Vita Chiesa

Papa Francesco ai nuovi vescovi: trasmettere misericordia, mondo stanco di preti e vescovi alla moda

«La vita di tanti – ha detto Francesco – è ancora priva del varco che dà accesso all’alto, e voi siete stati visti da lontano per guidare verso tale meta. Non accontentatevi di meno!». E ancora: «È importante essere consapevoli che nelle vostre Chiese non c’è bisogno di cercare ‘da un mare all’altro’ perché la Parola di cui la gente ha fame e sete può trovarla sulle vostre labbra».

Il Papa ha quindi invitato i vescovi ad «abbandonare la pretesa dell’autosufficienza per affidarvi come bambini a Colui che ai piccoli rivela il suo Regno». Anche perché, ha aggiunto, «è bello lasciarsi trafiggere dalla conoscenza amorevole di Dio. È consolante sapere che Egli davvero sa chi siamo e non si spaventa della nostra pochezza. È rasserenante conservare nel cuore la memoria della sua voce che ha chiamato proprio noi, nonostante le nostre insufficienze». Purtroppo, ha osservato Francesco, «tanti oggi si mascherano e si nascondono. Amano costruire personaggi e inventare profili. Si rendono schiavi delle misere risorse che racimolano e a cui si aggrappano come se bastassero per comprarsi l’amore che non ha prezzo. Non sopportano il brivido di sapersi conosciuti da Qualcuno che è più grande e non disprezza il nostro poco. Non sia così per voi: lasciate che tale brivido vi percorra, non rimuovetelo né silenziatelo».

«Vivere intensamente una personale esperienza di gratitudine, di riconciliazione, di affidamento totale, di consegna senza riserve della propria vita al Pastore dei Pastori». Questo l’invito di Papa Francesco ai nuovi vescovi che domenica prossima varcheranno «la Porta Santa del Giubileo della misericordia, che ha attirato a Cristo milioni di pellegrini dell’Urbe e dell’Orbe». Il Papa ha chiesto ai presuli, «varcando Cristo, la sola Porta», di porre il proprio «sguardo» nello «sguardo» di Cristo. «Lasciate che Egli – ha detto – vi raggiunga ‘miserando atque eligendo’. La più preziosa ricchezza che potete portare da Roma all’inizio del vostro ministero episcopale è la consapevolezza della misericordia con la quale siete stati guardati e scelti. Il solo tesoro che vi prego di non lasciare arrugginire in voi è la certezza che non siete abbandonati alle vostre sole forze. Siete vescovi della Chiesa, partecipi di un unico episcopato, membri di un indivisibile collegio, saldamente innestati come umili tralci nella vite, senza la quale nulla potete fare. Poiché ormai non potete più andare da soli da nessuna parte, perché portate la Sposa a voi affidata come un sigillo impresso sulla vostra anima, nell’attraversare la Porta Santa, fatelo caricando sulle spalle il vostro gregge e portando nel cuore il cuore delle vostre Chiese».

«Domandate a Dio, che è ricco di misericordia, il segreto per rendere pastorale la sua misericordia nelle vostre diocesi». È il compito affidato da Papa Francesco ai nuovi vescovi e ha ribadito la necessità che «la misericordia formi e informi le strutture pastorali delle nostre Chiese. Non si tratta di abbassare le esigenze o svendere a buon mercato le nostre perle». Anzi, ha spiegato, «la sola condizione che la perla preziosa pone a coloro che la trovano è quella di non poter reclamare meno del tutto; la sua unica pretesa è suscitare nel cuore di chi la trova il bisogno di rischiarsi per intero pur di averla». Da qui l’invito a «non aver paura di proporre la misericordia come riassunto di quanto Dio offre al mondo, perché a nulla di più grande il cuore dell’uomo può aspirare». Francesco ha poi citato Benedetto XVI, «mio venerato e saggio Predecessore»: è «la misericordia che pone un limite al male. In essa si esprime la natura tutta peculiare di Dio – la sua santità, il potere della verità e dell’amore». Essa è «il modo con il quale Dio si oppone al potere delle tenebre con il suo potere diverso e divino», appunto «quello della misericordia». Dunque, ha concluso, «non vi lasciate spaventare dalla prepotente insinuazione della notte. Conservate intatta la certezza di questo potere umile con il quale Dio bussa al cuore di ogni uomo: santità, verità e amore. Rendere pastorale la misericordia non è altro che fare delle Chiese a voi affidate delle case dove albergano santità, verità e amore».

«Siate vescovi capaci di incantare e attirare». È la prima raccomandazione per «rendere pastorale la misericordia». Il Papa ha esortato i nuovi vescovi a fare del proprio «ministero un’icona della misericordia, la sola forza capace di sedurre e attrarre in modo permanente il cuore dell’uomo». A «questo mondo mendicante, sia pure in ciotole mezze rotte», ha aggiunto, «possiamo offrire la bontà, la bellezza, la verità, l’amore, il bene». Francesco ha poi puntualizzato che «non si tratta di attrarre a sé stessi. Il mondo è stanco di incantatori bugiardi. La gente ‘fiuta’ e si allontana quando riconosce i narcisisti, i manipolatori, i difensori delle cause proprie, i banditori di vane crociate. Piuttosto, cercate di assecondare Dio, che già si introduce prima ancora del vostro arrivo». Per il Papa, «il mondo» è «oggi come un confuso Samuele, bisognoso di chi possa distinguere, nel grande rumore che turba la sua agonia, la segreta voce di Dio che lo chiama. Servono persone che sappiano far emergere dagli sgrammaticati cuori odierni l’umile balbettare: ‘Parla, Signore’. Servono ancora di più coloro che sanno favorire il silenzio che rende questa parola ascoltabile». Anche perché, ha concluso, «Dio non si arrende mai! Siamo noi che, abituati alla resa, spesso ci accomodiamo preferendo lasciarci convincere che veramente hanno potuto eliminarlo e inventiamo discorsi amari per giustificare la pigrizia che ci blocca nel suono immobile delle vane lamentele».

«Siate vescovi capaci di iniziare coloro che vi sono stati affidati». È la seconda raccomandazione per «rendere pastorale la misericordia», perché «una volta afferrati dalla misericordia, essa esige un percorso introduttivo, un cammino, una strada, una iniziazione». La misericordia, ha spiegato, «è la sola realtà che consente all’uomo di non perdersi definitivamente, anche quando sventuratamente egli cerca di sfuggire al suo fascino. In essa l’uomo può sempre essere certo di non scivolare in quel baratro in cui si ritrova privo di origine e destino, di senso e orizzonte». Da qui l’invito a «non avere altra prospettiva da cui guardare i vostri fedeli che quella della loro unicità, di non lasciare nulla di intentato pur di raggiungerli, di non risparmiare alcuno sforzo per recuperarli». E ancora: «Siate vescovi capaci di iniziare le vostre Chiese a questo abisso di amore. Oggi si chiede troppo frutto da alberi che non sono stati abbastanza coltivati. Si è perso il senso dell’iniziazione, e tuttavia nelle cose veramente essenziali della vita si accede soltanto mediante l’iniziazione. Pensate all’emergenza educativa, alla trasmissione sia dei contenuti sia dei valori, all’analfabetismo affettivo, ai percorsi vocazionali, al discernimento nelle famiglie, alla ricerca della pace: tutto ciò richiede iniziazione e percorsi guidati, con perseveranza, pazienza e costanza, che sono i segni che distinguono il buon pastore dal mercenario».

«Vi raccomando la cura dell’intimità con Dio, sorgente del possesso e della consegna di sé, della libertà di uscire e di tornare». «Essere pastori – ha aggiunto – in grado anche di rientrare in casa con i vostri, di suscitare quella sana intimità che consente loro di accostarsi, di creare quella fiducia che permette la domanda: ‘Spiegaci’. Non si tratta di una qualsiasi spiegazione, ma del segreto del Regno. È una domanda rivolta a voi in prima persona. Non si può delegare a qualcun altro la risposta. Non si può rimandare a dopo perché si vive in giro, in un imprecisato ‘altrove’, andando da qualche parte o tornando da qualche luogo, spesso non ben saldi su sé stessi». Il Papa ha invitato i vescovi a «curare con speciale premura le strutture di iniziazione delle vostre Chiese, particolarmente i seminari. Non lasciatevi tentare dai numeri e dalla quantità delle vocazioni, ma cercate piuttosto la qualità del discepolato. Non private i seminaristi della vostra ferma e tenera paternità. Fateli crescere fino al punto di acquisire la libertà di stare in Dio ‘tranquilli e sereni come bimbi svezzati in braccio alla loro madre’; non preda dei propri caprici e succubi delle proprie fragilità, ma liberi di abbracciare quanto Dio chiede loro, anche quando ciò non sembra dolce come fu all’inizio il grembo materno».

«Coniugare la misericordia in verbi, renderla palpabile e operativa». È la terza raccomandazione per «rendere pastorale la misericordia», perché «gli uomini hanno bisogno della misericordia; sono, pur inconsapevolmente, alla sua ricerca. Sanno bene di essere feriti e ‘mezzi morti’, pur avendo paura di ammetterlo. Quando inaspettatamente vedono la misericordia avvicinarsi, allora esponendosi tendono la mano per mendicarla. Sono affascinati dalla sua capacità di fermarsi, quando tanti passano oltre; di chinarsi, quando un certo reumatismo dell’anima impedisce di piegarsi; di toccare la carne ferita, quando prevale la preferenza per tutto ciò che è asettico». Da qui l’invito a essere vescovi «con il cuore ferito» da una misericordia, «instancabile nell’umile compito di accompagnare l’uomo che ‘per caso’ Dio ha messo sulla vostra strada. Dovunque andiate, ricordate che non è lontana la strada di Gerico. Le vostre Chiese sono piene di tali strade. Molto vicino a voi non sarà difficile incontrare chi attende non un ‘levita’ che volta la faccia, ma un fratello che si fa prossimo».

«Accompagnate per primo, e con paziente sollecitudine, il vostro clero. Siate vicini al vostro clero. Vi prego di portare ai vostri sacerdoti l’abbraccio del Papa e l’apprezzamento per la loro operosa generosità», l’altra raccomandazione del Papa ai nuovi vescovi. «Cercate di ravvivare» nei sacerdoti, ha aggiunto, «la consapevolezza che è Cristo la loro ‘sorte’, la loro ‘parte e fonte di eredità’, la parte che tocca a loro bere nel ‘calice’. Chi altro potrà riempire il cuore di un servitore di Dio e della sua Chiesa al di fuori di Cristo? Vi prego pure di agire con grande prudenza e responsabilità nell’accogliere candidati o incardinare sacerdoti nelle vostre Chiese locali. Per favore, prudenza e responsabilità in questo. Ricordate che sin dagli inizi si è voluto inscindibile il rapporto tra una Chiesa locale e i suoi sacerdoti e non si è mai accettato un clero vagante o in transito da un posto all’altro. E questa è una malattia dei nostri tempi». Francesco ha chiesto, infine, «uno speciale accompagnamento riservate a tutte le famiglie, gioendo con il loro amore generoso e incoraggiando l’immenso bene che elargiscono in questo mondo. Seguite soprattutto quelle più ferite. Non ‘passate oltre’ davanti alle loro fragilità. Fermatevi per lasciare che il vostro cuore di pastori sia trafitto dalla visione della loro ferita; avvicinatevi con delicatezza e senza paura. Mettete davanti ai loro occhi la gioia dell’amore autentico e della grazia con la quale Dio lo eleva alla partecipazione del proprio amore. Tanti hanno bisogno di riscoprirla, altri non l’hanno mai conosciuta, alcuni aspettano di riscattarla, non pochi dovranno portarsi addosso il peso di averla irrimediabilmente perduta. Vi prego di fare loro compagnia nel discernimento e con empatia».