Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: se misericordia è «scandalo», si ha «falsa immagine del Messia»

Giovanni Battista, ha raccontato il Papa, «manda i suoi discepoli da Gesù – e Giovanni era in carcere – per fargli una domanda molto chiara: ‘Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?’». «Era proprio nel momento del buio, il Battista attendeva con ansia il Messia e nella sua predicazione lo aveva descritto a tinte forti, come un giudice che finalmente avrebbe instaurato il regno di Dio e purificato il suo popolo, premiando i buoni e castigando i cattivi», il commento di Francesco. Giovanni Battista «predicava così: ‘Già la scure è posta alla radice degli alberi, perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco’». «Ora che Gesù ha iniziato la sua missione pubblica con uno stile molto diverso – ha spiegato il Papa – Giovanni soffre, è nel doppio buio, quello della cella e quello del cuore, non capisce questo stile e vuole sapere se è proprio Lui il Messia, oppure se si deve aspettare un altro».

La misericordia, ha assicurato il Papa, è «la sintesi dell’agire di Gesù, che in questo modo rende visibile e tangibile l’agire stesso di Dio». Francesco si è poi soffermato sulla risposta di Gesù, interpellato da Giovanni Battista sulla sua vera identità. Tale risposta «sembra a prima vista non corrispondere alla richiesta del Battista», ha spiegato citando le parole di Gesù nel Vangelo di Matteo: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». «Questa è la risposta di Gesù», ha sottolineato il Papa: «Qui diventa chiaro l’intento del Signore Gesù: egli risponde di essere lo strumento concreto della misericordia del Padre, che a tutti va incontro portando la consolazione e la salvezza, e in questo modo manifesta il giudizio di Dio». «I ciechi, gli zoppi, i lebbrosi, i sordi, recuperano la loro dignità e non sono più esclusi per la loro malattia, i morti ritornano a vivere, mentre ai poveri è annunciata la Buona Notizia», ha proseguito: «E questa diventa la sintesi dell’agire di Gesù, che in questo modo rende visibile e tangibile l’agire stesso di Dio».

«Dio non ha mandato il suo Figlio nel mondo per punire i peccatori né per annientare i malvagi». Ne è convinto il Papa, secondo il quale «il messaggio che la Chiesa riceve da questo racconto della vita di Cristo è molto chiaro». Commentando, nella catechesi odierna, la risposta di Gesù a Giovanni Battista, Francesco ha puntualizzato che ai peccatori e ai malvagi «è rivolto l’invito alla conversione affinché, vedendo i segni della bontà divina, possano ritrovare la strada del ritorno». «La giustizia che il Battista poneva al centro della sua predicazione, in Gesù si manifesta in primo luogo come misericordia», ha ribadito il Papa, secondo il quale «i dubbi del precursore non fanno che anticipare lo sconcerto che Gesù susciterà in seguito con le sue azioni e con le sue parole». Solo così, per il Papa, «si comprende la conclusione della risposta di Gesù: ‘Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo’». «Scandalo significa ostacolo», ha ricordato Francesco: «Gesù ammonisce su un particolare pericolo: se l’ostacolo a credere sono soprattutto le sue azioni di misericordia, ciò significa che si ha una falsa immagine del Messia. Beati invece coloro che, di fronte ai gesti e alle parole di Gesù, rendono gloria al Padre che è nei cieli».

«L’ammonimento di Gesù è sempre attuale: anche oggi l’uomo costruisce immagini di Dio che gli impediscono di gustare la sua reale presenza». Con queste parole, nella parte finale della catechesi dell’udienza generale di oggi, il Papa ha pronunciato alcuni «no» fermi e decisi: alla fede «fai-da-te», a chi usa la fede «per giustificare i propri interessi» o per l’odio e la violenza, ma anche a chi riduce Dio a «rifugio psicologico» per momenti difficili o a un «buon maestro» di principi etici, eliminando l’imprescindibile spinta missionaria del cristianesimo. «Alcuni – ha ammonito Francesco entrando nel dettaglio – si ritagliano una fede fai-da-te che riduce Dio nello spazio limitato dei propri desideri e delle proprie convinzioni. Ma questa fede non è conversione al Signore che si rivela, anzi, gli impedisce di provocare la nostra vita e la nostra coscienza». «Altri riducono Dio a un falso idolo», ha proseguito: «Usano il suo santo nome per giustificare i propri interessi o addirittura l’odio e la violenza. Per altri ancora Dio è solo un rifugio psicologico in cui essere rassicurati nei momenti difficili: si tratta di una fede ripiegata su sé stessa, impermeabile alla forza dell’amore misericordioso di Gesù che spinge verso i fratelli. Altri ancora considerano Cristo solo un buon maestro di insegnamenti etici, uno fra i tanti della storia. Infine, c’è chi soffoca la fede in un rapporto puramente intimistico con Gesù, annullando la sua spinta missionaria capace di trasformare il mondo e la storia». «Noi cristiani crediamo nel Dio di Gesù, il cristiano crede nel Dio di Gesù Cristo, e il suo desiderio è quello di crescere nell’esperienza viva del suo mistero di amore», ha detto Francesco ai 25mila fedeli presenti in piazza. Di qui l’invito finale: «Impegniamoci a non frapporre alcun ostacolo all’agire misericordioso del Padre, ma domandiamo il dono di una fede grande per diventare segni e strumenti di misericordia».

Ai giovani: «Diventate artigiani della misericordia». Nei saluti ai fedeli di lingua italiana, che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì con i fedeli in piazza San Pietro, il Papa ha ricordato la canonizzazione di Madre Teresa, il cui arazzo troneggia ancora sulla facciata della basilica vaticana. «Domenica scorsa abbiamo celebrato la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta», ha ricordato Francesco. Poi l’invito ai giovani: «Diventate come lei degli artigiani di misericordia». «Sentite la sua vicinanza compassionevole specialmente nell’ora della croce», l’invito agli ammalati: «Invocatela perché non manchi mai nelle famiglie la cura e l’attenzione per i più deboli», quello rivolto agli sposi. Tra i fedeli italiani, il Papa ha citato i seminaristi di Verona e i partecipanti al Campus promosso dalla Cei, salutando in particolare i fedeli che partecipano ai pellegrinaggi delle diocesi di Alife-Caiazzo e Chiavari, con i rispettivi vescovi monsignor Valentino Di Cerbo e monsignor Alberto Tanasini. Una «ola» dalla piazza ha ricambiato, infine, il saluto del Papa ai fedeli della Diocesi di Tricarico.