Vita Chiesa

Papa Francesco: nuovo processo matrimoniale espressione di una Chiesa che è in grado di accogliere e curare chi è ferito

Il Papa ha sottolineato come «è necessario riservare grande attenzione e adeguata analisi ai due recenti Motu proprio ‘Mitis Iudex Dominus Iesus’ e ‘Mitis et misericors Iesus’, al fine di applicare le nuove procedure che essi stabiliscono». Francesco ha poi richiamato quanto fatto nel Sinodo che «aveva la finalità di promuovere e difendere la famiglia e il matrimoni cristiano per il maggior bene dei coniugi fedeli al patto celebrato in Cristo». «Doveva anche studiare – ha proseguito – la situazione e lo sviluppo della famiglia nel mondo di oggi, la preparazione al matrimonio, i modi per soccorrere quanti soffrono a causa del fallimento del loro matrimonio, l’educazione dei figli, e altre tematiche».

«Ritornando nelle vostre comunità, – l’invito di Francesco – sforzatevi di essere missionari e testimoni dello spirito sinodale che è all’origine di esse, come anche della consolazione pastorale che è il fine di questa nuova normativa matrimoniale, per corroborare la fede del popolo santo di Dio mediante la carità». «Lo spirito sinodale e la consolazione pastorale – ha continuato – diventino forma del vostro agire nella Chiesa, specialmente in quell’ambito così delicato che è quello della famiglia alla ricerca della verità sullo stato coniugale dei coniugi». Con questo atteggiamento – ha auspicato il Papa – ognuno di voi sia leale collaboratore del proprio Vescovo, al quale le nuove norme riconoscono un ruolo determinante, soprattutto nel processo breve, in quanto egli è il ‘giudice nato’ della Chiesa particolare».

«Il nuovo processo matrimoniale è espressione della Chiesa che è in grado di accogliere e curare chi è ferito in vario modo dalla vita e, al tempo stesso, è richiamo all’impegno per la difesa della sacralità del vincolo matrimoniale», ha chiarito Papa Francesco. In questa occasione il Papa ha voluto rendere pubbliche alcune precisazioni relative ai due Motu proprio «Mitis Iudex Dominus Iesus» e «Mitis et misericors Iesus», in particolare sulla figura del vescovo che «è competente esclusivo nelle tre fasi del processo breviore» poiché «l’istanza va sempre indirizzata al vescovo diocesano»; «l’istruttoria, come ho già affermato nel discorso del 12 marzo dello scorso anno al Corso presso la Rota Romana, il vescovo la conduca ‘sempre coadiuvato dal vicario giudiziale o da altro istruttore, anche laico, dall’assessore, e sempre presente il difensore del vincolo’. Se il Vescovo fosse sprovvisto di chierici o laici canonisti, la carità, che distingue l’ufficio episcopale, di un vescovo viciniore potrà soccorrerlo per il tempo necessario. Inoltre ricordo che il processo breviore deve chiudersi abitualmente in una sola sessione, richiedendosi come condizione imprescindibile l’assoluta evidenza dei fatti comprobanti la presunta nullità del coniugio, oltre al consenso dei due sposi»; infine «la decisione da pronunciare coram Domino, è sempre e solo del Vescovo diocesano». Il Papa precisa poi che «affidare l’intero processo breviore al tribunale interdiocesano (sia del viciniore che di più diocesi) porterebbe a snaturare e ridurre la figura del vescovo padre, capo e giudice dei suoi fedeli a mero firmatario della sentenza».

Inoltre, «la misericordia, uno dei criteri fondamentali che assicurano la salus, richiede che il vescovo diocesano attui quanto prima il processo breviorebreviore, del metropolita o del vescovo indicato nel nuovo can. 1687, si precisa che la nuova legge ha conferito al Decano della Rota una potestas decidendi nuova e dunque costitutiva sul rigetto o l’ammissione dell’appello».