Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: Dio non vuole la condanna di nessuno

«Come si articola la realtà della misericordia con le esigenze della giustizia?», la domanda di Francesco: «Potrebbe sembrare che siano due realtà che si contraddicono», ma «in realtà non è così, perché è proprio la misericordia di Dio che porta a compimento la vera giustizia». «Ma di quale giustizia si tratta?», ha domandato ancora il Papa: «Se pensiamo all’amministrazione legale della giustizia, vediamo che chi si ritiene vittima di un sopruso si rivolge al giudice in tribunale e chiede che venga fatta giustizia. Si tratta di una giustizia retributiva, che infligge una pena al colpevole, secondo il principio che a ciascuno deve essere dato ciò che gli è dovuto».  Ma questa giustizia non basta, non è ancora «vera giustizia»: solo rispondendo al male con il bene «il male può essere veramente vinto».

La Bibbia, «come strada maestra da percorrere», ci presenta «un altro modo di fare giustizia», ha spiegato il Papa, precisando che «si tratta di un procedimento che evita il ricorso al tribunale e prevede che la vittima si rivolga direttamente al colpevole per invitarlo alla conversione, aiutandolo a capire che sta facendo il male, appellandosi alla sua coscienza». «In questo modo, finalmente ravveduto e riconoscendo il proprio torto, egli può aprirsi al perdono che la parte lesa gli sta offrendo», ha detto il Papa: «E questo è bello, la persuasione: e così il peccatore si apre al perdono che gli viene offerto», ha commentato a braccio. «È questo il modo di risolvere i contrasti all’interno delle famiglie, nelle relazioni tra sposi o tra genitori e figli, dove l’offeso ama il colpevole e desidera salvare la relazione che lo lega all’altro», ha spiegato.  «Certo, questo è un cammino difficile», ha ammesso il Papa: «Richiede che chi ha subìto il torto sia pronto a perdonare e desideri la salvezza e il bene di chi lo ha offeso. Ma solo così la giustizia può trionfare, perché, se il colpevole riconosce il male fatto e smette di farlo, ecco che il male non c’è più, e colui che era ingiusto diventa giusto, perché perdonato e aiutato a ritrovare la via del bene».

«Dio non vuole la condanna di nessuno, di nessuno!», ha esclamato, a braccio, il Papa, per spiegare l’ampiezza della portata della misericordia infinita di Dio, e il modo in cui «agisce nei confronti di noi peccatori». «Il Signore continuamente ci offre il suo perdono e ci aiuta ad accoglierlo e a prendere coscienza del nostro male per potercene liberare», ha affermato Francesco: «Perché Dio non vuole la nostra condanna, ma la nostra salvezza», ha spiegato. «Tutte le parole dei profeti sono un appello appassionato e pieno di amore che ricerca la nostra conversione», ha fatto notare il Papa, citando il profeta Ezechiele. «Forse che io ho piacere della morte del malvagio o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?». Poi il Papa ha preso in esame una possibile obiezione: «Ma, padre, la condanna di Pilato se la meritava, e anche Giuda… No, Dio voleva la salvezza di Pilato e anche di Giuda: vuole la salvezza di tutti. Lui, il Signore della misericordia, vuole salvare tutti. Il problema è lasciare che lui entri nel cuore».

«Il cuore di Dio» è «un cuore di Padre che ama e vuole che i suoi figli vivano nel bene e nella giustizia, e perciò vivano in pienezza e siano felici», ha quindi assicurato il Papa, che nella parte finale dell’udienza di oggi ha ricordato che quello di Dio è «un cuore di Padre che va al di là del nostro piccolo concetto di giustizia per aprirci agli orizzonti sconfinati della sua misericordia». «Non ci tratta secondo i nostri peccati  e non ci ripaga secondo le nostre colpe», ha aggiunto citando i salmi. «Di questa giustizia misericordiosa – ha ricordato Francesco – è stato portatore il Signore Gesù, che, durante la sua missione, con parole, opere, segni e miracoli, ha incessantemente mostrato il volto del Padre e offerto il suo perdono, appellandosi alla coscienza dei peccatori perché riconoscessero il loro bisogno di salvezza, il loro essere malati bisognosi del medico».  «In Gesù – ha proseguito – la misericordia di Dio si è fatta carne e la vera giustizia è giunta a compimento mostrando, nel perdono, la sua forza salvifica, capace di vincere il male, recuperandolo e trasformandolo in bene». «La giustizia di Dio è il suo perdono», ha detto il Papa: «E noi, come figli di questo Padre buono, siamo chiamati ad accogliere il perdono divino e perdonare a nostra volta i fratelli».

«E’ un cuore di padre che noi vogliamo incontrare quando andiamo nel confessionale». Ne è certo il Papa, che ha dedicato a questo tema, parlando fuori testo, la parte finale dell’udienza generale di oggi. «Forse ci dirà qualcosa per farci capire il male – ha proseguito – ma nel confessionale tutti andiamo a trovare un padre, un padre che ci aiuti a cambiare vita, un padre che ci dia la forza di andare avanti, un padre che ci perdoni in nome di Dio». «Per questo essere confessori – ha ammonito Francesco rivolgendosi a chi svolge questo ministero – è una responsabilità tanto grande: perché quel figlio, quella figlia che viene da te cerca di trovare un padre, e tu, prete, che sei nel confessionale sei al posto di Dio, che fa questo con la sua misericordia».

Il saluto ai circensi. Anche l’udienza di oggi, come è accaduto mercoledì scorso, si è conclusa con un saggio dell’abilità dei circensi, che hanno inscenato un breve spettacolo sul sagrato, davanti al Papa che subito dopo li ha ringraziati. Oggi è toccato agli artisti dell’American Circus, che vestiti dei colori statunitensi – bianco, rosso e blu – hanno prodotto uno spettacolo con giocolieri, acrobati e «ragazze pon pon». «Ripeto anche a voi quello che ho già detto una settimana fa», ha esordito il Papa nel suo ringraziamento improvvisato: «Voi fate bellezza, e la bellezza sempre ci avvicina a Dio. Vi ringrazio di questo». «Ma questo non si improvvisa», ha proseguito: «Dietro questo spettacolo di bellezza ci sono ore, ore e ore di allenamento, che danno fastidio». «L’allenamento fastidia», ha commentato Francesco con un neologismo: «San Paolo ci dice che per arrivare alla fine ci si deve allenare, allenare, allenare per vincere». Quello che fanno gli artisti del circo, per il Papa, «è un esempio per  tutti noi, perché la seduzione della vita facile, trovare un fine buono senza sforzo è una tentazione».

Il «grazie» per il presepe. «Vi rinnovo la mia riconoscenza per l’allestimento del Presepio che tanti pellegrini hanno potuto ammirare nelle scorse settimane in piazza San Pietro». Questo lo speciale saluto rivolto dal Papa ai fedeli dell’arcidiocesi di Trento, accompagnati dall’arcivescovo monsignor Luigi Bressan e dalle autorità della Provincia autonoma, che quest’anno hanno allestito il tradizionale presepe natalizio al centro della piazza, sotto l’obelisco. «Oggi è l’ultimo giorno», ha aggiunto Francesco a braccio alludendo al fatto che, come avviene di regola dopo la Festa della Candelora, il presepe viene rimosso, a chiusura del tempo liturgico del Natale. A tutti i fedeli di lingua italiana, il Papa ha augurato che «il passaggio attraverso la Porta Santa, fatto con fede, trasformi i cuori di ciascuno e li apra alla carità operosa verso i fratelli».

Oggi il Papa aveva fatto il suo ingresso alle 9.30 a bordo della «papamobile», con due ospiti di eccezione: una bambina con i capelli lunghi castano-biondi e un bambino, che si sono seduti dietro a Francesco, tutti e due sullo stesso lato della jeep. Il Papa li ha accolti sorridente e loro si sono dimostrati subito molto curiosi e divertiti di poter gustare un tragitto certamente non usuale, con un ospite davvero d’eccezione. Sullo sfondo, i fedeli che acclamavano il Papa a gran voce. Per prima cosa, lo «scambio dello zucchetto», poi la consueta teoria dei bimbi da baciare e accarezzare.