Vita Chiesa

Papa Francesco al seminario pugliese: «La Chiesa non è una Ong e la pastorale non è un piano»

Suor Bernardetta è una suora «che ha lavorato tanto nei seminari, in Argentina», ha raccontato il Papa: «Quando avevo qualcuno con un problema spirituale, lo mandavo da lei, e lei ‘due schiaffi e via’… quella saggezza della donna di Dio, delle mamme». «È una grazia spirituale crescere con queste donne, con questa mamme, che sanno dire quelle cose che vanno dette», il tributo di Francesco, che ha ricordato che quando questa suora è stata traferita a Roma, lui andava spesso a trovarla. «L’ultima volta che l’ho vista – ha detto – le ho dato l’unzione degli ammalati, me l’aveva chiesta lei, ‘non ci vedremo più…’. Aveva 85 anni, era il giorno dell’Immacolata, le ho dato l’unzione degli ammalati e lei se ne è andata a metà dicembre». «Voglio rendere omaggio a lei e alle tante donne che hanno consacrato la loro vita e sono vicine all’apostolato dei preti nei seminari, e che hanno la saggezza delle mamme di dire quello che va detto», il tributo del Papa.

«La Chiesa non è una Ong e la pastorale non è un piano pastorale», ma «colloquio continuo con la gente», ha ribadito il Papa, nel discorso a braccio rivolto ai membri del Seminario pugliese. «La pastorale la porta avanti lo Spirito Santo, non il Consiglio pastorale», ha proseguito Francesco, esortando i seminaristi a chiedersi quale sia il loro «rapporto» con lo Spirito Santo: «Nella tua vita, come entra lo Spirito Santo? Sai distinguere l’opera dello Spirito Santo nel tuo cuore? O la tua vita si regge soltanto su: ‘Ho voglia di?’». Al primo posto, quindi, la preghiera: «Non lasciare solo il Signore nel tabernacolo», l’invito del Papa:» Che cosa bella addormentarsi davanti al Signore, a me succede: è cosa bella, non è peccato». Per la «docilità allo Spirito», è necessario «lo zelo apostolico», ha raccomandato Francesco soffermandosi sui «quattro pilastri» ugualmente necessari e importanti per la formazione del seminarista: «La vita spirituale e la preghiera; la vita comunitaria; la vita di studio; la vita apostolica». «Dobbiamo studiare», l’esortazione del Papa: «Il mondo non tollera la figuraccia di un prete che non capisca, che non abbia un fondamento». Per finire, l’«icona» che «ho visto da ragazzo tante volte»: «Il telefono sul comodino del parroco». «Questi parroci bravi», ha raccontato Francesco, «che si alzavano a qualsiasi ora della notte per andare da un malato, a dare i sacramenti. Questo è zelo apostolico: sciogliersi la vita in servizio degli altri. Alla fine cosa ti resta? La gioia del servizio del Signore».

«La regola dello scandalo ha la quota alta nella borsa dei media», ha detto ancora a braccio il Papa, nel discorso alla Comunità del Pontificio Seminario Regionale Pugliese Pio XI, in cui ha ricordato che «un sacerdote che non è un padre, non serve» e si è soffermato sull’essenzialità della «paternità» per la vocazione sacerdotale, esortando i seminaristi a diventare «padri nella loro comunità». «In Italia avete il vantaggio di avere una storia di parroci bravi», ha sottolineato, «che vi danno coraggio ad andare avanti nella fede». Poi l’invito a guardare ai vescovi, «padri» dei sacerdoti, testimonianza che «la mia salvezza non è cominciata con me: la Chiesa ha una lunga tradizione di sacerdoti bravi – e non finirà con me». Di qui l’importanza di «lasciare un’eredità»: «Padri che ricevono eredità dagli altri e la danno agli altri, è bello essere preti così!», ha esclamato Francesco, che ha citato un «bravo parroco» di una piccola comunità, che diceva: «Io conosco il nome di ogni persona, anche dei cani». «Vicinanza», dunque, è l’altra parola-chiave: «Non si può essere sacerdoti con la distanza dal popolo. Un sacerdote che si distacca dal popolo non è capace di dare il messaggio di Gesù, le carezze di Gesù alla gente, di mettere un piede perché non si spalanchino le porte». «Vicinanza alla gente», ha spiegato il Papa, «significa bruciare la vita, perché il santo popolo di Dio stanca». «Ma che bella cosa un sacerdote che finisce la giornata stanco e che non ha bisogno di pasticche per dormire!», ha detto Francesco.

Appartenere «significa anche saper entrare in relazione. Occorre prepararsi ad essere anzitutto uomini di relazione. Con Cristo, con i fratelli con cui condividiamo il ministero e la fede, con tutte le persone che incontriamo nella vita. E a saper vivere bene le relazioni si inizia in seminario! Non si può pensare di camminare verso il sacerdozio senza avere preso questa decisione nel cuore: voglio essere un uomo di relazione. Sia questa la prima attenzione in questi anni, la prima meta formativa». È un passaggio del discorso consegnato dal Papa alla Comunità del Pontificio Seminario Regionale Pugliese «Pio XI» ricevuta in udienza nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. Francesco, infatti, si è rivolto ai presenti un discorso a braccio, dando per letto il testo preparato in precedenza. «Posso verificare realmente, man mano che passano gli anni e l’ordinazione si avvicina, se sto progredendo su questa dimensione: se la mia capacità relazionale sta crescendo, sta maturando. La costruzione della comunità, che un giorno dovrete guidare come sacerdoti, inizia nella vita di tutti i giorni in seminario, sia tra di voi, sia con le persone che incontrate nel vostro cammino. Non sentitevi diversi dai vostri coetanei – ha aggiunto il Santo Padre -, non ritenete di essere migliori degli altri giovani, imparate a stare con tutti, non abbiate paura di sporcarvi le mani. Se domani sarete preti che vivono in mezzo al popolo santo di Dio, oggi iniziate ad essere giovani che sanno stare con tutti, che sanno imparare qualcosa da ogni persona che incontrano, con umiltà e intelligenza. E alla base di tutte le relazioni ci sia la relazione con Cristo: man mano che lo conoscete, che lo ascoltate, che vi legate a Lui nella fiducia e nell’amore, fate vostro il suo amore, mettetelo nei rapporti con gli altri, diventate «canali» del suo amore attraverso la vostra maturità relazionale. Il luogo in cui cresce la relazione con Cristo è la preghiera, e il frutto più maturo della preghiera è sempre la carità».