Vita Chiesa

Papa Francesco al Sinodo: le «cinque tentazioni» da evitare

La prima è «la tentazione dell’irrigidimento ostile, cioè voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera), e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere. Dal tempo di Gesù, è la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti – oggi – tradizionalisti e anche degli intellettualisti».

La seconda è la «tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei buonisti, dei timorosi e anche dei cosiddetti progressisti e liberalisti».

La terza è «la tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente e anche di trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati, cioè di trasformarlo in fardelli insopportabili».

La quarta tentazione è «di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio».

La quinta tentazione per il Papa è quello di «trascurare il depositum fidei, considerandosi non custodi ma proprietari e padroni o, all’altra parte, la tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente! Le chiamavano bizantinismi, credo, queste cose…».

«Le tentazioni – ha concluso il Papa – non ci devono né spaventare né sconcertare e nemmeno scoraggiare, perché nessun discepolo è più grande de suo maestro; quindi se Gesù è stato tentato – e addirittura chiamato Beelzebul – i suoi discepoli non devono attendersi un trattamento migliore». «Mi sarei molto preoccupato e rattristato se non ci fossero state queste tentazioni e queste animate discussioni», ha confessato il Papa: «Se tutti fossero stati d’accordo o taciturni in una falsa e quietista pace. Invece ho visto e ho ascoltato – con gioia e riconoscenza – discorsi e interventi pieni di fede, di zelo pastorale e dottrinale, di saggezza, di franchezza, di coraggio e di parresia. E ho sentito che è stato messo davanti ai propri occhi il bene della Chiesa, delle famiglie».

«E questa è la Chiesa, la vigna del Signore, la madre fertile e la Maestra premurosa, che non ha paura di rimboccarsi le maniche per versare l’olio e il vino sulle ferite degli uomini», che «non guarda l’umanità da un castello di vetro per giudicare o classificare le persone».

Il testo integrale del discorso del Papa