Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: «Ci chiediamo mai se siamo molesti agli altri?»

«È facile puntare il dito contro i difetti e le mancanze altrui, ma dovremmo imparare a metterci nei panni degli altri», ha ammonito Francesco a proposito di «un’opera di misericordia che tutti conosciamo molto bene, ma che forse non mettiamo in pratica come dovremmo: sopportare pazientemente le persone moleste». «Siamo tutti molto bravi nell’identificare una presenza che può dare fastidio», l’analisi del Papa: «Succede quando incontriamo qualcuno per la strada, o quando riceviamo una telefonata… Subito pensiamo: ‘Per quanto tempo dovrò sentire le lamentele, le chiacchiere, le richieste o le vanterie di questa persona?’. Succede anche, a volte, che le persone fastidiose sono quelle più vicine a noi: tra i parenti c’è sempre qualcuno; sul posto di lavoro non mancano; e neppure nel tempo libero ne siamo esenti». «Che cosa dobbiamo fare con le persone moleste?», si è chiesto Francesco, ricordando a braccio che «anche noi tante volte siamo molesti agli altri». «Nella Bibbia – la risposta – vediamo che Dio stesso deve usare misericordia per sopportare le lamentele del suo popolo». Nel libro dell’Esodo, ad esempio, «il popolo risulta davvero insopportabile: prima piange perché è schiavo in Egitto, e Dio lo libera; poi, nel deserto, si lamenta perché non c’è da mangiare, e Dio manda le quaglie e la manna, ma nonostante questo le lamentele non cessano. Mosè faceva da mediatore tra Dio e il popolo, e anche lui qualche volta sarà risultato molesto per il Signore. Ma Dio ha avuto pazienza e così ha insegnato a Mosè e al popolo anche questa dimensione essenziale della fede».

«Quanta fatica fanno i catechisti!». «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Sono le parole pronunciate dalla madre di Giacomo e Giovanni, e rivolte a Gesù. «La mamma faceva la lobby per i suoi figli, è una mamma», il commento a braccio del Papa durante l’udienza. «Guardiamo soprattutto a Gesù: quanta pazienza ha dovuto avere nei tre anni della sua vita pubblica!», ha detto il Papa citando un esempio concreto, tratto dal Vangelo di Matteo, di come Gesù sapeva sopportare le persone moleste. «Anche da quella situazione Gesù prende spunto per dare un insegnamento fondamentale», ha spiegato Francesco: «il suo non è un regno di potere e gloria come quelli terreni, ma di servizio e donazione agli altri». «Gesù insegna ad andare sempre all’essenziale e a guardare più lontano per assumere con responsabilità la propria missione», ha fatto notare il Papa, che a questo proposito ha richiamato «altre due opere di misericordia spirituale: quella di ammonire i peccatori e quella di insegnare agli ignoranti». «Pensiamo al grande impegno che si può mettere quando aiutiamo le persone a crescere nella fede e nella vita», le parole di Francesco: «Penso, ad esempio, ai catechisti – tra i quali ci sono tante mamme e tante religiose – che dedicano tempo per insegnare ai ragazzi gli elementi basilari della fede. Quanta fatica, soprattutto quando i ragazzi preferirebbero giocare piuttosto che ascoltare il catechismo!».

«Insegnare a guardare all’essenziale, in un tempo di corto respiro». «Accompagnare nella ricerca dell’essenziale è bello e importante, perché ci fa condividere la gioia di gustare il senso della vita». Ne è convinto il Papa, che nella catechesi ha osservato come «spesso ci capita di incontrare persone che si soffermano su cose superficiali, effimere e banali; a volte perché non hanno incontrato qualcuno che le stimolasse a cercare qualcos’altro, ad apprezzare i veri tesori». «Insegnare a guardare all’essenziale è un aiuto determinante, specialmente in un tempo come il nostro che sembra aver perso l’orientamento e inseguire soddisfazioni di corto respiro», ha detto Francesco soffermandosi sul tema dell’educazione e sul ruolo essenziale dei catechisti, citati come esempio poco prima : «Insegnare a scoprire che cosa il Signore vuole da noi e come possiamo corrispondervi significa mettere sulla strada per crescere nella propria vocazione, la strada della vera gioia».

«Invidia, ambizione e adulazione tentazioni sempre in agguato». «Le parole di Gesù alla madre di Giacomo e Giovanni, e poi a tutto il gruppo dei discepoli, indicano la via per evitare di cadere nell’invidia, nell’ambizione e nell’adulazione, tentazioni che sono sempre in agguato anche tra noi cristiani», ha detto il Papa, nella parte finale della catechesi dell’udienza di oggi, l’ultima prima della chiusura del Giubileo. «L’esigenza di consigliare, ammonire e insegnare non ci deve far sentire superiori agli altri, ma ci obbliga anzitutto a rientrare in noi stessi per verificare se siamo coerenti con quanto chiediamo agli altri», ha ammonito Francesco, esortando i 22mila fedeli presenti in piazza S. Pietro a non dimenticare le parole di Gesù, riportate nel Vangelo di Luca: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?». «Lo Spirito Santo ci aiuti ad essere pazienti nel sopportare e umili e semplici nel consigliare», il congedo finale.

Appello perché i bambini siamo «sempre protetti». Prima dei saluti ai fedeli di lingua italiana che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì in piazza S. Pietro, il Papa ha lanciato un appello perché i bambini «non cadano mai in forme di schiavitù, reclutamento in gruppi armati e maltrattamenti». «Domenica prossima, 20 novembre, si celebrerà la Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza», ha esordito Francesco: «Faccio appello alla coscienza di tutti, istituzioni e famiglie, affinché i bambini siano sempre protetti e il loro benessere venga tutelato, perché non cadano mai in forme di schiavitù, reclutamento in gruppi armati e maltrattamenti», l’invito. «Auspico che la comunità internazionale possa vigilare sulla loro vita, garantendo ad ogni bambino e bambina il diritto alla scuola e all’educazione, perché la loro crescita sia serena e guardino con fiducia al futuro», ha concluso il Papa.

«Non dimentichiamo» i defunti e le vittime del terremoto. «Favorire l’inclusione sociale ed economica, specialmente delle fasce più deboli della popolazioni». È l’invito rivolto dal Papa, salutando la Federazione Maestri del lavoro, che ricorda il sessantesimo di fondazione. «Ricordiamo con particolare affetto le vittime del recente terremoto nel Centro Italia: preghiamo per loro e per i familiari e continuiamo ad essere solidali con quanti hanno subito dei danni», l’altro invito di Francesco, che al termine dell’udienza di oggi ha ricordato che «nel mese di novembre la liturgia ci invita alla preghiera per i defunti». «Non dimentichiamo quanti ci hanno voluto bene e ci hanno preceduto nella fede, come anche coloro dei quali nessuno si ricorda», la consegna di Francesco, secondo il quale «il suffragio nella celebrazione eucaristica è il migliore aiuto spirituale che noi possiamo offrire alle loro anime». «Nell’imminenza della fine del Giubileo straordinario – l’invito collettivo, rivolto anche, in diverse formulazioni, nei saluti ai fedeli delle altre lingue – ciascuno ricordi quanto è importante essere misericordiosi come il Padre e che l’amore verso i fratelli ci rende più umani e cristiani».