Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: «Siamo umili come Gesù Bambino»

«In questi giorni natalizi ci viene posto dinanzi il Bambino Gesù. Sono sicuro che nelle nostre case ancora tante famiglie hanno fatto il presepe, portando avanti questa bella tradizione che risale a san Francesco d’Assisi e che mantiene vivo nei nostri cuori il mistero di Dio che si fa uomo». Sono le parole con cui il Papa ha iniziato oggi la catechesi dell’ultima udienza generale del 2015. Dopo il «buongiorno», ha scherzato a braccio con i 10mila fedeli presenti: «Un giorno un po’ freddo, eh?».

«La devozione a Gesù Bambino è molto diffusa». «Tanti santi e sante l’hanno coltivata nella loro preghiera quotidiana, e hanno desiderato modellare la loro vita su quella di Gesù Bambino». Il Papa ha citato in particolare santa Teresa di Lisieux, che «come monaca carmelitana ha portato il nome di Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo»: «Lei, che è anche Dottore della Chiesa, ha saputo vivere e testimoniare quell’infanzia spirituale che si assimila proprio meditando, alla scuola della Vergine Maria, l’umiltà di Dio che per noi si è fatto piccolo».

«Dio per noi si è fatto piccolo: e questo è un mistero grande. Dio è umile». Con queste parole, pronunciate a braccio, il Papa ha ricordato che «Dio è umile». «Noi che siamo orgogliosi, pieni di vanità e ci crediamo una grande cosa, non siamo niente», ha proseguito sempre a braccio: «Lui, il grande, è umile e si fa bambino! Questo è un vero mistero: Dio è umile. È bello, eh?».

«C’è stato un tempo in cui, nella Persona divino-umana di Cristo, Dio è stato un bambino, e questo deve avere un suo significato peculiare per la nostra fede. È vero – ha proseguito il Papa – che la sua morte in croce e la sua risurrezione sono la massima espressione del suo amore redentore, però non dimentichiamo che tutta la sua vita terrena è rivelazione e insegnamento».

«Nel periodo natalizio ricordiamo la sua infanzia», il consiglio del Papa, secondo il quale «per crescere nella fede avremmo bisogno di contemplare più spesso Gesù Bambino. Certo, non conosciamo nulla di questo suo periodo». «Le rare indicazioni che possediamo fanno riferimento all’imposizione del nome dopo otto giorni dalla sua nascita e alla presentazione al tempio e  alla visita dei Magi con la conseguente fuga in Egitto», ha ricordato Francesco sulla scorta dei Vangeli. Poi, «c’è un grande salto fino ai dodici anni, quando con Maria e Giuseppe Gesù va in pellegrinaggio a Gerusalemme per la Pasqua, e invece di ritornare con i suoi genitori si ferma nel tempio a parlare con i dottori della legge».

«Sappiamo poco di Gesù Bambino, ma possiamo imparare molto da lui se guardiamo alla vita dei bambini». Ne è convinto il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi ha aggiunto a braccio: «È una bella abitudine che i genitori, i nonni, hanno: quella di guardare ai bambini, a cosa fanno». Se facciamo questo, ha detto Francesco, «scopriamo, anzitutto, che i bambini vogliono la nostra attenzione. Loro devono stare al centro – perché sono orgogliosi? no! – perché hanno bisogno di sentirsi protetti». «È necessario anche per noi porre al centro della nostra vita Gesù e sapere, anche se può sembrare paradossale, che abbiamo la responsabilità di proteggerlo», l’invito del Papa: «Vuole stare tra le nostre braccia, desidera essere accudito e poter fissare il suo sguardo nel nostro». «Far sorridere Gesù Bambino per dimostrargli il nostro amore e la nostra gioia perché Lui è in mezzo a noi», l’altra esortazione: «Il suo sorriso è segno dell’amore che ci dà certezza di essere amati». I bambini, infine, «amano giocare»: «Far giocare un bambino – ha ammonito però il Papa –  significa abbandonare la nostra logica per entrare nella sua. Se vogliamo che si diverta è necessario capire cosa piace a lui, e non essere egoisti e farli fare le cose che piacciano a noi», ha aggiunto a braccio. «È un insegnamento per noi», ha commentato.

«Davanti a Gesù siamo chiamati ad abbandonare la nostra pretesa di autonomia, per accogliere invece la vera forma di libertà, che consiste nel conoscere chi abbiamo dinanzi e servirlo». Di fronte a Gesù Bambino, ha assicurato il Papa a braccio, «è questo il nocciolo del problema». «Lui è il Figlio di Dio che viene a salvarci», ha proseguito: «È venuto tra di noi per mostrarci il volto del Padre ricco di amore e di misericordia». «Stringiamo tra le nostre braccia il Bambino Gesù, mettiamoci al suo servizio: Lui è fonte di amore e di serenità», l’invito finale di Francesco, che ha concluso la catechesi parlando ancora una volta fuori testo: «Sarà una bella cosa, oggi, quando torniamo a casa, andare vicino al presepe e baciare il Bambino Gesù, e dire: ‘Gesù, io voglio essere umile come te, umile come Dio’, e chiedere questa grazia.

Preghiera per le vittime di calamità naturali. «Invito a pregare per le vittime delle calamità che in questi giorni hanno colpito gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’America del Sud, specialmente il Paraguay, causando purtroppo vittime, molti sfollati e ingenti danni». È l’appello lanciato dal Papa, al termine dell’udienza generale di oggi, prima dei saluti in lingua italiana che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì con i fedeli in piazza san Pietro. «Il Signore dia conforto a quelle popolazioni, e la solidarietà fraterna li soccorra nelle loro necessità», la preghiera di Papa Francesco, che nell’ultima udienza del 2015 è tornato sui temi della sua enciclica «Laudato si’».

I saluti. Ci sono anche i componenti del «Golden Circus» di Liana Orfei, nei saluti ai fedeli di lingua italiana che hanno concluso l’ultima udienza generale del 2015. Oltre ai fedeli delle diocesi di Vittorio Veneto e Monreale, accompagnati dai loro pastori monsignor Pizziolo e monsignor Pennisi, il Papa ha salutato le suore dell’Istituto Madri Pie, i ragazzi del Movimento dei Focolari e i cresimandi della Valle Brembana – «ci sono tanti cresimandi oggi qui!», ha detto a braccio salutato da un applauso – incoraggiandoli ad «essere messaggeri di solidarietà fra le nazioni e testimoni di gioia e di speranza». «A tutti auguro di diffondere nella quotidianità la luce di Cristo, che ha brillato sull’umanità nella Notte di Natale», l’augurio collettivo di Papa Francesco. Infine l’abituale, triplice saluto ai giovai, ai malati e agli sposi novelli: «L’icona del presepio che contempliamo in questi giorni – le parole del Papa – aiuti voi, cari giovani, a imitare la Santa Famiglia, modello dell’amore vero. Sostenga voi, cari ammalati, ad offrire le vostre sofferenze in unione a quelle di Gesù per la salvezza del mondo. Incoraggi voi, cari sposi novelli, a edificare la vostra casa sulla roccia della Parola di Dio, rendendola, sull’esempio di quella di Nazaret, un luogo accogliente, pieno di amore, di comprensione e di perdono».