Vita Chiesa

Papa Francesco: a partecipanti #UniteToCure, «di fronte a sofferenza è necessario creare sinergie superando pregiudizi»

«Di fronte al problema della sofferenza umana è necessario saper creare sinergie tra persone e istituzioni, anche superando i pregiudizi, per coltivare la sollecitudine e lo sforzo di tutti in favore della persona malata». Lo ha detto Papa Francesco ricevendo in udienza i partecipanti alla IV Conferenza internazionale sulla medicina rigenerativa promossa dal Pontificio Consiglio della cultura, in collaborazione con la Cura Foundation, Stoq e Stem for Life Foundation, che si conclude oggi in Vaticano sul tema: «Unite To Cure A Global Health Care Initiative».

Ringraziando gli organizzatori dell’evento, Francesco ne ha sintetizzato il percorso in quattro verbi: prevenire, riparare, curare e preparare il futuro. Prevenire, ha spiegato, «significa avere uno sguardo lungimirante verso l’essere umano e l’ambiente in cui vive», ma questo «richiede un’azione globale e costante che non può essere delegata alle istituzioni sociali e governative, ma domanda l’impegno di ciascuno. Urge, perciò, la necessità di diffondere una maggiore sensibilità tra tutti per una cultura di prevenzione come primo passo verso la tutela della salute». Nel sottolineare «il grande sforzo della ricerca scientifica volta alla scoperta e alla diffusione di nuove cure, specialmente quando toccano il delicato problema delle malattie rare, autoimmuni, neurodegenerative e molte altre», il Pontefice ha richiamato l’importanza di riparare e curare: «Più esteso sarà il nostro impegno a favore della ricerca, più questi due aspetti diventeranno rilevanti ed efficaci, permettendo di rispondere in maniera più adeguata, incisiva e persino più personalizzata ai bisogni delle persone malate».

«Chiesa elogia ricerca» ma ci sono «limiti da rispettare». «La scienza è un mezzo potente per comprendere meglio sia la natura che ci circonda sia la salute umana. La nostra conoscenza progredisce e con essa aumentano i mezzi e le tecnologie più raffinate che permettono non solo di guardare la struttura più intima degli organismi viventi, uomo incluso, ma addirittura di intervenire su di essi in modo così profondo e preciso da rendere possibile perfino la modifica del nostro stesso Dna. In questo contesto è fondamentale che aumenti la nostra consapevolezza della responsabilità etica nei confronti dell’umanità e dell’ambiente in cui viviamo». È il monito di Papa Francesco ai partecipanti alla IV Conferenza internazionale «Unite To Cure A Global Health Care Initiative». «Mentre la Chiesa elogia ogni sforzo di ricerca e di applicazione volto alla cura delle persone sofferenti – le parole del Pontefice -, ricorda anche che uno dei principi fondamentali è che ‘non tutto ciò che è tecnicamente possibile o fattibile è per ciò stesso eticamente accettabile’. La scienza, come qualsiasi altra attività umana, sa di avere dei limiti da rispettare per il bene dell’umanità stessa, e necessita di un senso di responsabilità etica».

Servono «riflessione interdisciplinare» e «azioni concrete a favore di chi soffre». «Se vogliamo preparare il futuro assicurando il bene di ogni persona umana, dobbiamo agire con una sensibilità tanto maggiore quanto più i mezzi a nostra disposizione diventano potenti», ha detto ancora il Papa. «Questa – avverte Francesco – è la nostra responsabilità verso l’altro e verso tutti gli esseri viventi. Infatti, c’è bisogno di riflettere sulla salute umana in un contesto più ampio, considerandola non solo in rapporto alla ricerca scientifica, ma anche alla nostra capacità di preservare e tutelare l’ambiente e all’esigenza di pensare a tutti, specialmente a chi vive disagi sociali e culturali che rendono precari sia lo stato di salute sia l’accesso alle cure». Per Francesco, «pensare il futuro significa, quindi, intraprendere un itinerario segnato da un duplice movimento. Il primo, ancorato a una riflessione interdisciplinare aperta che coinvolga molteplici esperti e istituzioni e permetta uno scambio reciproco di conoscenze; il secondo, costituito dalle azioni concrete a favore di chi soffre». Entrambi questi movimenti, conclude, «esigono la convergenza di sforzi e di idee capaci di coinvolgere rappresentanti di varie comunità: scienziati e medici, pazienti, famiglie, studiosi di etica e di cultura, leader religiosi, filantropi, rappresentanti dei governi e del mondo imprenditoriale».