Vita Chiesa

Papa Francesco: videomessaggio a congresso Buenos Aires. Teologo è del popolo, credente e profeta

Il teologo «è un credente» – ha proseguito – «che ha esperienza di Gesù Cristo e ha scoperto che senza di lui non può vivere». Il teologo è un profeta perché riflettendo «la tradizione che ha ricevuto dalla Chiesa», «mantiene viva la consapevolezza del passato», creando l’invito al futuro in cui Gesù sconfigge l’autoreferenzialità e la mancanza di «speranza». Di qui l’importanza di recuperare «la memoria del passaggio di Dio» nella «vita della Chiesa», per sconfiggere divisioni e tentazioni. Per il Papa, non può esistere una «Chiesa particolare isolata», con la «pretesa di essere proprietaria e unica interprete della realtà e dell’azione dello Spirito»; così come – ha detto – non ci può essere una Chiesa universale che «ignora», «rinnega» la realtà locale. Centrale è la tradizione della Chiesa, «fiume vivo» che «irriga» terre diverse, e «alimenta» varie aree geografiche del mondo». Così – ha detto Francesco – si continua a ad «incarnare il Vangelo in ogni angolo» del pianeta in un modo «sempre nuovo».

Per il Papa, il compito del teologo è «di discernere», «riflettere» su cosa significhi essere un cristiano di oggi. Perché il cristiano di oggi in Argentina non è lo stesso di 100 anni fa e non lo è allo stesso modo «in India, in Canada, a Roma». Tra le sfide da affrontare, multiculturalismo, relativismo e globalizzazione, che a volte «minimizzano» la dignità della persona «rendendola un bene di scambio». Solo la via del Vangelo, ha proseguito Francesco, permette di allontanare due grandi «tentazioni»: quella che condanna ogni cosa rifugiandosi «nel conservatorismo o nel fondamentalismo» e quella che consacra tutte le novità, tutto ciò che ha un «nuovo gusto», relativizzando «la saggezza». Non può esistere il concetto di mera «dottrina» «staccata dalla pastorale», ha ammonito Francesco, che citando i padri della Chiesa come «Ireneo, Agostino, Basilio, Ambrogio» ha sottolineato che «sono stati grandi teologi perché erano grandi pastori». Poi il Papa è tornato a ribadire la necessità dell’incontro, con le famiglie, i poveri, gli afflitti, le periferie. «Una teologia che nasce – ha detto – ha il sentore di una proposta che può essere bella, ma non reale». Le «domande del nostro popolo – ha aggiunto -, la loro angoscia, i loro sogni, le loro lotte, le loro preoccupazioni hanno un valore ermeneutico», che non «possiamo» ignorare.