Vita Chiesa

Papa Francesco in Sri Lanka: San Giuseppe Vaz «Ci insegna ad uscire verso le periferie»

Alla celebrazione hanno partecipato circa 500mila fedeli. Un lungo applauso è seguito alla lettura della formula con cui il Papa ha proclamato il nuovo santo, nato in India da famiglia portoghese e approdato nello Sri Lanka per sostenere i cattolici durante la persecuzione ad opera dei calvinisti olandesi. «In san Giuseppe vediamo un segno eloquente della bontà e dell’amore di Dio per il popolo dello Sri Lanka. Ma in lui vediamo anche uno stimolo a perseverare nella via del Vangelo, a crescere noi stessi in santità, e a testimoniare il messaggio evangelico di riconciliazione al quale egli ha dedicato la sua vita», ha affermato il Pontefice. «Sacerdote Oratoriano, dalla sua natia Goa, san Giuseppe Vaz arrivò in questo Paese, ispirato da zelo missionario e da un grande amore per queste popolazioni», ha ricordato.

«A causa della persecuzione religiosa in atto, si vestiva come un mendicante, adempiva ai suoi doveri sacerdotali incontrando in segreto i fedeli, spesso di notte. I suoi sforzi hanno dato forza spirituale e morale alla popolazione cattolica assediata», ha sostenuto il Papa. «Egli ebbe un particolare desiderio di servire i malati e i sofferenti. Il suo ministero con gli infermi, durante un’epidemia di vaiolo a Kandy, fu così apprezzato dal re, che gli fu concessa maggiore libertà di esercitare il ministero stesso. Da Kandy poté raggiungere altre zone dell’isola. Si consumò nel lavoro missionario e morì, esausto, all’età di 59 anni, venerato per la sua santità», ha sottolineato il Santo Padre. Oggi «San Giuseppe Vaz continua a essere un esempio e un maestro per molte ragioni»: Francesco ne ha focalizzate tre. Innanzitutto, «egli fu un sacerdote esemplare. Qui oggi con noi ci sono molti sacerdoti, religiosi e religiose, i quali, come Giuseppe Vaz, sono consacrati al servizio del Vangelo di Dio e al prossimo. Incoraggio ognuno di voi a guardare a san Giuseppe come a una guida sicura. Egli ci insegna ad uscire verso le periferie, per far sì che Gesù Cristo sia conosciuto e amato ovunque». Egli è «anche esempio di paziente sofferenza per la causa del Vangelo, di obbedienza ai superiori, di amorevole cura per la Chiesa di Dio».

«Come noi – ha evidenziato il Papa -, egli è vissuto in un periodo di rapida e profonda trasformazione; i cattolici erano una minoranza e spesso divisa all’interno; si verificavano ostilità, perfino persecuzioni, all’esterno». Ciò nonostante, «poiché egli fu costantemente unito nella preghiera al Signore crocifisso, fu in grado di diventare per tutta la popolazione un’icona vivente dell’amore misericordioso e riconciliante di Dio». In secondo luogo, «san Giuseppe ci ha mostrato l’importanza di superare le divisioni religiose nel servizio della pace. Il suo indiviso amore per Dio lo ha aperto all’amore per il prossimo; egli ha dedicato il suo ministero ai bisognosi, chiunque e dovunque essi fossero. Il suo esempio continua oggi ad ispirare la Chiesa in Sri Lanka». Essa «volentieri e generosamente serve tutti i membri della società. Non fa distinzione di razza, credo, appartenenza tribale, condizione sociale o religione nel servizio che provvede attraverso le sue scuole, ospedali, cliniche e molte altre opere di carità. Essa non chiede altro che la libertà di portare avanti la sua missione».

«La libertà religiosa è un diritto umano fondamentale. Ogni individuo dev’essere libero, da solo o associato ad altri, di cercare la verità, di esprimere apertamente le sue convinzioni religiose, libero da intimidazioni e da costrizioni esterne», ha detto il Pontefice. «Come ci insegna la vita di Giuseppe Vaz – ha sostenuto il Santo Padre – l’autentica adorazione di Dio porta non alla discriminazione, all’odio e alla violenza, ma al rispetto per la sacralità della vita, al rispetto per la dignità e la libertà degli altri e all’amorevole impegno per il benessere di tutti». Infine, ha fatto notare Francesco, «san Giuseppe ci offre un esempio di zelo missionario. Nonostante fosse giunto a Ceylon per soccorrere e sostenere la comunità cattolica, nella sua carità evangelica egli arrivò a tutti. Lasciandosi dietro la sua casa, la sua famiglia, il conforto dei suoi luoghi familiari, egli rispose alla chiamata di partire, di parlare di Cristo dovunque si recasse». Insomma, «san Giuseppe sapeva come offrire la verità e la bellezza del Vangelo in un contesto multi-religioso, con rispetto, dedizione, perseveranza e umiltà».

Quella indicata dal nuovo Santo con la sua stessa vita «è la strada anche per i seguaci di Gesù oggi. Siamo chiamati ad ‘uscire’ con lo stesso zelo, con lo stesso coraggio di san Giuseppe – ha avvertito il Papa -, ma anche con la sua sensibilità, con il suo rispetto per gli altri, con il suo desiderio di condividere con loro quella parola di grazia che ha il potere di edificarli. Siamo chiamati ad essere discepoli missionari». Il Pontefice ha quindi detto di pregare che, «seguendo l’esempio di san Giuseppe Vaz, i cristiani di questo Paese possano essere confermati nella fede e dare un contributo ancora maggiore alla pace, alla giustizia e alla riconciliazione nella società srilankese». Questo, ha chiarito, «è quanto Cristo si aspetta da voi. Questo è quanto san Giuseppe vi insegna. Questo è quanto la Chiesa vi chiede. Vi affido tutti alle preghiere del nostro nuovo Santo, affinché, in unione con tutta la Chiesa sparsa per il mondo, voi possiate cantare un canto nuovo al Signore e proclamare la sua gloria fino ai confini della terra. Perché grande è il Signore e degno di ogni lode!».

Al termine della Messa, il cardinale Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, arcivescovo di Colombo ha consegnato al Santo Padre per le sue opere di carità un assegno di 70mila dollari, frutto della colletta dei fedeli.