Vita Chiesa

Papa Francesco: a conferenza internazionale sindacati, «difendere posti di lavoro e crearne di nuovi»

La questione del lavoro «non è una questione tra tante, ma piuttosto la chiave essenziale di tutta la questione sociale», perché «condiziona lo sviluppo non solo economico, ma anche culturale e morale delle persone, della famiglia, della società». A ribadirlo, con le parole usate da Paolo VI nella Populorum Progressio, è Papa Francesco, nella lettera ai partecipanti alla conferenza internazionale delle organizzazioni sindacali sul tema «Dalla Populorum progressio alla Laudato si’», che si chiude questo pomeriggio in Vaticano, per iniziativa del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale.

«Il lavoro, oltre che essere essenziale per la fioritura della persona, è anche una chiave dello sviluppo sociale», prosegue Francesco, facendo presente che «ogni giorno, milioni di persone cooperano allo sviluppo attraverso le loro attività manuali o intellettuali, in grandi città o in zone rurali, con incarichi sofisticati o semplici. Tutte sono espressione di un amore concreto per la promozione del bene comune, di un amore civile». «Il lavoro non può essere considerato come una merce né un mero strumento nella catena produttiva di beni e servizi, ma, essendo basilare per lo sviluppo, ha la priorità rispetto a qualunque altro fattore di produzione, compreso il capitale», ammonisce il Papa. Di qui l’imperativo etico di «difendere i posti di lavoro», di «crearne di nuovi in proporzione all’aumento della redditività economica» e di «garantire la dignità del lavoro stesso». Ma la persona «non è solo lavoro», puntualizza Francesco sulla scia di Paolo VI: «Ci sono altre necessità umane che dobbiamo coltivare e considerare, come la famiglia, gli amici e il riposo». È importante, dunque, ricordare che «qualunque lavoro dev’essere al servizio della persona, e non la persona al servizio di esso, e ciò implica che dobbiamo mettere in discussione le strutture che danneggiano o sfruttano le persone, le famiglie, le società e la nostra madre terra». «Quando il modello di sviluppo economico si basa solamente sull’aspetto materiale della persona, o quando va a beneficio solo di alcuni, o quando danneggia l’ambiente, provoca un grido, tanto dei poveri quanto della terra, che «reclama da noi un’altra rotta», ribadisce il Papa citando la Laudato si’: «Questa rotta, per essere sostenibile, deve porre al centro dello sviluppo la persona e il lavoro, ma integrando la problematica lavorativa con quella ambientale. Tutto è interconnesso, e dobbiamo rispondere in modo integrale».

«Non vogliamo un sistema di sviluppo economico che aumenti la gente disoccupata, né senza tetto, né senza terra». Papa Francesco ripropone nel messaggio il legame tra le tre «T» – terra, tetto e lavoro (trabajo). «I frutti della terra e del lavoro sono per tutti, e devono essere partecipati equamente a tutti», ammonisce Francesco sulla scorta della Laudato si’: «Questo tema acquista rilevanza speciale in riferimento alla proprietà della terra, sia nelle zone rurali che in quelle urbane, e alle norme giuridiche che garantiscono l’accesso ad essa». In questa prospettiva, «il criterio di giustizia per eccellenza è la destinazione universale dei beni, il cui diritto universale al loro uso è primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale». Un insegnamento, questo, che per il Papa resta valido a 70 anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e in un momento in cui «i diritti economici, sociali e culturali devono avere maggiore considerazione». «La promozione e la difesa di tali diritti non si può realizzare a spese della terra e delle generazioni future», il grido d’allarme di Francesco, secondo il quale «l’interdipendenza tra il lavoro e l’ambiente ci obbliga a reimpostare i generi di occupazione che vogliamo promuovere in futuro e quelli che devono essere sostituiti o ricollocati, come possono essere, ad esempio, le attività dell’industria di combustibili fossili inquinanti». «È ineludibile uno spostamento dall’industria energetica attuale a una più rinnovabile per proteggere la nostra madre terra», argomenta il Papa, «ma è ingiusto che questo spostamento sia pagato con il lavoro e con la casa dei più bisognosi». In altre parole, «il costo di estrarre energia dalla terra, bene comune universale, non può ricadere sui lavoratori e le loro famiglie. I sindacati e i movimenti che conoscono la connessione tra lavoro, casa e terra hanno in merito un grande apporto da dare, e devono darlo».

«Nel contesto attuale, conosciuto come la quarta rivoluzione industriale, caratterizzato da questa ‘rapidazione’ e dalla sofisticata tecnologia digitale, dalla robotica e dall’intelligenza artificiale, il mondo ha bisogno di voci come la vostra», ha scritto il Papa riconoscendo il valore dei sindacati. Francesco ha consegnato ai presenti altre tre «T»: «lavoro (trabajo), tempo e tecnologia». La «continua accelerazione dei cambiamenti» e «l’intensificazione dei ritmi di vita e di lavoro», osserva Francesco, «non favoriscono lo sviluppo sostenibile né la sua qualità». «Sono i lavoratori che, nel loro lottare per la giornata lavorativa giusta, hanno imparato ad affrontare una mentalità utilitaristica, di corto raggio e manipolatrice», l’analisi del Papa: «Per questa mentalità, non importa se c’è degrado sociale e ambientale; non importa che cosa si usa e che cosa si scarta; non importa se c’è lavoro forzato di bambini o se si inquina il fiume di una città. Importa solo il guadagno immediato. Tutto si giustifica in funzione del dio denaro». Ai sindacati, Francesco affida il compito di «combattere questa patologia» e di correggerla, mostrando che «è possibile una cultura dell’incontro e della cura». «Oggi non è più in gioco solo la dignità di chi è occupato, ma la dignità del lavoro di tutti, e della casa di tutti, la nostra madre terra», il grido d’allarme di Francesco.

Dialogo a tutti i livelli. «Abbiamo bisogno di un dialogo sincero e profondo per ridefinire l’idea del lavoro e la rotta dello sviluppo, ma non possiamo essere ingenui e pensare che il dialogo avverrà naturalmente e senza conflitti», scrive ancora il Papa. «Occorrono persone che lavorino senza sosta per dare vita a processi di dialogo a tutti i livelli», la ricetta di Francesco: «A livello dell’impresa, del sindacato, del movimento; a livello di quartiere, cittadino, regionale, nazionale e globale. In questo dialogo sullo sviluppo, tutte le voci e le visioni sono necessarie, ma specialmente le voci meno ascoltate, quelle delle periferie. Conosco lo sforzo di tanta gente per far emergere queste voci nelle sedi in cui si prendono decisioni sul lavoro. A voi chiedo di assumere questo nobile impegno». «Uscire da un’economia di mercato e finanziaria che non dà al lavoro il valore che gli spetta, e orientarla verso un’altra nella quale l’attività umana è il centro», la direzione di marcia suggerita ai presenti.