Vita Chiesa

Papa Francesco: parlare sempre dei propri dubbi con Gesù

La Cresima non è il momento dell’addio. «Non avere paura dei dubbi. Dubito, ma questo dubbio posso condividerlo con gli altri, discutere e così crescere».  Lo ha detto Papa Francesco, parlando a braccio, con i giovani della parrocchia di San Giulio, a Roma, dove si è recato in visita ieri pomeriggio. Rispondendo a una ragazza di nome Eleonora, il pontefice ha raccontato «parecchie volte» di aver dato «da mangiare ai poveri». C’è poi – ha osservato il Papa – chi «non ha da mangiare anche da grande, bambini come te, per esempio non hanno da mangiare perché il papà non ha il lavoro, e allora si fa la fame in quella casa. Tutti noi dovremmo fare sempre questo gesto di dare da mangiare agli altri come Dio dà da mangiare a noi».

Poi, la domanda di Carlotta sul rapporto con Dio. «Tutti gli uomini, tutte le donne, tutti i bambini in un certo momento hanno dei dubbi, fa parte della vita dubitare – è la risposta di Francesco -. E dubitare è anche un po’ mettere alla prova Dio», ha spiegato il Papa. Che ha indicato anche la via da seguire. «In quel momento dobbiamo scommettere su una cosa: sulla fedeltà di Gesù. Gesù è fedele, è l’unico totalmente fedele. Noi siamo fedeli agli amici, ma a volte non siamo fedeli fra noi. Gesù invece sempre». Il pontefice la indica come «una fedeltà che non delude mai, prima o dopo il Signore si fa sentire».

Quindi, l’incoraggiamento a «dubitare bene», a «cercare risposte forti, vere ai dubbi», perché i giovani «se non imparano a dubitare faranno della Cresima quello dicono alcuni romani: il ‘sacramento dell’addio’». «Dopo la Cresima, tanti auguri e non ci vediamo più… E se ne vanno, perché non sanno come gestire i dubbi». Francesco ha ammesso, infine, di aver avuto anche lui «tanti dubbi» «davanti alle calamità, ma anche alle cose che mi erano successe, nella mia vita». E ha affermato che «non sono uscito da solo, non si può mai uscire da soli dal dubbio». «Ci aiuta anche parlare dei dubbi con i genitori o con gli amici o con un catechista… ma sempre parlare con un altro. E poi parlare dei dubbi con Gesù».

Agli ammalati: «tutti abbiamo il ‘telefonino’ di Gesù e tutti possiamo ‘connetterci’ con lui, lì c’è sempre campo». «Non ho il telefonino di Pietro, ma cerco di fare quello che Gesù ha chiesto a Pietro, di ‘confermare’: confermare i fratelli nella fede, nella speranza, nella carità», ha detto Papa Francesco, parlando a braccio, durante l’incontro con gli ammalati e gli anziani della parrocchia di San Giulio, a Roma. Il pontefice si riferiva alle parole riferitegli da un ragazzo che gli ha chiesto se avesse «il numero di telefono di Pietro». Il Papa ha detto poi di essere venuto a «dirvi che, sì, c’è la vecchiaia, ci sono le malattie, ci sono tanti problemi, ma c’è Gesù. E Gesù non delude mai, mai!». Francesco ha sottolineato che «tutte le lamentele che noi possiamo fare a Gesù, Lui le trasforma in preghiera e le presenta al Padre, perché Lui è passato per tutte queste cose prima di noi». Quindi, l’invito a «non dimenticare Gesù». «Le altre cose senza Gesù non servono, non vanno avanti». Chiarendo «come trovare Gesù», il Papa ha affermato che «Lui ci ascolta, Lui ci vede, Lui ci ama». «Parlare semplicemente con le nostre parole, e anche lamentarsi: ‘Eh sì, ma Signore, è troppo, è troppo, è troppo…’. Sì, dillo – è il suo invito -, Lui capisce. Ma non dimenticatevi: Gesù, Gesù, Gesù. Io non ho il telefonino di Pietro, ma tutti noi abbiamo il ‘telefonino’ di Gesù, e tutti possiamo ‘connetterci’ con Gesù, e lì ‘c’è sempre campo’, sempre, sempre! Ci ascolta sempre, perché Lui è così, vicino a noi».

Al gruppo «Presepe vivente»: una settimana per fare il presepe nelle case. «Vi dirò una cosa che è una notizia in anteprima. Quest’anno faremo, con il dicastero della Nuova Evangelizzazione, una giornata, una settimana del presepe, per spingere a fare il presepe nelle case, nelle piazze. Questa è una notizia che vi daranno dal quel Dicastero». Questo l’annuncio del Papa, parlando a braccio, con il gruppo del presepe vivente, allestito negli ultimi anni a Porta Asinaria dalla parrocchia di San Giulio. «Io non sapevo di questo presepe vivente, però oggi – ha aggiunto il pontefice -, mentre avevo un po’ di tempo, ho preso alcuni libri che sono arrivati per vederlo, erano arrivati questa settimana, e c’era un piccolo libro che si chiama ‘Presepe, il Vangelo vivente’, fatto dal vescovo di Chieti, dove c’era la storia del presepe in napoletano: non si capisce, io non capisco niente, ma è bellissimo. Per caso adesso trovo questo, voi…». Così Francesco ha ribadito che «il presepe è il Vangelo vivente». «Pensate che san Francesco evangelizzava anche solo con questo: vedere Gesù, imitare Gesù, imitare la Madonna, imitare Giuseppe, imitare la semplicità dei pastori, non imitare Erode!… Andate avanti!». Infine, il Papa ha chiesto se «sono andati a Greccio». «Li invito ad andare. Tu – ha aggiunto rivolgendosi al parroco – organizza e poi ne parliamo. È un invito mio, li invito: che vadano».

Agli sposi: la guerra fredda del giorno dopo è il tarlo che incomincia a rovinare un matrimonio». «La preparazione al matrimonio non è fare 4 conferenze, tutte teoriche, no. E poi non va. La preparazione è un cammino, è un ‘catecumenato’». Lo ha detto Papa Francesco, parlando a braccio, con gli sposi novelli della parrocchia di San Giulio. «Quando gli adulti vogliono battezzarsi devono imparare la dottrina, devono fare un cammino con la comunità – ha ricordato il pontefice -. Il matrimonio è lo stesso, è un catecumenato. La preparazione previa non solo è conoscere qualcosa sul matrimonio ma è convivere con la comunità, è sentire esperienze di altre persone, condividere i dubbi». Nelle parole del Papa la certezza che «non finisce lì il catecumenato». «È molto importante che continui dopo le nozze e che accompagni i primi tempi, i primi anni di matrimonio. E mi piace vedere che qui si fa questo. È molto importante». Da Francesco due riflessioni. «La prima. Per la vita matrimoniale ci sono tre parole chiave: ‘posso?’, ‘grazie’, ‘scusa’». «‘Posso?’. Sempre chiedere permesso alla sposa o allo sposo, non essere invadente, siamo in due. Sì, quando ero solo facevo quello che volevo, ma adesso siete in due – ha aggiunto -. Sempre dire: ‘Posso?’, senza essere invadente». E poi «Grazie». «Noi dimentichiamo di dirci grazie. È tanto importante che dopo pranzo il marito ringrazi la moglie: ‘Era buono il pranzo’. E dopo anche la moglie il marito… ‘Grazie’. Sempre il grazie, grazie per i figli. E ‘scusa’. Avere l’umiltà di dire: sì, ho sbagliato, scusami. Punto, e finisce la storia. Se non c’è questa terza parola la storia continua ed è brutta». Infine, la seconda riflessione. «Nei matrimoni normali si litiga, si litiga. Non bisogna avere paura di litigare. Quando esplode ‘la bomba’ dico tre o quattro cose, volano anche i piatti, ma i piatti si comprano nuovi, non c’è problema… Ma c’è soltanto una cosa importante: non finire la giornata senza fare la pace». E il Papa ha spiegato «perché?». «Perché la guerra fredda del giorno dopo è molto pericolosa», ha aggiunto invitando a fare pace con una carezza. «Con questo si risparmiano tanti dolori». «Quella guerra fredda del giorno dopo che è il tarlo che incomincia a rovinare un matrimonio».

Ai volontari Caritas: «prendersi cura anche dei bisogni nascosti, non si fanno vedere per vergogna ma sono tanti». «Ci sono tre segnali che fanno vedere che una parrocchia va bene». Lo ha detto Papa Francesco, parlando a braccio, con i volontari della Caritas della parrocchia di San Giulio. Soffermandosi sul primo segnale, il pontefice ha spiegato che è la preghiera. «Quando la gente prega: una parrocchia che prega, la gente viene a pregare e anche a casa prega. Questo è il primo segnale. Vedere: qui si prega o non si prega? La preghiera perché trasforma tutto, tutto». Il secondo segnale indicato dal Papa è «la carità dei fatti». «Prendersi cura dei bisogni dei fratelli, delle sorelle, delle famiglie… Anche i bisogni nascosti, che non si fanno vedere per vergogna, ma ci sono, ce ne sono tanti… E sempre con quella carità operosa, una carità attiva, la carità del ‘sì’: ‘sì, io faccio questo’, del ‘sì’, attiva». Infine, il terzo è «la carità passiva». «Cosa vuol dire la carità passiva? Che vi amiate e non vi critichiate fra voi – ha spiegato il Papa -. È una malattia molto forte il pettegolezzo, e quando c’è pettegolezzo in una parrocchia, la parrocchia non va bene. È un vizio che entra, entra sottilmente: portare una notizia per sparlare degli altri… No, per favore questo non va».