Vita Chiesa

Papa Francesco: udienza, «pane sta anche per acqua, medicine, casa, lavoro»

«Non siamo creature autosufficienti, tutti i giorni abbiamo bisogno di nutrirci». A ricordarci questa «evidenza che spesso dimentichiamo» è stato il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi ha commentato la prima invocazione della seconda parte del Padre Nostro, «quella in cui presentiamo a Dio le nostre necessità»: «Dacci il nostro pane quotidiano». «Le Scritture ci mostrano che per tanta gente l’incontro con Gesù si è realizzato a partire da una domanda», ha commentato Francesco a proposito di questa «domanda impellente»: «Gesù non chiede invocazioni raffinate, anzi, tutta l’esistenza umana, con i suoi problemi più concreti e quotidiani, può diventare preghiera». «Nei Vangeli troviamo una moltitudine di mendicanti che supplicano liberazione e salvezza», ha fatto notare il Papa: «Chi domanda il pane, chi la guarigione; alcuni la purificazione, altri la vista; o che una persona cara possa rivivere… Gesù non passa mai indifferente accanto a queste richieste e a questi dolori».

«Gesù ci insegna a chiedere al Padre il pane quotidiano. Ci insegna a farlo uniti a tanti uomini e donne per i quali questa preghiera è un grido – spesso tenuto dentro – che accompagna l’ansia di ogni giorno», ha detto il Papa, che ha poi esclamato: «Quante madri e quanti padri, ancora oggi, vanno a dormire col tormento di non avere l’indomani pane a sufficienza per i propri figli!». «Immaginiamo questa preghiera recitata non nella sicurezza di un comodo appartamento, ma nella precarietà di una stanza in cui ci si adatta, dove manca il necessario per vivere», il suggerimento di Francesco: «Le parole di Gesù assumono una forza nuova». «L’orazione cristiana comincia da questo livello», ha spiegato il Papa: «Non è un esercizio per asceti; parte dalla realtà, dal cuore e dalla carne di persone che vivono nel bisogno, o che condividono la condizione di chi non ha il necessario per vivere. Nemmeno i più alti mistici cristiani possono prescindere dalla semplicità di questa domanda. ‘Padre, fa’ che per noi e per tutti, oggi ci sia il pane necessario’». «E ‘pane’ sta anche per acqua, medicine, casa, lavoro… chiedere il necessario per vivere», ha precisato Francesco.

«E adesso ci farà bene fermarci un po’ e pensare ai bambini affamati». È la proposta, formulata a braccio, rivolta dal Papa ai 16mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro. «Pensiamo ai bambini che sono in Paesi di guerra», ha proseguito Francesco fuori testo: «I bambini affamati dello Yemen, i bambini affamati nella Siria, i bambini affamati in tanti Paesi dove non c’è pane. Nel Sud Sudan…. Pensiamo a questi bambini, e pensando a loro diciamo insieme a voce alta la preghiera: ‘Padre, dacci oggi il pane quotidiano’». «Il pane che il cristiano chiede nella preghiera non è il ‘mio’ pane, è il ‘nostro’ pane», ha spiegato il Papa a proposito della prima invocazione della seconda parte del Padre Nostro: «Così vuole Gesù. Ci insegna a chiederlo non solo per sé stessi, ma per l’intera fraternità del mondo». «Se non si prega in questo modo, il Padre nostro cessa di essere una orazione cristiana», il monito di Francesco: «Se Dio è nostro Padre, come possiamo presentarci a lui senza prenderci per mano, tutti noi? E se il pane che lui ci dà ce lo rubiamo tra di noi, come possiamo dirci suoi figli?». «Questa preghiera contiene un atteggiamento di empatia, un atteggiamento di solidarietà», ha fatto notare il Papa: «Nella mia fame sento la fame delle moltitudini, e allora pregherò Dio finché la loro richiesta non sarà esaudita. Così Gesù educa la sua comunità, la sua Chiesa, a portare a Dio le necessità di tutti: ‘Siamo tutti tuoi figli, o Padre, abbi pietà di noi!’».

«Il pane che chiediamo al Signore nella preghiera è quello stesso che un giorno ci accuserà». Sono nette le parole usate dal Papa, nella parte finale della catechesi: «Ci rimprovererà la poca abitudine a spezzarlo con chi ci è vicino, a condividerlo. Era un pane regalato per l’umanità, e invece è stato mangiato solo da qualcuno». «L’amore non può sopportare questo», ha commentato Francesco a braccio: «L’amore nostro non può sopportarlo, e l’amore di Dio neppure può sopportare questo egoismo: non condividere il pane». «Una volta c’era una grande folla davanti a Gesù; era gente che aveva fame», il racconto evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci, evocato dal Papa: «Gesù domandò se qualcuno avesse qualcosa, e si trovò solo un bambino disposto a condividere la sua provvista: cinque pani e due pesci. Gesù moltiplicò quel gesto generoso». «Quel bambino aveva capito la lezione del Padre nostro: che il cibo non è proprietà privata», ha fatto notare Francesco. «Mettiamoci questo in testa», ha ripetuto a braccio: «Il cibo non è proprietà privata, ma provvidenza da condividere, con la grazia di Dio». «Il vero miracolo compiuto da Gesù quel giorno non è tanto la moltiplicazione, ma la condivisione», la tesi del Papa: «Datemi quello che avete e io farò il miracolo. Egli stesso, moltiplicando quel pane offerto, ha anticipato l’offerta di Sé nel Pane eucaristico. Solo l’Eucaristia è in grado di saziare la fame di infinito e il desiderio di Dio che anima ogni uomo, anche nella ricerca del pane quotidiano».

Elogio dell’impegno della Polonia per l’ambiente. «Domani, nei Giardini Vaticani, verrà piantata una quercia dei boschi polacchi, come segno dei legami vivi e forti tra la Santa Sede e la Polonia che cent’anni fa riacquistò la sua indipendenza». Lo ha reso noto il Papa, salutando i pellegrini polacchi. «Proprio il 30 marzo 1919 la Santa Sede ha riconosciuto la libera Repubblica Polacca, riallacciando poi con essa i rapporti diplomatici», ha ricordato Francesco. «Quest’albero è anche un simbolo dell’impegno della Polonia a favore della salvaguardia dell’ambiente naturale», l’omaggio del Papa: «Ringraziando Dio per il dono della libertà, preghiamo affinché essa sia sempre usata per la crescita spirituale, culturale e sociale del vostro popolo, e per lo sviluppo di ogni persona. Dio vi benedica!».