: quello già compiuto dai nostri cari che andiamo a trovare al cimitero. «Tutti noi faremo questo cammino», ha ricordato Francesco nell’omelia: «Prima o poi, ma tutti; con più o meno dolore, ma tutti». «Ma con il fiore della speranza», ha aggiunto, «che è ancorato al di là: quest’ancora non delude, la speranza della Risurrezione». «Chi ha fatto per primo questo cammino – le parole del Papa – è Gesù: chi ci ha aperto la porta è lui stesso, con la sua Croce ci ha aperto la porta della speranza, per entrare dove contempleremo Dio». Poi Francesco ha ripetuto le parole di Giobbe, ascoltate nella prima lettura: «Io so che il mio Redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro».

«Torniamo a casa oggi con questa doppia memoria». È l’invito con cui si è conclusa l’omelia. «La memoria del passato, dei nostri che se ne sono andati, e la memoria del futuro, del cammino che noi faremo, con la certezza, con quella sicurezza uscita dalle labbra di Gesù: ‘Io lo risusciterò nell’ultimo giorno», ha specificato subito dopo, parlando ancora a braccio.

La benedizione delle tombe. «Anche i corpi mortali si risveglieranno nell’ultimo giorno e coloro che si sono addormentati nel Signore saranno associati a lui nel trionfo sulla morte». È un passo della benedizione delle tombe, pronunciato dal Papa con le braccia allargate, quasi ad abbracciare idealmente le migliaia di fedeli presenti oggi nel cimitero romano di Prima Porta. «Ascolta la preghiera che rivolgiamo a te per tutti i nostri cari che hanno lasciato questo mondo», ha proseguito il Papa: «Apri le braccia della tua misericordia e ricevili nell’assemblea gloriosa della santa Gerusalemme. Conforta quanti sono nel dolore del distacco con la certezza che i morti vivono in te e anche i corpi affidati alla terra saranno un giorno partecipi della vittoria pasquale del tuo Figlio». Al termine della celebrazione, un applauso si è levato calorosamente dalla folla: «Viva il Papa».

Al termine della messa, subito dopo il rientro in Vaticano, il Papa si recherà nelle Grotte della basilica di San Pietro per un momento di preghiera in privato, in suffragio dei Sommi Pontefici lì sepolti e di tutti i defunti.