Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: «Nessuno può vivere senza amore»

«Nessuno di noi può vivere senza amore», l’esordio dell’udienza: «E una brutta schiavitù in cui possiamo cadere è quella di ritenere che l’amore vada meritato». «Forse buona parte dell’angoscia dell’uomo contemporaneo deriva da questo: credere che se non siamo forti, attraenti e belli, allora nessuno si occuperà di noi», l’analisi del Papa: «È la strada della meritocrazia, questa», ha aggiunto a braccio. «Tante persone oggi cercano una visibilità solo per colmare un vuoto interiore: come se fossimo persone eternamente bisognose di conferme», la denuncia. «Però, ve lo immaginate un mondo dove tutti mendicano motivi per suscitare l’attenzione altrui, e nessuno invece è disposto a voler bene gratuitamente a un’altra persona?», la provocazione. «Immaginate un mondo così, un mondo senza la gratuità del voler bene», l’invito a braccio: «Sembra un mondo umano, ma in realtà è un inferno». «Tanti narcisismi dell’uomo nascono da un sentimento di solitudine, anche di orfanezza», la tesi di Francesco, secondo il quale «dietro tanti comportamenti apparentemente inspiegabili si cela una domanda: possibile che io non meriti di essere chiamato per nome, cioè di essere amato? Perché l’amore sempre chiama per nome».

«Quando a non essere o non sentirsi amato è un adolescente, allora può nascere la violenza». Ne è convinto il Papa, secondo il quale «dietro tante forme di odio sociale e di teppismo c’è spesso un cuore che non è stato riconosciuto». «Non esistono bambini cattivi, come non esistono adolescenti del tutto malvagi, ma esistono persone infelici», ha ammonito Francesco durante l’udienza di oggi: «E che cosa può renderci felici se non l’esperienza dell’amore dato e ricevuto?». «La vita dell’essere umano è uno scambio di sguardi», ha affermato il Papa: «Qualcuno che guardandoci ci strappa il primo sorriso, e noi che gratuitamente sorridiamo a chi sta chiuso nella tristezza, e così gli apriamo una via di uscita». «Scambio di sguardi: guardare agli occhi, e si aprono le porte del cuore», il suggerimento a braccio.

«Dio ci ha voluto bene anche quando eravamo sbagliati», ha assicurato il Papa, che ha poi spiegato che «il primo passo che Dio compie verso di noi è quello di un amore anticipante e incondizionato». «Dio ama per primo», ha proseguito a braccio: «Dio non ci ama perché in noi c’è qualche ragione che suscita amore. Dio ci ama perché egli stesso è amore, e l’amore tende per sua natura a diffondersi, a donarsi. Dio non lega neppure la sua benevolenza alla nostra conversione: semmai questa è una conseguenza dell’amore di Dio». «San Paolo lo dice in maniera perfetta», ha spiegato Francesco citando la lettera ai Romani: «Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi». «Mentre eravamo ancora peccatori», ha sottolineato il Papa: «Un amore incondizionato», ha aggiunto fuori testo. «Eravamo lontani, come il figlio prodigo della parabola», ha commentato citando ancora una volta il Vangelo di Luca: «Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione…». «Per amore nostro Dio ha compiuto un esodo da sé stesso, per venirci a trovare in questa landa dove era insensato che lui transitasse», ha detto Francesco.

«Chi di noi ama in questa maniera, se non chi è padre o madre?», ha esclamato il Papa, a proposito del modo di amare di Dio. «Una mamma continua a voler bene a suo figlio anche quando questo figlio è in carcere», ha affermato Francesco, che poi ha proseguito a braccio raccontando un episodio avvenuto quando era arcivescovo di Buenos Aires: «Ma io ricordo tante mamme, facendo la fila per entrare in carcere nella mia diocesi di prima. Tante mamme, che non si vergognavano: il figlio era in carcere ma era il loro figlio, e soffrivano tante umiliazioni, tante umiliazioni nelle perquisizioni prima di entrare: ‘Ma è un mio figlio’. ‘Ma, signora, suo figlio è un delinquente!’. ‘È mio figlio’». «Soltanto questo amore di padre e di madre ci fa capire come è l’amore di Dio», il commento del Papa: «Una madre non chiede la cancellazione della giustizia umana, perché ogni errore esige una redenzione, però una madre non smette mai di soffrire per il proprio figlio. Lo ama anche quando è peccatore». «Dio fa la stessa cosa con noi: siamo i suoi figli amati!», ha esclamato Francesco: «Ma può essere che Dio abbia alcuni figli che non ami? No, tutti siamo figli amati di Dio», l’obiezione e la risposta a braccio. «Non c’è alcuna maledizione sulla nostra vita, ma solo una benevola parola di Dio, che ha tratto la nostra esistenza dal nulla», ha puntualizzato il Papa: «La verità di tutto è quella relazione di amore che lega il Padre con il Figlio mediante lo Spirito Santo, relazione in cui noi siamo accolti per grazia. In Lui, in Cristo Gesù, noi siamo stati voluti, amati, desiderati. C’è Qualcuno che ha impresso in noi una bellezza primordiale, che nessun peccato, nessuna scelta sbagliata potrà mai cancellare del tutto». «Noi siamo sempre, davanti agli occhi di Dio, piccole fontane fatte per zampillare acqua buona», l’immagine scelta da Francesco: «Lo disse Gesù alla donna samaritana: ‘L’acqua che io ti darò diventerà in te una sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna’».

«Per cambiare il cuore di una persona infelice, qual è la medicina? Qual è la medicina per cambiare il cuore di una persona che non è felice?», ha chiesto il Papa ai 12mila fedeli presenti in piazza, al termine della catechesi dell’udienza di oggi. «L’amore», la risposta in coro dalla folla. «Bravi tutti!», l’omaggio a braccio di Francesco. «E come si fa sentire alla persona che uno la ama?», ha proseguito il Papa nel suo dialogo: «Bisogna anzitutto abbracciarla. Farle sentire che è desiderata, che è importante, e smetterà di essere triste», la risposta. «Amore chiama amore, in modo più forte di quanto l’odio chiami la morte», ha spiegato Francesco: «Gesù non è morto e risorto per sé stesso, ma per noi, perché i nostri peccati siano perdonati. È dunque tempo di risurrezione per tutti: tempo di risollevare i poveri dallo scoraggiamento, soprattutto coloro che giacciono nel sepolcro da un tempo ben più lungo di tre giorni. Soffia qui, sui nostri visi, un vento di liberazione. Germoglia qui il dono della speranza». «E la speranza è quella del Dio padre che ci ama come noi siamo, ci ama sempre, a tutti, buoni e cattivi», la conclusione a braccio dell’udienza: «D’accordo?», lo sguardo d’intesa con i fedeli.

I saluti. Nei saluti ai fedeli di lingua italiana il Papa ha rivolto «un pensiero speciale ai familiari dei militari deceduti in missioni di pace». «Vi sono vicino con l’affetto, il conforto e l’incoraggiamento», le parole di Francesco, che ha salutato tra gli altri i sacerdoti novelli della diocesi di Brescia, incoraggiandoli a «essere pastori del cuore di Dio». Nel triplice saluto finale ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli, Francesco ha ricordato Sant’Antonio di Padova, «insigne predicatore e patrono dei poveri e dei sofferenti», di cui ieri è stata la memoria liturgica. «Cari ammalati, imitate la linearità della sua vita cristiana; cari ammalati, non stancatevi di chiedere a Dio Padre con la sua intercessione ciò di cui avete bisogno; e voi, cari sposi novelli, alla sua scuola gareggiate nella conoscenza della Parola di Dio». Salutando, poco prima, i fedeli polacchi, Francesco ha ricordato San Giovanni Paolo II e un brano della sua enciclica «Redemptor Hominis», particolarmente attinente alla catechesi odierna: «L’uomo rimane per se stesso un essere incomprensibile, se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente».

Nell’Aula Paolo VI con i malati. L’udienza generale di oggi ha avuto un «prologo» in Aula Paolo VI, dove il Papa ha salutato i malati e i disabili, con i loro accompagnatori. «Sarete più comodi qui, perché in piazza il caldo batte. Sarà un bagno turco, oggi… Grazie tante di essere venuti!». «La Chiesa è così, un gruppo qui, un altro là, ma tutti sono uniti», ha spiegato il Papa sempre a braccio: «E chi unisce la Chiesa? Lo Spirito Santo. Preghiamo perché ci tenga uniti tutti, oggi, in questa udienza. Continuiamo collegati!». Poi Francesco ha salutato alcuni dei presenti e ha recitato il Padre Nostro e l’Ave Maria insieme ai malati, prima di congedarsi alla volta della piazza: «Continuiamo collegati!», l’invito.