Vita Chiesa

Papa Francesco a economi istituti religiosi: «criterio di valutazione delle opere non è la redditività»

«Le opere proprie non sono soltanto un mezzo per assicurare la sostenibilità del proprio istituto, ma appartengono alla fecondità del carisma. Questo comporta chiedersi se le nostre opere manifestano o no il carisma che abbiamo professato, se rispondono o no alla missione che ci è stata affidata dalla Chiesa. Il criterio principale di valutazione delle opere non è la loro redditività, ma se corrispondono al carisma e alla missione che l’istituto è chiamato a compiere». Così scrive Papa Francesco nel messaggio inviato c, cui partecipano mille economi di istituti religiosi. «Essere fedeli al carisma – sottolinea il Pontefice – richiede spesso un atto di coraggio: non si tratta di vendere tutto o di dismettere tutte le opere, ma di fare un serio discernimento, tenendo lo sguardo ben rivolto a Cristo, le orecchie attente alla sua Parola e alla voce dei poveri. In questo modo le nostre opere possono, al tempo stesso, essere feconde per il cammino dell’istituto ed esprimere la predilezione di Dio per i poveri». Un «serio discernimento», ad avviso di Papa Francesco, «potrà suggerire di mantenere in vita un’opera che produce perdite – stando bene attenti a che queste non siano generate da incapacità o da imperizia – ma ridà dignità a persone vittime dello scarto, deboli e fragili», «di ripensare un’opera, che forse è diventata troppo grande e complessa, ma possiamo allora trovare forme di collaborazione con altri istituti o forse trasformare l’opera stessa in modo che questa continui, seppure con altre modalità, come opera della Chiesa». Da qui l’importanza della «comunicazione e collaborazione all’interno degli istituti, con gli altri istituti e con la Chiesa locale». «Occorre far crescere la comunione tra i diversi istituti; e anche conoscere bene gli strumenti legislativi, giuridici ed economici che permettono oggi di fare rete, di individuare nuove risposte, di mettere insieme le forze, le professionalità e le capacità degli istituti a servizio del Regno e dell’umanità. È molto importante – ricorda il Papa – anche dialogare con la Chiesa locale, affinché, per quanto possibile, i beni ecclesiastici rimangano beni della Chiesa». Un discernimento che, ribadisce Francesco, «si pone controcorrente perché si serve del denaro e non serve il denaro per nessun motivo, neppure quello più giusto e santo. In questo caso sarebbe sterco del diavolo, come dicevano i santi Padri».

«L’ipocrisia dei consacrati che vivono da ricchi ferisce le coscienze dei fedeli e danneggia la Chiesa» afferma ancora il Papa nel messaggio ai mille economi di istituti religiosi, riuniti a Roma. «Dobbiamo educarci a un’austerità responsabile. Non basta aver fatto la professione religiosa per essere poveri – scrive il Pontefice – Non basta trincerarmi dietro l’affermazione che non possiedo nulla perché sono religioso, religiosa, se il mio istituto mi permette di gestire o godere di tutti i beni che desidero e di controllare le Fondazioni civili erette per sostenere le opere proprie, evitando così i controlli della Chiesa». «Quanti consacrati – afferma nel messaggio – continuano ancora oggi a pensare che le leggi dell’economia sono indipendenti da ogni considerazione etica? Quante volte la valutazione sulla trasformazione di un’opera o la vendita di un immobile è vista solo sulla base di un’analisi dei costi-benefici e valore di mercato?». «L’ipocrisia dei consacrati che vivono da ricchi ferisce le coscienze dei fedeli e danneggia la Chiesa» dichiara il Papa che invita a non cadere «nella trappola dell’avarizia. Bisogna cominciare dalla piccole scelte quotidiane. Ognuno è chiamato a fare la sua parte, ad usare i beni per fare scelte solidali, ad avere cura del creato, a misurarsi con la povertà delle famiglie che sicuramente gli vivono accanto». «Come consacrati – spiega il Pontefice – siamo chiamati a diventare profezia a partire dalla nostra vita animata dalla ‘charis’, dalla logica del dono, della gratuità; siamo chiamati a creare fraternità, comunione, solidarietà con i più poveri e bisognosi», senza farsi sopraffare «dalla logica diabolica del guadagno (il diavolo spesso entra dal portafoglio o dalla carta di credito)».