Vita Chiesa

Papa Francesco: al carcere di Paliano, Lavanda dei piedi non è cerimonia folkloristica

«Amare fino alla fine», ha proseguito Francesco: «E non è facile, perché tutti noi siamo peccatori, tutti abbiamo i limiti, i difetti, tante cose e sì, tutti sappiamo amare, ma non siamo come Dio che ama senza guardare le conseguenze, fino alla fine». «C’era Gesù a cena, con loro», ha proseguito commentando il Vangelo di Giovanni: «L’ultima cena e, dice il Vangelo, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre». «Sapeva che era stato tradito e che sarebbe stato consegnato da Giuda quella stessa notte», ha ricordato Francesco: «Avendo amato i suoi, che erano nel mondo, li amò fino alla fine». «È un esempio», ha spiegato il Papa: «E per far vedere questo, lui che era ‘il capo’, che era Dio, lava i piedi ai suoi discepoli». «Quello di lavare i piedi era un’abitudine che si faceva nell’epoca prima dei pranzi e delle cene – ha proseguito Francesco – perché non c’era l’asfalto e la gente veniva con il cammino, con la polvere… e uno dei gesti per ricevere una persona a casa, e anche a mangiare, era lavarle i piedi». «Ma questo lo facevano gli schiavi, quelli che erano schiavizzati, lì», ha fatto notare il Papa: «E Gesù capovolge e lo fa lui. E Simone non voleva farlo, ma Gesù gli spiegò che era così, che lui è venuto al mondo per servire, per servirci, per farsi schiavo per noi, per dare la vita per noi, per amare sino alla fine».

«Oggi, nel cammino, quando arrivavo, c’era gente che salutava: ‘Ma, viene il Papa, il capo. Il capo della Chiesa…’. Il capo della Chiesa è Gesù, eh? Non scherziamo». Nell’omelia Francesco ha precisato che «il Papa è la figura di Gesù e io vorrei fare lo stesso che lui ha fatto». «In questa cerimonia, il parroco lava i piedi ai fedeli: si capovolge», ha proseguito Francesco a proposito del rito della lavanda dei piedi, che ha compiuto subito dopo con 12 detenuti: «Quello che sembra il più grande deve fare il lavoro di schiavo».

«Ma per seminare amore, per seminare amore fra noi, io non vi dico che oggi andate uno dall’altro a lavarvi i piedi voi: sarebbe uno scherzo, no?», le parole del Papa. «Ma il simbolo, la figura: sì, vi dirò che se voi potete fare un aiuto, un servizio al tuo compagno qui, in carcere, alla tua compagna: fatelo. Perché questo è amore, questo è come lavare i piedi. È essere servo degli altri». «Una volta i discepoli litigavano tra loro, sopra chi fosse il più grande, il più importante», ha raccontato Francesco: «E Gesù dice: ‘Quello che vuole essere importante, deve farsi il più piccolo e il servitore di tutti’. E questo è quello che ha fatto lui, questo che fa Dio con noi. Ci serve, è il servitore. Tutti noi, che siamo poveracci tutti! Ma lui è grande, lui è buono. E lui ci ama così come siamo». «Per questo, durante questa cerimonia pensiamo a Dio, a Gesù», l’invito finale: «Non è una cerimonia folkloristica: è un gesto per ricordare quello che ha dato Gesù. Dopo di questo, ha preso il pane e ci ha dato il Suo corpo; ha preso il vino, e ci ha dato il Suo sangue. E così è l’amore di Dio. Pensiamo all’amore di Dio, oggi, soltanto».

Pranzo con sacerdoti romani. Come è ormai consuetudine, nel giorno del Giovedì santo in cui la Chiesa ricorda l’istituzione del sacerdozio, il Papa ha voluto vivere un particolare momento di comunione con dieci parroci romani, preti diocesani e religiosi. Nell’abitazione dell’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato – riferisce l’Osservatore Romano – il Pontefice ha pranzato con loro e, in un clima di fraternità, i sacerdoti hanno raccontato le loro esperienze pastorali e i diversi problemi delle loro parrocchie. Il Papa li ha ascoltati con attenzione, offrendo consigli e ricordando situazioni simili da lui vissute nel passato.