Vita Chiesa

Papa Francesco a Tv2000: preservare comunicazione da «ciò che la stravolge»

«Spesso la comunicazione è stata sottomessa alla propaganda, alle ideologie, a fini politici o di controllo dell’economia e della tecnica», ha denunciato Francesco. Al contrario, «ciò che fa bene alla comunicazione è in primo luogo la ‘parresia’, cioè il coraggio di parlare in faccia, con franchezza e libertà». «Se siamo veramente convinti di ciò che abbiamo da dire, le parole vengono», ha assicurato il Papa: «Se invece siamo preoccupati di aspetti tattici, il nostro parlare sarà artefatto e poco comunicativo, insipido», «un parlare di laboratorio, e questo non comunica niente», ha aggiunto a braccio. La «libertà» del giornalista «è anche quella rispetto alle mode, ai luoghi comuni, alle formule preconfezionate».

«Correre subito alla soluzione, senza concedersi la fatica di rappresentare la complessità della vita reale, è un errore frequente dentro una comunicazione sempre più veloce e poco riflessiva», ha detto il Papa ricordando che «la comunicazione evita sia di ‘riempire’ che di ‘chiudere’». «Si ‘riempie’ – ha spiegato – quando si tende a saturare la nostra percezione con un eccesso di slogan che, invece di mettere in moto il pensiero, lo annullano. Si ‘chiude’ quando, invece di percorrere la via lunga della comprensione, si preferisce quella breve di presentare singole persone come se fossero in grado di risolvere tutti i problemi, o al contrario come capri espiatori, su cui scaricare ogni responsabilità». «Aprire e non chiudere»: è questo, per il Papa, «il secondo compito del comunicatore, che sarà tanto più fecondo quanto più si lascerà condurre dall’azione dello Spirito Santo, il solo capace di costruire unità e armonia».

Un invito a «parlare alla persona tutta intera», «evitando quelli che sono i peccati dei media: la disinformazione, la calunnia e la diffamazione». Si è concluso così il discorso del Papa ai dirigenti e dipendenti di Tv2000. «La disinformazione, in particolare – ha spiegato – spinge a dire la metà delle cose, e questo porta a non potersi fare un giudizio preciso sulla realtà». «Una comunicazione autentica – ha ammonito Francesco – non è preoccupata di ‘colpire’: l’alternanza tra allarmismo catastrofico e disimpegno consolatorio, due estremi che continuamente vediamo riproposti nella comunicazione odierna, non è un buon servizio che i media possono offrire alle persone». Secondo il Papa, «occorre parlare alle persone intere: alla loro mente e al loro cuore, perché sappiano vedere oltre l’immediato, oltre un presente che rischia di essere smemorato e timoroso del futuro». La «cultura dell’incontro, oggi così necessaria in un contesto sempre più plurale», «richiede di essere disposti non soltanto a dare, ma anche a ricevere dagli altri», ha precisato il Papa: «con gli scontri non si va da nessuna parte», ha aggiunto a braccio. «Nella comunicazione – ha proseguito fuori testo definendo quello della cultura dell’incontro «un bel lavoro per voi» – la cosa più grave è la disinformazione, perché ci porta a sbagliare, all’errore, a credere soltanto a una parte della verità».