Vita Chiesa

Papa Francesco: udienza, «tutti i comandamenti hanno il compito di indicare il confine della vita»

«Se tu vai oltre, tu distruggi te stesso, distruggi il rapporto con Dio, distruggi il rapporto con gli altri», ha ammonito a braccio Francesco, secondo il quale «i comandamenti segnalano questo». «Queste non sono solo le ultime parole del testo, ma molto di più», ha ammonito Francesco: «Sono il compimento del viaggio attraverso il Decalogo, toccando il cuore di tutto quello che in esso ci è consegnato. Infatti, a ben vedere, non aggiungono un nuovo contenuto: le indicazioni ‘non desidererai la moglie, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo’ sono perlomeno latenti nei comandi sull’adulterio e sul furto; qual è allora la funzione di queste parole? È un riassunto, è qualcosa di più?».

«Tutte le trasgressioni nascono da una comune radice interiore: i desideri malvagi», ha spiegato il Papa, nella catechesi dedicata all’ultimo comandamento e a una sorta di bilancio del Decalogo. «Tutti i peccati nascono da un desiderio malvagio, tutti», ha proseguito Francesco a braccio: «Lì incomincia a muoversi il cuore, e uno entra in quell’onda e finisce in una trasgressione: ma non in una trasgressione formale, legale, in un trasgressione che ferisce, ferisce se stesso, ferisce gli altri». Nel Vangelo, infatti, Gesù lo dice esplicitamente: «Dal di dentro, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza». «Un bell’elenco!», ha esclamato il Papa a braccio pronunciandolo ancora una volta: «Lo ripeto, perché ci farà bene a tutti. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo». «Tutto il percorso fatto dal Decalogo non avrebbe alcuna utilità se non arrivasse a toccare questo livello, il cuore dell’uomo, da dove nascono tutte queste cose brutte», il monito di Francesco: «Il Decalogo si mostra lucido e profondo su questo aspetto: il punto di arrivo di questo viaggio è il cuore, e se il cuore non è liberato, il resto serve a poco». «Questa è la sfida: liberare il cuore da tutte queste cose malvagie e brutte», la conclusione ancora una volta fuori testo.

«I precetti di Dio possono ridursi ad essere solo la bella facciata di una vita che resta comunque un’esistenza da schiavi e non da figli». Nella catechesi dell’udienza di oggi il Papa ha messo in guardia dall’ipocrisia. «Spesso, dietro la maschera farisaica della correttezza asfissiante si nasconde qualcosa di brutto e di non risolto», la denuncia: «Dobbiamo invece lasciarci smascherare da questi comandi sul desiderio, perché ci mostrano la nostra povertà, per condurci a una santa umiliazione». «Ognuno di noi può domandarsi», l’invito a braccio ai 10mila presenti in piazza: «Ma quali desideri brutti mi vengono spesso? L’invidia, la cupidigia, le chiacchiere… tutte queste cose che derivano da dentro. Ognuno può domandarsi, gli farà bene». Secondo Francesco, «l’uomo ha bisogno di questa benedetta umiliazione: quella per cui scopre di non potersi liberare da solo, quella per cui grida a Dio per essere salvato. Lo spiega in modo insuperabile san Paolo, proprio riferendosi al comandamento non desiderare». «È vano pensare di poter correggere sé stessi senza il dono dello Spirito Santo», il monito del Papa: «È vano pensare di purificare il nostro cuore in uno sforzo titanico della nostra sola volontà. Questo non è possibile. Bisogna aprirsi alla relazione con Dio, nella verità e nella libertà: solo così le nostre fatiche possono portare frutto, perché c’è lo Spirito Santo che ci porta avanti».

«Dio è l’unico capace di rinnovare il nostro cuore», a patto che anche noi lo apriamo, ha assicurato il Papa, che nell’ultima parte della catechesi ha spiegato a braccio ai 10mila fedeli presenti: «È l’unica condizione: lui fa tutto, ma apriamo il cuore». «Il compito della Legge biblica non è quello di illudere l’uomo che un’obbedienza letterale lo porti a una salvezza artefatta e peraltro irraggiungibile», ha ricordato Francesco: «Il compito della Legge è portare l’uomo alla sua verità, ossia alla sua povertà, che diventa apertura autentica, apertura personale alla misericordia di Dio, che ci trasforma e ci rinnova». «Le ultime parole del Decalogo educano tutti a riconoscersi mendicanti», ha fatto notare il Papa: «Aiutano a metterci davanti al disordine del nostro cuore, per smettere di vivere egoisticamente e diventare poveri in spirito, autentici al cospetto del Padre, lasciandoci redimere dal Figlio e ammaestrare dallo Spirito Santo».

«Lo Spirito Santo è il maestro che ci guida, lasciamoci aiutare», ha esclamato a braccio Francesco soffermandosi sul verbo «ammaestrare»: «Siamo mendicanti, chiediamo questa grazia». «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli», ha detto il Papa citando il Vangelo di Matteo: «Sì, beati quelli che smettono di illudersi credendo di potersi salvare dalla propria debolezza senza la misericordia di Dio, che sola può guarire il cuore». «Solo la misericordia di Dio guarisce il cuore», ha garantito Francesco a braccio: «Beati coloro che riconoscono i propri desideri malvagi e con un cuore pentito e umiliato non stanno davanti a Dio e agli uomini come dei giusti, ma come dei peccatori». «È bello quello che Pietro disse al Signore: ‘Allontanati da me, Signore, che sono un peccatore», ha concluso il Papa, ancora una volta fuori testo: «Bella preghiera, questa: ‘Allontanati da me, Signore, che sono un peccatore’. Questi sono coloro che sanno avere compassione, che sanno avere misericordia degli altri, perché la sperimentano in sé stessi».

Appello per le comunità di clausura. Il Papa ha concluso l’udienza di oggi con un appello a pregare per la Giornata Pro Orantibus, rivolgendosi a tutti i monasteri e gli eremi di clausura del mondo. «Oggi, memoria liturgica della Presentazione di Maria Santissima al Tempio, celebriamo la Giornata pro Orantibus, dedicata al ricordo delle comunità religiose di clausura», le parole pronunciate ad Francesco al termine dell’udienza, prima dei saluti ai fedeli di lingua italiana: «È un’occasione quanto mai opportuna per ringraziare il Signore per il dono di tante persone che, nei monasteri e negli eremi, si dedicano totalmente a Dio nella preghiera, nel silenzio e nel nascondimento». «Ce ne sono tante!», ha esclamato a braccio. «Non manchi a queste comunità l’affetto, la vicinanza, il sostegno anche materiale di tutta la Chiesa!», l’appello finale.