Vita Chiesa

Papa Francesco: al Pam, «la miseria ha un volto»

Il Papa è arrivato con quindici minuti di anticipo sul programma e si è fermato davanti al Muro della memoria, che ricorda i membri del Pam caduti in missione, deponendo due cestini di rose bianche, gialle e rosa. «L’eccesso di informazione di cui disponiamo genera gradualmente la ‘naturalizzazione’ della miseria», ossia «diventiamo immuni alle tragedie degli altri e le consideriamo come qualcosa di ‘naturale’», ha osservato Papa Francesco. «Sono così tante le immagini che ci raggiungono che noi vediamo il dolore, ma non lo tocchiamo, sentiamo il pianto, ma non lo consoliamo, vediamo la sete ma non la saziamo – ha affermato -. In questo modo, molte vite diventano parte di una notizia che in poco tempo sarà sostituita da un’altra. E, mentre cambiano le notizie, il dolore, la fame e la sete non cambiano, rimangono».

La fame nel mondo è dovuta alla «mercantilizzazione» degli alimenti, ha detto il Papa. «La mancanza di alimenti – ha ricordato – non è qualcosa di naturale, non è un dato né ovvio né evidente. Che oggi, in pieno secolo ventunesimo, molte persone patiscano questo flagello, è dovuto ad una egoista e cattiva distribuzione delle risorse, a una ‘mercantilizzazione’ degli alimenti». «La terra, maltrattata e sfruttata, in molte parti del mondo continua a darci i suoi frutti, continua ad offrirci il meglio di sé stessa; i volti affamati ci ricordano che abbiamo stravolto i suoi fini. Un dono, che ha finalità universale, lo abbiamo reso un privilegio di pochi. Abbiamo fatto dei frutti della terra – dono per l’umanità – commodities di alcuni, generando in questo modo esclusione». Il consumismo, ha proseguito, «ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale a volte ormai non siamo più capaci di dare il giusto valore, che va oltre i meri parametri economici. Tuttavia ci farà bene ricordare che il cibo che si spreca è come se lo si rubasse dalla mensa del povero, di colui che ha fame». Da qui l’invito a«riflettere sul problema della perdita e dello spreco di alimenti, al fine di individuare vie e modalità che, affrontando seriamente tale problematica, siano veicolo di solidarietà e di condivisione con i più bisognosi».

«De-naturalizzare la miseria», ossia «smettere di considerarla come un dato della realtà tra i tanti». È l’invito rivolto al mondo dal Papa nella sua visita al Pam. «Non possiamo considerarci soddisfatti solo per il fatto di conoscere la situazione di molti nostri fratelli. Non basta elaborare lunghe riflessioni o sprofondarci in interminabili discussioni su di esse, ripetendo continuamente argomenti già conosciuti da tutti», ha avvertito il Papa. «Non possiamo ‘naturalizzare’ la fame di tante persone – ha affermato -; non ci è lecito dire che la loro situazione è frutto di un destino cieco di fronte al quale non possiamo fare nulla. Quando la miseria cessa di avere un volto, possiamo cadere nella tentazione di iniziare a parlare e a discutere su ‘la fame’, ‘l’alimentazione’, ‘la violenza’, lasciando da parte il soggetto concreto, reale, che oggi ancora bussa alle nostre porte». «Quando mancano i volti e le storie – ha sottolineato Papa Francesco -, le vite cominciano a diventare cifre e così un po’ alla volta corriamo il rischio di burocratizzare il dolore degli altri». La differenza è che «le burocrazie si occupano di pratiche; la compassione, invece, si mette in gioco per le persone». Su questo punto, ha puntualizzato, «abbiamo molto lavoro da compiere. Insieme con tutte le attività che già si realizzano, è necessario lavorare per ‘de-naturalizzare’ e de-burocratizzare la miseria e la fame dei nostri fratelli».

I frutti della terra sono per tutti. La fame nel mondo – ha detto ancora il Papa –  è dovuta alla «mercantilizzazione» degli alimenti. «La mancanza di alimenti – ha ricordato – non è qualcosa di naturale, non è un dato né ovvio né evidente. Che oggi, in pieno secolo ventunesimo, molte persone patiscano questo flagello, è dovuto ad una egoista e cattiva distribuzione delle risorse, a una ‘mercantilizzazione’ degli alimenti». «La terra, maltrattata e sfruttata, in molte parti del mondo continua a darci i suoi frutti, continua ad offrirci il meglio di sé stessa; i volti affamati ci ricordano che abbiamo stravolto i suoi fini. Un dono, che ha finalità universale, lo abbiamo reso un privilegio di pochi. Abbiamo fatto dei frutti della terra – dono per l’umanità – commodities di alcuni, generando in questo modo esclusione». Il consumismo, ha proseguito, «ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale a volte ormai non siamo più capaci di dare il giusto valore, che va oltre i meri parametri economici. Tuttavia ci farà bene ricordare che il cibo che si spreca è come se lo si rubasse dalla mensa del povero, di colui che ha fame». Da qui l’invito a «riflettere sul problema della perdita e dello spreco di alimenti, al fine di individuare vie e modalità che, affrontando seriamente tale problematica, siano veicolo di solidarietà e di condivisione con i più bisognosi».

«De-burocratizzare la fame», ossia far circolare gli aiuti e i piani di sviluppo «senza ostacoli politici e barriere doganali», al contrario delle armi che «circolano con una spavalda e quasi assoluta libertà»: è la denuncia di Papa Francesco espressa oggi durante la sua visita al Pam, che distribuisce aiuti in tutto il mondo nelle situazioni di conflitto o emergenza umanitaria. «Dobbiamo dirlo con sincerità: ci sono questioni che sono burocratizzate. Ci sono azioni che sono come ‘imbottigliate’». Di fronte ai tanti conflitti e guerre, ha detto, «sembra che le armi abbiano acquistato una preponderanza inusitata, in modo tale da accantonare totalmente altre maniere di risolvere le questioni oggetto di contrasto». «Questa preferenza è ormai così radicata e accettata che impedisce la distribuzione degli alimenti nelle zone di guerra, arrivando anche alla violazione dei principi e delle direttive più basilari del diritto internazionale, la cui vigenza risale a molti secoli fa». Questo conduce ad uno «strano e paradossale fenomeno: mentre gli aiuti e i piani di sviluppo sono ostacolati da intricate e incomprensibili decisioni politiche, da forvianti visioni ideologiche o da insormontabili barriere doganali, le armi no; non importa la loro provenienza, esse circolano con una spavalda, scusate l’aggettivo, e quasi assoluta libertà in tante parti del mondo». In questo modo, ha sottolineato, «a nutrirsi sono le guerre e non le persone» anzi, in alcuni casi, «la fame stessa viene usata come arma di guerra» e «le vittime si moltiplicano». Nonostante la consapevolezza di tutto ciò, ha affermato, «lasciamo che la nostra coscienza si anestetizzi, e così la rendiamo insensibile». «In tal modo la forza diventa il nostro unico modo di agire, e il potere l’obiettivo perentorio da raggiungere». Urge perciò «de-burocratizzare tutto quanto impedisce che i piani di aiuti umanitari realizzino i loro obiettivi».

No a «visioni nazionali centripete o egoismi inconfessabili»: gli Stati membri dell’Onu cooperino per rimuovere gli ostacoli agli aiuti umanitari e incrementino «l’effettiva volontà» di cooperare con il Programma alimentare mondiale per sconfiggere la fame nel mondo: è l’appello del Papa durante la visita di oggi alla sede romana del Pam-Wfp. «Questo metodo, nelle zone più depresse e povere, può e deve garantire l’adeguato sviluppo delle capacità locali ed eliminare gradualmente la dipendenza esterna, mentre consente di ridurre la perdita di alimenti, in modo che nulla vada sprecato – ha osservato -. In una parola, il Pam è un valido esempio di come si possa lavorare in tutto il mondo per sradicare la fame attraverso una migliore assegnazione delle risorse umane e materiali, rafforzando la comunità locale». A questo proposito, ha detto poi rivolgendosi ai lavoratori, «vi incoraggio ad andare avanti. Non lasciatevi vincere dalla fatica, né permettete che le difficoltà vi facciano desistere. Credete in quello che fate e continuate a mettervi entusiasmo, che è il modo in cui il seme della generosità può germinare con forza». E poi a braccio: «Datevi il lusso di sognare: abbiamo bisogno di sognatori che diano forza a questo progetto». Papa Francesco ha assicurato il sostegno della Chiesa cattolica, per «lavorare di concerto con tutte le iniziative che lottano per la salvaguardia della dignità delle persone, specialmente di quelle che sono ferite nei loro diritti», perché «diventi realtà questa urgente priorità della ‘fame zero’». «Un popolo – ha concluso – gioca il proprio futuro nella capacità di farsi carico della fame e della sete dei suoi fratelli. In questa capacità di soccorrere l’affamato e l’assetato possiamo misurare il polso della nostra umanità».

Il ringraziamento agli operatori del Pam. Al termine della sua visita il Papa ha rivolto un ringraziamento di cuore, parlando a braccio, a tutti gli operatori del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, da considerare come «le fondamenta di un palazzo», perché «grazie a questo piccolo sacrificio nascosto tanti bambini nel mondo possono mangiare e tanta fame» può essere saziata. Il Papa ha consegnato il testo scritto in spagnolo e ha parlato in italiano: «Dirò parole dal cuore nel mio brutto italiano: grazie perché voi fate un lavoro nascosto, che non si vede ma serve a far andare avanti tutto. Voi siete come le fondamenta di un palazzo, senza le fondamenta il palazzo non sta in piedi». «Quando prima ho sentito parlare la direttrice del Pam – ha confidato Papa Francesco -, ho pensato: questa è una donna coraggiosa. Credo che tutti voi abbiate il coraggio di portare avanti questo lavoro dietro le quinte. Come in un corpo ci sono mani, piedi e volto, ma i piedi non si vedono perché sono nelle scarpe, voi siete i piedi e le mani che sostengono il coraggio, anche dei vostri martiri e testimoni». All’inizio della visita Papa Francesco aveva infatti sostato davanti alla targa che ricorda i nomi di tutti gli operatori del Pam morti durante il loro lavoro. «Non dimenticate quei nomi scritti all’entrata – ha detto -. Quelle persone hanno potuto fare ciò che facevano per il coraggio e la fede nel loro lavoro ma anche perché sostenuti dal vostro lavoro». Poi, come al solito, ha chiesto a tutti «di pregare per me, perché possa fare qualcosa contro la fame».

«Vedere dietro ogni pratica un volto umano che chiede aiuto»: questo è il consiglio che il Papa ha suggerito oggi agli operatori del Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Unite nel testo, non letto, ma consegnato durante la sua visita alla sede romana. Per sconfiggere la malnutrizione e la fame che soffrono molte persone nel mondo, scrive, «è importante che voi non vi lasciate soffocare dai dossier e riusciate a scoprire che in ogni carta c’è una storia particolare, spesso dolorosa e delicata. Il segreto è quello di vedere dietro ogni pratica un volto umano che chiede aiuto. Ascoltare il grido del povero vi permetterà di non lasciarvi incasellare in freddi formulari. Tutto è poco al fine di sconfiggere un fenomeno così terribile come la fame», «una delle più grandi minacce alla pace e alla serena convivenza umana» da affrontare «con determinazione» e risolvere «con urgenza». «Ognuno di noi –  afferma -, con la propria responsabilità, deve agire nella misura delle sue possibilità per raggiungere una soluzione definitiva a questa miseria umana, che degrada e consuma l’esistenza di un gran numero di nostri fratelli e sorelle». Papa Francesco ricorda poi che nelle zone più depresse c’è bisogno di «cibo in caso di emergenze», «accesso a mezzi e strumenti tecnici», «posti di lavoro», «microcredito».