Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: «quante cose belle ha fatto Dio per me?»

«Oggi questa udienza si svolgerà come mercoledì scorso, in Aula Paolo VI ci sono tanti, tanti ammalati. E per custodirli dal caldo, perché forse sono più comodi lì. Ma non ci sono due udienze, è una sola: salutiamo gli ammalati dell’Aula Paolo VI!». Sono le parole a braccio con cui il Papa ha cominciato la catechesi di oggi, dedicata alle «parole di Dio al suo popolo perché cammini bene, parole amorevoli di un padre», ha detto ancora a braccio.  Tra i 12mila fedeli presenti, anche una delegazione di 100 atleti di Special Olympics – un programma internazionale di allenamento sportivo e competizioni atletiche per oltre 3 milioni di ragazzi e adulti con disabilità intellettiva – e i portavoce delle Conferenze episcopali d’Europa.

Dio prima salva e poi chiede fiducia. «Si arriva al Monte Sinai dopo aver attraversato il Mar Rosso: il Dio di Israele prima salva, poi chiede fiducia», ha spiegato Francesco: «Il Decalogo comincia dalla generosità di Dio». «Dio mai chiede senza dare prima, mai! Prima salva, prima dà, poi chiede: Così è il nostro Padre», ha aggiunto fuori testo soffermandosi sull’importanza della prima dichiarazione contenuta nell’Esodo: «Io sono il Signore, tuo Dio». «C’è un possessivo, c’è una relazione, ci si appartiene», ha sottolineato il Papa: «Dio non è un estraneo: è il tuo Dio. Questo illumina tutto il Decalogo e svela anche il segreto dell’agire cristiano, perché è lo stesso atteggiamento di Gesù che dice: ‘Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi’». «Cristo è l’amato dal Padre e ci ama di quell’amore», ha commentato sulla scorta del Vangelo di Giovanni: «Lui non parte da sé ma dal Padre». «Spesso le nostre opere falliscono perché partiamo da noi stessi e non dalla gratitudine», la denuncia di Francesco: «E chi parte da sé stesso, dove arriva? A se stesso, è incapace di fare strada, torna su di sé», ha spiegato ai 12mila presenti oggi in piazza a proposito dell’»atteggiamento egoistico».

No a «cristiani che seguono solo doveri». «Porre la legge prima della relazione non aiuta il cammino di fede», perché «la vita cristiana è anzitutto la risposta grata a un Padre generoso», e non ad una serie di «doveri», ha spiegato il Papa, nella catechesi, in cui soffermandosi sui comandamenti ha affermato che «i cristiani che seguono solo dei ‘doveri’ denunciano di non avere una esperienza personale di quel Dio che è ‘nostro’». «Io debbo fare questo, questo… solo doveri, ma ti manca qualcosa», ha proseguito a braccio: «Qual è il fondamento di questo dovere? ‘Si deve fare così?’. No! Il fondamento di questo dovere è l’amore di Dio Padre, che prima dà, poi comanda». «Come può un giovane desiderare di essere cristiano, se partiamo da obblighi, impegni, coerenze e non dalla liberazione?», si è chiesto Francesco, secondo il quale «essere cristiano è un cammino di liberazione». «I comandamenti liberano dal proprio egoismo, liberano perché c’è l’amore di Dio che porta avanti», ha detto ancora fuori testo. «La formazione cristiana – ha ricordato – non è basata sulla forza di volontà, ma sull’accoglienza della salvezza, sul lasciarsi amare». «Prima il Mar Rosso, poi il Monte Sinai», ha sintetizzato il Papa sempre a braccio: «Prima la salvezza: Dio salva il suo popolo nel Mar Rosso, poi nel Sinai gli dice cosa deve fare. Ma quel popolo sa che queste cose le fa, perché è stato salvato da un padre che lo ama».

«Quante cose belle ha fatto Dio per me?». È la domanda che, a braccio, che il Papa ha proposto ai 12mila presenti oggi in piazza San Pietro, ai quali ha chiesto di rispondere «in silenzio», ripetendo poi per tre volte la domanda. «Questa è la domanda», le parole a braccio di Francesco: «In silenzio, ognuno di noi risponda. E questa è la liberazione di Dio. Dio fa tante cose belle e ci libera». «La gratitudine è un tratto caratteristico del cuore visitato dallo Spirito Santo», ha spiegato il Papa: «Per obbedire a Dio bisogna anzitutto ricordare i suoi benefici». Poi la citazione di san Basilio: «Chi non lascia cadere nell’oblio tali benefici, si orienta verso la buona virtù e verso ogni opera di giustizia». «Dove ci porta tutto ciò?», si è chiesto Francesco: «A fare esercizio di memoria: quante cose belle ha fatto Dio per ognuno di noi! Quanto è generoso il nostro Padre celeste!». Poi la richiesta del «piccolo esercizio», da fare «col cuore», ai fedeli.

Risposta al nostro grido di aiuto. «Noi non ci salviamo da soli, ma da noi può partire un grido di aiuto: ‘Signore, salvami: Signore, insegnami la strada; Signore, carezzami; Signore, dammi un po’ di gioia’». Il Papa ha concluso quasi con una preghiera l’udienza di oggi, dedicata ai comandamenti come esperienza di liberazione. «Questo è un grido che chiede aiuto», ha commentato Francesco ancora fuori testo: «Questo spetta a noi: chiedere di essere liberati, dall’egoismo, dal peccato, dalle catene della schiavitù. Questo grido è importante, è preghiera, è coscienza di quello che c’è ancora di oppresso e non liberato in noi. Ci sono tante cose non liberate nella nostra anima: ‘Salvami, aiutami, liberami’, questa è una bella preghiera al Signore». «Eppure qualcuno può sentire di non aver ancora fatto una vera esperienza della liberazione di Dio. Questo può succedere», ha ammesso il Papa: «Potrebbe essere che ci si guardi dentro e si trovi solo senso del dovere, una spiritualità da servi e non da figli. Cosa fare in questo caso? Come fece il popolo eletto. Dice il libro dell’Esodo: ‘Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Dio ascoltò il loro lamento, Dio si ricordò della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti, Dio se ne diede pensiero’». «Dio pensa a me», il commento a braccio di Francesco, secondo il quale «l’azione liberatrice di Dio posta all’inizio del Decalogo, cioè dei comandamenti, è la risposta a questo lamento». «Dio attende quel grido, perché può e vuole spezzare le nostre catene», ha concluso il Papa: «Dio non ci ha chiamati alla vita per rimanere oppressi, ma per essere liberi e vivere nella gratitudine, obbedendo con gioia a Colui che ci ha dato tanto, infinitamente più di quanto mai potremo dare a lui. È bello questo! Che Dio sia sempre benedetto, per tutto quello che ha fatto, fa e farà in noi».

Il saluto ai fedeli cinesi e l’augurio di buone vacanze. Un saluto particolare ai fedeli cinesi. Lo ha rivolto il Papa, durante il pensiero collettivo ai fedeli di lingua inglese, al termine dell’udienza generale di oggi. In piazza ci sono infatti anche una trentina di cinesi provenienti da Hong Kong. Non sono mancati gli auguri di buone vacanze: «Auguro a tutti – le parole destinate ai pellegrini polacchi – che il periodo delle vacanze, che inizia, sia un tempo di riposo e un’occasione per contemplare Dio nel capolavoro del suo creato». Durante i saluti ai fedeli di lingua italiana, il Papa ha ricordato la festività dei santi Pietro e Paolo, patroni di Roma, che si celebra dopodomani: «Impariamo da questi apostoli del Signore – l’auspicio – la capacità di testimoniare con coraggio il Vangelo di Gesù, al di là delle proprie differenze, conservando la concordia e l’amicizia che fondano la credibilità di qualsiasi annuncio di fede».