Vita Chiesa

Papa Francesco: a clero e consacrati, le sette tentazioni da sconfiggere

«Non abbiate paura del peso del quotidiano, del peso delle circostanze difficili che alcuni di voi devono attraversare. Noi veneriamo la Santa Croce, strumento e segno della nostra salvezza. Chi scappa dalla Croce scappa dalla Risurrezione!»: così Papa Francesco ha salutato il clero, i seminaristi, i religiosi e religiose, oltre 1500, radunati nel seminario maggiore copto di al Maadi, sede dell’ultimo incontro del suo viaggio apostolico in Egitto, che si chiude oggi nella capitale egiziana. Dal Papa sono giunte parole di incoraggiamento (testo integrale) al «piccolo gregge cattolico in Egitto, il lievito che Dio prepara per questa Terra benedetta» e di ringraziamento per la «vostra testimonianza e per tutto il bene che realizzate ogni giorno, operando in mezzo a tante sfide e spesso poche consolazioni». Si tratta, ha affermato il Pontefice, «di credere, di testimoniare la verità, di seminare e coltivare senza aspettare il raccolto. In realtà, noi raccogliamo i frutti di una schiera di altri, consacrati e non, che generosamente hanno operato nella vigna del Signore: la vostra storia ne è piena! E in mezzo a tanti motivi di scoraggiamento e tra tanti profeti di distruzione e di condanna, in mezzo a tante voci negative e disperate, voi siate una forza positiva, siate luce e sale di questa società; siate il locomotore che traina il treno in avanti, diritto verso la mèta; siate seminatori di speranza, costruttori di ponti e operatori di dialogo e di concordia».

«Lasciarsi trascinare e non guidare; lamentarsi continuamente; pettegolezzo e invidia; paragonarsi con gli altri; ‘faraonismo’; individualismo e camminare senza bussola e senza mèta». Papa Francesco ha indicato a clero e religiosi sette tentazioni da sconfiggere se si vuole essere «seminatori di speranza, costruttori di ponti e operatori di dialogo e di concordia».

Rivolgendosi agli oltre 1.500 presenti, il Papa ha ricordato loro che la prima tentazione di un consacrato è quella di «lasciarsi trascinare e non guidare. Il Buon Pastore – ha ricordato il Papa – ha il dovere di guidare il gregge, di condurlo all’erba fresca e alla fonte di acqua. Non può farsi trascinare dalla delusione e dal pessimismo. La nostra fedeltà al Signore non deve mai dipendere dalla gratitudine umana».

Altra tentazione da rifuggire è quella di «lamentarsi continuamente. È facile – ha spiegato il Pontefice – accusare sempre gli altri, per le mancanze dei superiori, per le condizioni ecclesiastiche o sociali, per le scarse possibilità… Ma il consacrato è colui che, con l’unzione dello Spirito, trasforma ogni ostacolo in opportunità, e non ogni difficoltà in scusa! Chi si lamenta sempre è in realtà uno che non vuole lavorare». Pericolosa è la tentazione del pettegolezzo e dell’invidia che si verifica quando «il consacrato, invece di aiutare i piccoli a crescere e a gioire per i successi dei fratelli e delle sorelle, si lascia dominare dall’invidia e diventa uno che ferisce gli altri col pettegolezzo. L’invidia è un cancro che rovina qualsiasi corpo in poco tempo», ha ammonito Bergoglio, che poi ha messo in guardia dalla «tentazione del paragonarsi con gli altri. Paragonarci con coloro che stanno meglio ci porta spesso a cadere nel rancore; paragonarci con coloro che stanno peggio ci porta spesso a cadere nella superbia e nella pigrizia. La ricchezza sta nella diversità e nell’unicità di ognuno di noi».

Altra tentazione posta all’attenzione dei consacrati è stata del «faraonismo, cioè dell’indurire il cuore e del chiuderlo al Signore e ai fratelli. È la tentazione di sentirsi al di sopra degli altri e quindi di sottometterli a sé per vanagloria; di avere la presunzione di farsi servire invece di servire». L’antidoto di questo veleno – ha rimarcato il Pontefice – è farsi «l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».

Da sconfiggere, infine, sono l’individualismo, «la tentazione degli egoisti che, strada facendo, perdono la mèta e invece di pensare agli altri pensano a sé stessi» e il «camminare senza bussola e senza mèta. Il consacrato perde la sua identità e vive con cuore diviso tra Dio e la mondanità… Invece di guidare gli altri li disperde».

«La vostra identità come figli della Chiesa – ha concluso il Papa – è quella di essere copti – cioè radicati nelle vostre nobili e antiche radici – e di essere cattolici – cioè parte della Chiesa una e universale: come un albero che più è radicato nella terra e più è alto nel cielo!».