Vita Chiesa

Papa Francesco: «la pietà popolare è il sistema immunitario della Chiesa»

«Quanto abbiamo bisogno dei Santuari nel cammino quotidiano che la Chiesa compie!», ha proseguito Francesco, secondo il quale i santuari «sono il luogo dove il nostro popolo più volentieri si raccoglie per esprimere la propria fede nella semplicità, e secondo le varie tradizioni che sono state apprese fin dall’infanzia». «Per molti versi, i nostri Santuari sono insostituibili perché mantengono viva la pietà popolare, arricchendola di una formazione catechetica che sostiene e rafforza la fede e alimentando al tempo stesso la testimonianza della carità», la tesi del Papa. «Questo è molto importante», ha aggiunto a braccio: «Mantenere viva la pietà popolare e non dimenticare quel gioiello che è il numero 48 dell’Evangelii nuntiandi, dove san Paolo VI ha cambiato il nome: da ‘religiosità popolare’ a ‘pietà popolare’».

Sulla centralità dei santuari il Papa è tornato anche al termine del discorso, ancora una volta a braccio. «Il santuario è un posto dell’incontro, non solo col pellegrino con Dio, ma anche di noi pastori con il nostro popolo», ha fatto notare: «Il sacerdote va al santuario per incontrare il suo popolo: capire il popolo di Dio, senza pregiudizi, con quel fiuto della fede, con quella ‘infallibilità in credendo’ di cui parla il n. 12 della Lumen gentium. Questo incontro è fondamentale: se il pastore nel santuario non riesce a incontrare il popolo di Dio, meglio che il vescovo gli dia un’altra missione, perché non è adatto per quello, soffrirà tanto e farà soffrire il popolo».

Poi il Papa ha citato un aneddoto su «un professore di letteratura, gesuita, che aveva tanta genialità, tutta la vita è stato un professore di letteratura ad alto livello. Poi è andato in pensione e ha chiesto al provinciale di fare qualcosa di pastorale in un quartiere povero, di avere contatto con il popolo, con la gente. Gli affidarono un quartiere di gente pietosa ma molto povera, che andava ai santuari». Due le cose che il professore in pensione ha imparato, ha riferito il Papa: «Il santo popolo fedele di Dio è ontologicamente ‘olimpico’, vuol dire fa quello che vuole, e metafisicamente ‘artante’: stufa, stanca il popolo di Dio. Aveva capito che il popolo di Dio stanca».

«È brutto trovare la porta chiusa». «È triste quando succede che, al loro arrivo, non c’è nessuno che dia ad essi una parola di benvenuto e li accolga come pellegrini che hanno compiuto un viaggio, spesso lungo, per raggiungere il Santuario. Più brutto ancora quando trovano chiusa la porta». Nel suo discorso il Papa ha citato, in primo luogo, l’importanza dell’accoglienza da riservare ai pellegrini. «Non può accadere che si ponga maggior attenzione alle esigenze materiali e finanziarie, dimenticando che la realtà più importante sono i pellegrini», il monito: «Loro sono quelli che contano. Verso ognuno di loro dobbiamo avere l’attenzione di fare in modo che si senta ‘a casa’, come un famigliare atteso da tanto tempo che finalmente è arrivato. Bisogna considerare anche che molte persone visitano il santuario perché appartiene alla tradizione locale; a volte perché le sue opere d’arte costituiscono un’attrazione; oppure perché è situato in un ambiente naturale di grande bellezza e suggestione. Queste persone, quando sono accolte, diventano più disponibili ad aprire il loro cuore e a lasciarlo plasmare dalla grazia. Un clima di amicizia è un seme fecondo che i nostri Santuari possono gettare nel terreno dei pellegrini, permettendo loro di ritrovare quella fiducia nella Chiesa che a volte può essere stata delusa da un’indifferenza ricevuta». Santuari, inoltre, come luogo per «favorire la preghiera della Chiesa, che con la celebrazione dei sacramenti rende presente ed efficace la salvezza» e per «alimentare la preghiera del singolo pellegrino nel silenzio del suo cuore». «Con le parole del cuore, con il silenzio, con le sue formule imparate a memoria da bambino, con i suoi gesti di pietà, ognuno deve poter essere aiutato ad esprimere la sua preghiera personale».

«Nessuno nei nostri santuari dovrebbe sentirsi un estraneo, soprattutto quando vi giunge con il peso del proprio peccato», la raccomandazione del Papa, secondo il quale il santuario «è luogo privilegiato per sperimentare la misericordia che non conosce confini». «Questo è uno dei motivi che mi ha spinto a volere la Porta della misericordia» anche nei Santuari durante il Giubileo, ha spiegato a proposito della misericordia, che, «quando è vissuta, diventa una forma di evangelizzazione reale, perché trasforma quanti ricevono misericordia in testimoni di misericordia». «Il sacramento della Riconciliazione, che così spesso viene celebrato nei santuari, ha bisogno di sacerdoti ben formati, santi, misericordiosi e capaci di far gustare il vero incontro con il Signore che perdona», le indicazioni di Francesco, che ha auspicato che soprattutto nei santuari non venga mai a mancare la figura del «Missionario della Misericordia».