Vita Chiesa

Papa Francesco dialoga con i ragazzi di «Scholas Occurrentes». Ricostruire «patto educativo»

Parlando con Pedro, dodicenne senza un braccio, che ha detto di amare il gioco del calcio perché gli permette di stare con gli amici, il Pontefice ha sottolineato che il ragazzo ha offerto «una lezione perché quello che importa non è vincere, ma giocare e stare vicino agli amici».

Ad Alicia, 16 anni, il Santo Padre ha confessato: «Ti devo dire la verità? Non sono per niente capace con le macchine, non sono capace di usare il computer. Che vergogna, è vero?». A un ragazzo che gli ha chiesto cosa bisogna fare quando si presenta un problema, Francesco ha spiegato: «Non bisogna arrabbiarsi, ma rimanere tranquilli e, poi, cercare il modo di superare la difficoltà. E se non posso superarla, cercare di tollerarla finché non ho la possibilità di superarla. Non bisogna mai spaventarsi delle difficoltà. Siamo capaci di superare ogni difficoltà. Abbiamo solo bisogno di tempo per capire, l’intelligenza di cercare la via giusta e il coraggio per andare avanti».

A un ragazzino indiano, il Papa ha evidenziato che la scuola può aiutare «costruendo ponti: quando voi comunicate date il vostro meglio e lo ricevete anche dagli altri. Quando non comunichiamo, rimaniamo soli con i nostri limiti e questo ci fa male. La cosa più importante è la comunicazione, il dare e il ricevere. E questo ci fa bene e non siamo mai soli».

Dopo l’intervento di tutti i ragazzi, il Pontefice ha rivolto un pensiero: «Tutti voi avete come un baule e dentro c’è un tesoro. Il vostro lavoro è aprire questa cassa e tirare fuori il tesoro, farlo crescere e darlo agli altri e ricevere dagli altri il loro tesoro. Ognuno di noi ha un tesoro dentro di lui. Se lo teniamo chiuso, non va bene; se lo condividiamo con gli altri, il tesoro si moltiplica e si unisce al tesoro che viene dagli altri».

Di qui l’invito: «Non dovete nascondere il tesoro che ognuno di voi ha. Qualche volta si trova subito, altre volte bisogna fare come il gioco della caccia al tesoro, ma una volta che l’avete trovato dovete condividerlo». Il Pontefice ha invitato i ragazzi ad andare avanti: «Quello che voi fate aiuta anche tutti gli altri a capire che la vita è un bel tesoro, che ha senso però solo se lo diamo». C’è stato poi un collegamento con il Mozambico dove è stato avviato un centro di accesso alla tecnologia e alla conoscenza, a cui è seguita la lettura del Manifesto sulla responsabilità sociale ed educativa.

«Una cosa che mi preoccupa molto è quella dell’armonia che non è semplicemente raggiungere dei compromessi e delle intese parziali. L’armonia  è, in un certo senso, creare una comprensione delle differenze, accettarle e fare in modo che si armonizzino», ha detto Papa Francesco, parlando a braccio. Se è vero che «non cambieremo il mondo se non cambieremo l’educazione», c’è oggi una difficoltà: «Il patto educativo tra famiglia, scuola, patria, cultura si è spezzato». La conseguenza è che «la società, la famiglia e le varie istituzioni delegano l’educazione ai docenti, di solito malpagati, che portano sulle spalle questa responsabilità. Se non hanno successo si recrimina contro di loro, ma nessuno rimprovera le varie istituzioni che hanno delegato il patto educativo». Il Pontefice ha reso, perciò, «omaggio ai docenti, che si sono trovati con questa patata bollente tra le mani e hanno avuto il coraggio di andare avanti». Scholas, ha spiegato il Santo Padre, «cerca di reintegrare gli sforzi di tutti per l’istruzione e rifare armonicamente il patto educativo. Solo se tutti i responsabili dell’educazione dei nostri giovani si armonizzano, allora l’istruzione potrà cambiare». Per questo, «Scholas cerca la cultura, lo sport, la scienza, cerca di costruire ponti».

Scholas «cerca di armonizzare la stessa educazione del ragazzo», armonizzando «il linguaggio della testa con quello del cuore e delle mani». Per Francesco, «ognuno dei popoli che fa parte di Scholas deve cercare nella propria tradizione storica e popolare quelle cose che sono culturalmente fondative rispetto alla patria». Ad esempio, «la cultura italiana non può rinnegare Dante Alighieri», come «quella argentina non può rinnegare il Martin Fierro, il nostro poema fondamentale». Quindi, occorre «tornare agli elementi» alla base «della cultura nazionale», «recuperare quello che è più nostro per condividerlo con gli altri e armonizzarlo nel suo insieme: questo è ciò che la cultura deve fare». Inoltre, «occorre cercare gli elementi fondativi della persona, la capacità creativa del gioco». Bisogna, dunque, «riscoprire il gioco come percorso educativo». L’educazione «non è solo informazione, ma creatività nel gioco. Questa dimensione ludica che ci fa crescere nella creatività e nel lavoro insieme». Infine, «cercare in ciascuno di noi la bellezza che ci fonda, con la nostra arte, musica, pittura, cultura, letteratura» perché «non possiamo creare l’armonia del sistema educativo se non abbiamo la percezione della bellezza». Per il Pontefice è necessario un «lavoro congiunto e la vigilanza di ognuno» per «ricostruire e armonizzare il patto educativo», a vantaggio dei bambini, che «sono il nostro futuro».