Vita Chiesa

Papa Francesco: a Scholas Occurrentes, «No bulli! No a educazione di èlite»

All’inaugurazione a Trastevere – dove il Papa è stato accolto dai ragazzi – sono intervenuti autorità religiose e istituzionali, rappresentanti dell’associazionismo, sostenitori e giovani protagonisti delle attività di «Scholas Ciudadanía» provenienti da 9 paesi: Italia, Colombia, Haiti, Paraguay, Argentina, Brasile, Messico, Spagna ed Emirati Arabi Uniti, con i quali il Papa intratterrà un dialogo. Tra i presenti: il presidente mondiale di Scholas, José María Del CorralEnrique PalmeyroValeria FedeliVicenzo ZaniRoberto BattistonMauro Baldissoni con il calciatore Alessandro Florenzi e i giovani di Roma Cares; Paolo Picchio, padre di Carolina, vittima del cyberbullismo.

La Fondazione pontificia Scholas Occurrentes è presente in 190 Paesi con una rete che comprende 446.133 scuole e reti educative di tutte le confessioni religiose e laiche, sia pubbliche sia private. Il suo obiettivo fondamentale è la promozione della cultura dell’incontro per la pace attraverso l’educazione e attraverso anche la tecnologia, l’arte e lo sport.

«Nessuna persona è “no”».  «Ci starebbe bene un poco di aria condizionata«… È cominciato con una battuta scherzosa, il discorso del Papa – in spagnolo e interamente a braccio – in risposta ai giovani di 9 Paesi dei cinque continenti che, collegati in videoconferenza, hanno parlato delle loro esperienze nelle «Scholas Ciudadanìa». Nel Palazzo San Callisto a Trastevere, sono intervenuti, nell’ordine, i ragazzi di Italia, Spagna, Emirati Arabi Uniti, Messico, Colombia, Brasile, Paraguay, Haiti e Argentina, dove «Scholas» è cominciata 20 anni fa quando Jorge Mario Bergoglio era vescovo di Buenos Aires. «In questa società» per la quale «istruire» è spesso solo «selezionare», ha detto Francesco, bisogna «darsi la mano: abbracciare, non aggredire, e riconoscere che nessuna persona è ‘no’, tutti sono ‘sì». A volte, nell’educazione, «selezioniamo male, creiamo gruppi chiusi», ha ammonito il Papa, siamo «incapaci di pensare con un altro, incapaci di lavorare con l’altro». L’educazione, invece – ha ribadito Papa Francesco, evocando le parole pronunciate durante l’incontro con il mondo della scuola in piazza San Pietro, il 10 maggio 2014 – è la capacità di parlare «il linguaggio della mente, del cuore, delle mani». «Tutti si intrecciano», ha commentato: «Pensare quello che tu senti e quello che tu fai; sentire quello che tu pensi e quello che tu fai e fare quello che tu pensi e quello che tu senti».«Unità dentro ognuno di noi», l’invito di Francesco: «Se credo quello che sento, che penso, che amo, allora comunico».

È l’«elitizzazione» il «pericolo» che si corre nel mondo della scuola, ha denunciato il Papa, che nel discorso, in spagnolo e a braccio, ha stigmatizzato l’atteggiamento di chi pensa che «il presupposto dell’educazione» sia quello di «creare una élite» a cui questa è destinata. «Educare ragazzi e ragazze non è sapere qualcosa, è sapere usare i tre linguaggi» dell’educazione: quello della mente, quello del cuore e quello delle mani. «Siamo in un mondo in cui domina la globalizzazione, e la globalizzazione è buona – ha spiegato Francesco – però il pericolo è di concepire la globalizzazione come una palla da biliardo, tutta uguale: una sfera dove tutto è equidistante dal centro, ma in cui si annullano le caratteristiche personali di un ragazzo o di una ragazza. Tutti sono uguali».

No al bullismo. «L’autentica globalizzazione è un poliedro», ha ribadito il Papa citando l’immagine dell’Evangelii gaudium, «dove cerchiamo l’unità ma ciascuno mantiene la propria peculiarità, la propria ricchezza». L’educazione come «apertura, ascolto, dialogo», non si fa «aggredendo», ha ammonito Francesco, che subito dopo ha esclamato: «No bulli!». «Incontrarsi, dialogare, anche su problemi gravi»: è questo «il lavoro per la formazione», ha detto il Papa citando i ministri e le autorità presenti, che «stanno apprendendo essi stessi ciò che voi apprendete, e hanno il coraggio di essere creativi».

«Comunicare senza escludere», perché «una vita che non si condivide con gli altri è un museo». Si è concluso con questo invito l’incontro tra il Papa e i giovani di 9 Paesi dei cinque continenti. «Comunicare, ma non in maniera alienata», l’invito di Francesco, perché «comunicare è mediare, nella discussione» e tramite il confronto reciproco. «Senza escludere, in una società che tende ad essere elitaria, escludente, meno partecipativa», il monito del Papa, che ancora una volta ha messo in guardia i ragazzi dalla «cultura dell’esclusione e dello scarto». Si tratta di «un compito difficile», ha ammesso Francesco, ma «una vita che non si condivide con gli altri è un museo». «Todos tienen un sentido», «tutti hanno un senso», un sentimento della vita, ha concluso, dicendo «un grazie a tutti quelli che lavorano con le Scholas», una rete di 446.133 scuole e reti educative di tutte le confessioni religiose e laiche, sia pubbliche sia private, presente in 190 Paesi da 20 anni.