Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: La vita dei cristiani addormentati è una vita triste

Oltre 75mila fedeli, stando ai dati forniti dalla Prefettura della Casa Pontificia, hanno assistito oggi in piazza san Pietro all’udienza generale. Come di consueto, Papa Francesco è arrivato in piazza facendo un ampio giro, durato circa mezz’ora, sulla sua jeep bianca, acclamato dalla folla, che ha salutato con il sorriso e con ampi gesti benedicenti, spesso applaudendo a sua volta, rivolto ai fedeli. Molti i bambini che – come fa sempre prima della catechesi del mercoledì – ha accarezzato e baciato lungo il percorso: con uno di loro ha anche giocato con il ciuccio, facendo segno di volerselo tenere. Tra i fedeli italiani, il gruppo più numeroso – circa 5mila persone – proviene dalla diocesi di Napoli. Anche oggi, Papa Francesco ha «giocato» con il suo zucchetto bianco, levandoselo e rimettendoselo da solo.

Cristiani tristi. «La vita dei cristiani addormentati è una vita triste, non è una vita felice», ha detto il Papa, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi ha ricordato, a braccio, che «il cristiano deve essere felice», deve avere «la gioia di Cristo». Di qui il forte invito di Papa Francesco, salutato da un applauso della folla: «Non addormentarci!». Il punto di partenza della catechesi è stato il passo del Credo in cui professiamo che Gesù «di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti». «La storia umana ha inizio con la creazione dell’uomo e della donna a immagine e somiglianza di Dio e si chiude con il giudizio finale di Cristo», ma «spesso si dimenticano questi due poli della storia, e soprattutto la fede nel ritorno di Cristo e nel giudizio finale a volte non è così chiara e salda nel cuore dei cristiani», ha ammonito il Papa, ricordando che «Gesù, durante la vita pubblica, si è soffermato spesso sulla realtà della sua ultima venuta». Tre i testi evangelici scelti dal Papa dal Vangelo di Matteo: quello delle dieci vergini, quello dei talenti e quello del giudizio finale.

Questo è il tempo della vigilanza. C’è un «tempo intermedio» tra la prima venuta di Cristo e l’ultima, che «è proprio il tempo che stiamo vivendo», ha spiegato Papa Francesco riferendosi al contesto in cui si colloca la parabola delle dieci vergini, «dieci ragazze che aspettano l’arrivo dello Sposo, ma questi tarda ed esse si addormentano». «Lo Sposo è il Signore, e il tempo di attesa del suo arrivo è il tempo che egli ci dona, con misericordia e pazienza, prima della sua venuta finale», ha detto il Papa definendo questo tempo il «tempo della vigilanza», in cui «dobbiamo tenere accese le lampade della fede, della speranza e della carità, in cui tenere aperto il cuore al bene, alla bellezza e alla verità», tempo «da vivere secondo Dio, poiché non conosciamo né il giorno, né l’ora del ritorno di Cristo». «Quello che ci è chiesto – ha sintetizzato il Pontefice – è di essere preparati all’incontro, che significa saper vedere i segni della sua presenza, tenere viva la nostra fede, con la preghiera, con i Sacramenti, essere vigilanti per non addormentarci, per non dimenticarci di Dio».

Aprirsi agli altri. In tempo di «crisi», non bisogna «chiudersi in se stessi», ma «aprirsi» agli altri e alle loro necessità. È l’invito del Papa, che commentando la parabola dei talenti ha sottolineato che «l’attesa del ritorno del Signore è il tempo dell’azione, il tempo in cui mettere a frutto i doni di Dio non per noi stessi, ma per lui, per la Chiesa, per gli altri, il tempo in cui cercare sempre di far crescere il bene nel mondo». E in particolare oggi, «in questo periodo di crisi», per Papa Francesco «è importante non chiudersi in se stessi, sotterrando il proprio talento, ma aprirsi, essere solidali, essere attenti all’altro». Poi il Papa si è rivolto ai «molti giovani» presenti in piazza: «È vero questo, ci sono molti giovani, dove sono?», ha chiesto il Papa, e i giovani si sono fatti sentire con un applauso. «A voi, che siete all’inizio del cammino della vita, chiedo», le parole del Papa: «Avete pensato ai talenti che Dio vi ha dato? Avete pensato a come potete metterli a servizio degli altri? Non sotterrate i talenti! Scommettete su ideali grandi, quegli ideali che allargano il cuore, quegli ideali di servizio che renderanno fecondi i vostri talenti». «La vita non ci è data perché la conserviamo gelosamente per noi stessi, ma ci è data perché la doniamo», ha ammonito il Papa: «Cari giovani, abbiate un animo grande! Non abbiate paura di sognare cose grandi!».

Giudicati sulla carità. «Noi saremo giudicati da Dio sulla carità, su come lo avremo amato nei nostri fratelli, specialmente i più deboli e bisognosi». A ricordarlo è stato il Papa, che nella parte finale della catechesi dell’udienza generale di oggi si è soffermato sul giudizio finale, in cui «viene descritta la seconda venuta del Signore, quando giudicherà tutti gli esseri umani, vivi e morti». Alla destra, «sono posti coloro che hanno agito secondo la volontà di Dio, soccorrendo il prossimo affamato, assetato, straniero, nudo, malato, carcerato, seguendo così il Signore stesso» – ha detto il Papa citando a braccio i «tanti stranieri che sono qui in diocesi di Roma» e esortando a chiederci «cosa facciamo per loro» – mentre alla sinistra «vanno coloro che non hanno soccorso il prossimo». «Dobbiamo sempre tenere ben presente che noi siamo giustificati, siamo salvati per grazia, per un atto di amore gratuito di Dio che sempre ci precede», e che «da soli non possiamo fare nulla», perché «la fede è anzitutto un dono»: ma «per portare frutti, la grazia di Dio richiede sempre la nostra apertura a lui, la nostra risposta libera e concreta». «Cristo viene a portarci la misericordia di Dio che salva», mentre a noi – le parole del Papa – è chiesto di affidarci a lui, di corrispondere al dono del suo amore con una vita buona, fatta di azioni animate dalla fede e dalla carità».

Riconoscerlo nei poveri. «Guardare al giudizio finale non ci faccia mai paura, ci spinga piuttosto a vivere meglio il presente», l’invito finale del Papa, secondo il quale «Dio ci offre con misericordia e pazienza questo tempo affinché impariamo ogni giorno a riconoscerlo nei poveri e nei piccoli, ci adoperiamo per il bene e siamo vigilanti nella preghiera e nell’amore». «Il Signore, al termine della nostra esistenza e della storia, possa riconoscerci come servi buoni e fedeli», ha auspicato il Papa a conclusione della catechesi.

Appello per la Siria. Un doppio appello: per «una soluzione politica della crisi» in Siria e il per il ritorno nelle loro comunità dei due vescovi ortodossi rapiti nei giorni scorsi, e delle cui sorti non ci sono ancora notizie precise. A rivolgerlo è stato oggi Papa Francesco, prima dei saluti in lingua italiana che come di consueto concludono l’udienza del mercoledì. Il Papa ha rinnovato «l’invito rivolto nel giorno nella Pasqua affinché cessi lo spargimento di sangue in Siria», si provveda «all’assistenza umanitaria alla popolazione» e si lavori ad una «situazione politica della crisi». Quanto ai due vescovi rapiti, il Santo Padre ha auspicato che «ritornino presto nelle loro comunità», assicurando di pregare per questo obiettivo.