Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza a Bambin Gesù: «Non ho una risposta alla morte dei bambini»

Presenti anche 15 bambini della Repubblica Centrafricana, guidati dal neo cardinale Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui. All’udienza era presente anche il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin.

«Io non ho una risposta, credo sia bene che questa domanda rimanga aperta», ha detto il Papa, rispondendo alla domanda di Valentina, infermiera al Bambin Gesù, che le ha chiesto «perché i bambini muoiono». «Nemmeno Gesù ha dato una risposta a parole», ha ricordato Francesco, parlando a braccio, come ha fatto per quasi tutto il botta e risposta con i rappresentanti dei circa 6mila presenti oggi in Aula Paolo VI: «Di fronte ad alcuni casi, capitati allora, di innocenti che avevano sofferto in circostanze tragiche, Gesù non fece una predica, un discorso teorico. Si può certamente fare, ma Lui non lo ha fatto. Vivendo in mezzo a noi, non ci ha spiegato perché si soffre. Gesù, invece, ci ha mostrato la via per dare senso anche a questa esperienza umana: non ha spiegato perché si soffre, ma sopportando con amore la sofferenza ci ha mostrato per chi si offre. Non perché, ma per chi». «Anche questo è teorico», ha commentato. «Perché i bambini soffrono? Non c’è risposta a questo», ha ripetuto: «Soltanto guardare il Crocifisso, lasciare che sia lui a dare la risposta. ‘Ma padre, Lei non ha studiato teologia, non ha letto libri?’ Sì, ma guarda il Crocifisso: soffre, piange, questa è la nostra vita. Non voglio vendere ricette che non servono, questa è la realtà». «Accompagnare un bambino che soffre è tanto difficile: soltanto carezze, vicinanza, il pianto, piangere con lui, con lei, soltanto questo», la risposta del Papa ad «una delle domande aperte della nostra esistenza». «Dio è ingiusto? Sì, è stato ingiusto con suo figlio, l’ha mandato in croce. Ma è la nostra esistenza umana, la nostra carne che soffre in quel bambino, e quando si soffre non si parla: si piange e si prega in silenzio».

«Voi avete il fiuto della malattia. Non sparlo contro i medici, sono bravi, ma le infermiere e gli infermieri, per la loro vicinanza col malato, hanno una qualità speciale per accompagnare e anche per guarire». È l’omaggio del Papa, che rispondendo alle domande di Valentina e di Dino, infermieri al Bambin Gesù, ha detto: «Ringrazio tanto le infermiere e gli infermieri per quello che fanno: grazie tante!». Sono gli infermieri, ha spiegato Francesco, «che sono vicini alle sofferenze, che capiscono le sofferenze che sanno come gestire e come accompagnare con tenerezza: proprio per la loro vicinanza all’ammalato, gli infermieri sono quelli che capiscono meglio il percorso della malattia». A riprova di ciò, il Papa ha raccontato «un’esperienza personale»: «A 21 anni ho avuto una polmonite gravissima, non si sapeva cosa fosse, pensavano un’influenza ma c’era tanta febbre. Così mi hanno portato in ospedale e mi hanno tolto tanto liquido dai polmoni. Il dottore ha detto, non mi ricordo bene la cifra: un milione di pennicillina e 500mila di streptomicina, allora c’erano quelle cose, e se n’è andato. E la suora ha detto all’altra infermiera: tre milioni e un milione, perché aveva il fiuto della situazione».

«La speranza – ha detto ancora il Papa – è la benzina della vita cristiana, che ci fa andare avanti ogni giorno». «Riscoprire ogni giorno il valore della gratitudine, saper dire grazie»: questa è una «piccola cosa che si può imparare dai bambini», ha assicurato Francesco, secondo il quale «dire grazie, semplicemente perché siamo davanti a una persona, è una medicina contro il raffreddarsi della speranza, che è una brutta malattia contagiosa». «Le infermiere e gli infermieri hanno una malattia», ha detto il Papa sempre fuori testo: «Soffrono, non possono essere asettici». «Quando la speranza si raffredda è terribile», ha commentato: «Invece dire grazie ti fa andare su». «Avvicinarsi ai bambini è la medicina più sicura, perché lì si dà speranza». «Sempre vicinanza», l’invito di Francesco: «La speranza è la medicina per non diventare asettici, troppo distillati».

«Il cancro più forte in ospedali come questi è la corruzione». Parole decise, quelle pronunciate dal Papa a conclusione del discorso rivolto alla comunità dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù. Parlando a braccio in risposta alle domande, Francesco ha sottolineato che «il marchio di fabbrica del Bambin Gesù sono i bambini». L’ospedale, ha proseguito, «ha avuto una storia non sempre buona: in alcune parti è stata buona ed alcune epoche non sono state tanto buone». No, allora, alla «tentazione di trasformare una cosa tanto bella come un ospedale di bambini in un’impresa. Fare affari: e i medici diventano affaristi, le infermiere e gli infermieri diventano affaristi, e tutti affaristi!», ha esclamato Francesco salutato da un caloroso applauso. «Avere paura della corruzione!», l’invito del Papa accolto da un altro applauso: «Chi lavora al Bambin Gesù ha un marchio di fabbrica: essere stanco, sudato, sporco, con la voglia di andarsene a casa ma con la voglia di rimanere». «Guardiamo i bambini», il monito del Papa: «E pensiamo, ognuno di noi: io posso fare affari corrotti con questi bambini? No! Posso finire la giornata sporco, stanco, con la voglia di mandare qualcuno a quel paese? Posso? Sì, ma senza corruzione». «Il cancro più forte in ospedali come questi è la corruzione», ha affermato il Papa: «E la corruzione non viene da un giorno all’altro, si scivola lentamente, oggi una mancia qui, domani una tangente là, dopodomani una raccomandazione là, e poco a poco si scivola nella corruzione». «I bambini danno da fare, stancano, ma non sono corrotti!», ha esclamato Francesco, che ha pronunciato il suo discorso attorniato dai piccoli malati di 20 Paesi seduti intorno a lui: «In questo mondo dove si fanno tanti affari con la salute, si inganna tanta gente con l’industria delle malattie, il Bambin Gesù deve saper dire no!», la consegna finale del Papa: «Peccatori sì, lo siamo tutti, ma corrotti mai!».

«Nella Bibbia, nel libro della Sapienza, c’è un brano bellissimo sulla donna forte: ne abbiamo vista una!». Così il Papa, accompagnato da un prolungato applauso, ha reso omaggio a Serena, ex paziente del Bambin Gesù che ha avuto un linfoma di Hodgkin che le ha causato la perdita permanente della vista. Oggi il tumore è in remissione. Ha 23 anni e frequenta il corso di laurea in Medicina e Chirurgia. «Donne come questa – una donna forte nel dolore, che ha superato tante cose – e uomini forti, guariti, che lottano bene nella vita: questo sarà il vostro migliore stipendio», ha assicurato il Papa parlando a braccio come nel resto dell’udienza in Aula Paolo VI, davanti a circa 6mila persone: «Il vostro miglior stipendio è vedere il risultato del vostro lavoro nei bambini, nelle persone». Quelle come Serena, per il Papa, sono «persone che seminano per non farci perdere la speranza della vita». Poi Francesco ha completato il ricordo personale raccontato poco prima: «Fino a che è morta, sono andata a trovare la suora infermiera che mi ha salvato la vita. Sempre gioiosa, era italiana: è stata professoressa in Grecia e poi infermiera a Buenos Aires. Lei era sempre uguale: felice, felice, felice, ingoiava le cose amare e sicuramente litigava col Signore». «La felicità di seminare la vita, di far crescere i bambini come persone forti: questo è il vostro stipendio, con due tredicesime in più ancora!», il congedo di Francesco.