Vita Chiesa

Papa Francesco, dieci anni di magistero sociale: la relazione di Baturi, segretario Cei

“La Chiesa non dà indicazioni socio-politiche specifiche, affidate alla responsabilità dei dirigenti politici e sociali. Tuttavia, nel corso dei secoli, e alla luce del Vangelo, la Chiesa ha sviluppato alcuni principi sociali che sono fondamentali per preparare il futuro di cui abbiamo bisogno: il principio della dignità della persona, il principio del bene comune, il principio dell’opzione preferenziale per i poveri, il principio della destinazione universale dei beni, il principio della solidarietà, della sussidiarietà, il principio della cura per la nostra casa comune. Tutti questi principi esprimono, in modi diversi, le virtù della fede, della speranza e dell’amore, che non sono sentimenti ma atteggiamenti”. Lo ha detto mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, partecipando alla conferenza “2013-2023: Dieci anni di magistero sociale di Papa Francesco” che si è tenuta al Centro convegni Carlo Azeglio Ciampi della Banca d’Italia per iniziativa dell’Ente nazionale per il microcredito. “Lo sguardo contemplativo guarda nel profondo e spinge in avanti. Il Papa ha parlato di questo sguardo contemplativo a proposito della crisi ambientale e poi ancora a proposito della guarigione del mondo in seguito alla crisi pandemica. Abbiamo vissuto, e in qualche misura viviamo ancora – ha aggiunto Baturi -, momenti straordinariamente gravi per la tenuta della nostra convivenza. La pandemia ha messo in rilievo e aggravato tanti problemi sociali, smascherando vulnerabilità fisiche, sociali e spirituali e grandi disuguaglianze che segnano il mondo: di opportunità, di beni, di accesso alla sanità, alla tecnologia, all’educazione”. “Le crisi non generano automaticamente una rinascita di popoli e civiltà, perché la forma e la qualità del futuro dipendono da noi, dalle lezioni che sappiamo trarre e dalle conseguenti scelte comportamentali che sapremo compiere. La storia insegna che siamo stati capaci di concepire progetti di cambiamento e visioni grandi, e di impegnarci per la loro realizzazione durante o all’indomani di grandi tragedie. Dipende da noi”. Così mons. Giuseppe Baturi.

“Fin dalla sua prima epoca, la Chiesa ha praticato le opere di misericordia come espressione dell’amore alla vita di ogni persona nella sua integrità, unicità e irripetibilità. Dall’amore all’uomo deriva l’etica del prendersi cura, per farsi carico delle ferite nel corpo e dell’inesauribile domanda di senso. Prendendoci cura degli altri e del mondo – ha precisato il segretario generale – possiamo riconoscere con più facilità il nostro valore unico e irripetibile”. In tal senso, “la cultura della cura promuove la partecipazione delle comunità al bene comune, nei processi di costruzione e guarigione della società”: “Un popolo che si prende cura delle persone e della convivenza, che sviluppa una logica di libertà, di promozione della responsabilità degli uomini e delle comunità, è un popolo che ama la pace come condizione imprescindibile del ben-essere dell’uomo e la persegue concretamente. Per affermare la dignità della persona umana bisogna promuovere l’azione solidale della famiglia, dei gruppi, delle associazioni, del volontariato, delle realtà territoriali, delle parrocchie, in breve di tutte le espressioni comunitarie alle quali le persone danno spontaneamente vita o alle quali liberamente partecipano”.