Papa a Sarajevo, testimonianze dei giovani, «accettare le diversità reciproche»
Un giovane professore di educazione fisica, cattolico, e una ragazza ortodossa: due vite intrecciate dalla scelta di fede, dall’impegno associativo e dalla convinzione che vivere insieme è possibile. Hanno parlato davanti a Papa Francesco, Darko Majstorovic e Nadežda Mojsilović, aprendo l’incontro con i giovani nel centro diocesano Giovanile «Giovanni Paolo II», ultimo atto del viaggio del Papa a Sarajevo.

«Desiderare la pace, intercedere per la pace e godere di i tutti benefici di essa, era l’unico mio desiderio - ha detto Majstorovic - così nel 2013 ho continuato i miei studi a Pale, che fa parte dell’entità Serba, mentre abitavo a Sarajevo. La tensione e paura che ho avuto davanti ai miei colleghi, perché sono croato e cattolico, è venuta meno con la scoperta di essere accettato».
Poi l’incontro con l’Associazione degli studenti cattolici Emmaus e l’attività nel Centro «Giovanni Paolo II», e la certezza: «questa è la pace che tanto cercavo. La vita comune, piena di rispetto reciproco per la diversità in questo Centro, ha fatto cadere e dissolvere l’onda del passato che mi perseguitava nella mia vita. Crescere nella fede, aiutare gli altri, chiedere se avevano bisogno e non chiedere il loro nome, sono valori che ho imparato in questo Centro». Percorso analogo per Nadežda Mojsilović, di fede ortodossa, e coordinatrice del programma ‘Camminiamo insieme’ del tempio di S.Vasilij Ostroški in Sarajevo orientale, che raccoglie giovani cristiani da tutto il Paese, e del Centro per la pastorale giovanile Giovanni Paolo II. «Il nostro obiettivo è di conoscerci attraverso il lavoro, di riconoscere le somiglianze e di accettare le diversità reciproche con comprensione e tolleranza. Con questo - ha concluso - sono sicura, contribuiamo a scavalcare i pregiudizi che abbiamo tra di noi e verso gli altri, con l’ardente desiderio di conservare la pace in Bosnia ed Erzegovina».
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