Vita Chiesa

Papa ad Albano: «La Chiesa sia tenda ospitale in mezzo agli uomini»

«Nella città dimenticata, Dio si ricorda del più grande peccatore». Così il , nell’omelia della Messa celebrata ieri pomeriggio ad Albano, in piazza Pia, ha commentato il brano evangelico dell’incontro di Gesù con Zaccheo a Gerico. «Il Signore si ricorda di noi», ha commentato Francesco: «Non ci dimentica, non ci perde di vista nonostante gli ostacoli che possono tenerci lontano da lui». «Ogni chiesa, la Chiesa con la maiuscola esiste per mantenere vivo nel cuore degli uomini il ricordo che Dio li ama», ha affermato il Papa: «Esiste per dire a ciascuno, anche al più lontano: ‘Sei amato e chiamato per nome da Gesù; Dio non ti dimentica, gli stai a cuore’».

«Non abbiate paura di ‘attraversare’ la vostra città, di andare da chi è più dimenticato, da chi sta nascosto dietro i rami della vergogna, della paura, della solitudine, per dirgli: ‘Dio si ricorda di te’», l’invito in chiave missionaria. «Mentre Zaccheo cerca di vederlo, Gesù lo vede per primo; prima che Zaccheo parli, Gesù gli parla; prima di invitare Gesù, Gesù viene a casa sua», ha fatto notare Francesco sulla scorta del brano del Vangelo: «Ecco chi è Gesù: Colui che ci vede per primo, Colui che ci ama per primo, Colui che ci accoglie per primo. Quando scopriamo che il suo amore ci anticipa, che ci raggiunge prima di tutto, la vita cambia».

«Se come Zaccheo stai cercando un senso alla vita ma, non trovandolo, ti stai buttando via con dei ‘surrogati di amore’, come le ricchezze, la carriera, il piacere, qualche dipendenza, lasciati guardare da Gesù. Solo con Gesù scoprirai di essere da sempre amato e farai la scoperta della vita». È l’invito rivolto dal Papa a ciascuno dei fedeli che affollavano Piazza Pia ad Albano. «Ti sentirai toccato dentro dalla tenerezza invincibile di Dio, che commuove e smuove il cuore», ha assicurato Francesco, che poi ha esortato ad un esame di coscienza: «Come Chiesa, chiediamoci se per noi Gesù viene prima: c’è prima Lui o la nostra agenda, c’è prima Lui o le nostre strutture?».

«Ogni conversione nasce da un anticipo di misericordia, dalla tenerezza di Dio che rapisce il cuore», ha spiegato il Papa: «Se tutto quello che facciamo non parte dallo sguardo di misericordia di Gesù, corriamo il rischio di mondanizzare la fede, di complicarla e riempirla di tanti contorni: argomenti culturali, visioni efficientiste, opzioni politiche, scelte partitiche… Ma si dimentica l’essenziale, la semplicità della fede, quello che viene prima di tutto: l’incontro vivo con la misericordia di Dio. Se questo non è il centro, se non sta all’inizio e alla fine di ogni nostra attività, rischiamo di tenere Dio ‘fuori casa’ nella Chiesa, che è casa sua». Il gesto di Zaccheo – salire su un sicomoro – «è un gesto che ha richiesto coraggio, slancio, fantasia: non si vedono molti adulti salire sugli alberi; è una cosa che si fa da bambini. Zaccheo ha superato la vergogna e in un certo senso è tornato bambino». «È importante per noi ritornare semplici, aperti», il commento del Papa: «Per custodire il ‘prima’ di Dio, non bisogna essere cristiani complicati, che elaborano mille teorie e si disperdono a cercare risposte nella rete, ma come i bambini. Essi hanno bisogno dei genitori e degli amici: anche noi abbiamo bisogno di Dio e degli altri. Non bastiamo a noi stessi, abbiamo bisogno di smascherare la nostra autosufficienza, di superare le nostre chiusure, di ritornare piccoli dentro, semplici ed entusiasti, pieni di slancio verso Dio e di amore per il prossimo».

«Come sarebbe bello se i nostri vicini e conoscenti sentissero la Chiesa come casa loro!», ha esclamato il Papa. «Succede, purtroppo, che le nostre comunità diventino estranee a tanti e poco attraenti», la denuncia di Francesco: «A volte subiamo anche noi la tentazione di creare circoli chiusi, luoghi intimi tra eletti». «Ma ci sono tanti fratelli e sorelle che hanno nostalgia di casa, che non hanno il coraggio di avvicinarsi, magari perché non si sono sentiti accolti», ha fatto notare il Papa: «Il Signore desidera che la sua Chiesa sia una casa tra le case, una tenda ospitale dove ogni uomo, viandante dell’esistenza, incontri Lui, che è venuto ad abitare in mezzo a noi». L’esempio citato è quello di Zaccheo, che dopo l’incontro con Gesù, da «estraneo nella sua città, rientra a casa sua da persona amata. E, amato da Gesù, riscopre la sua gente vicina e dice: ‘Do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto’. La Legge di Mosè chiedeva di restituire aggiungendo un quinto, Zaccheo dà quattro volte tanto: va ben oltre la Legge perché ha trovato l’amore. Sentendosi a casa, ha aperto la porta al prossimo».

«Sia la Chiesa il luogo dove non si guardano mai gli altri dall’alto in basso ma, come Gesù con Zaccheo, dal basso verso l’alto; mai da giudici, sempre da fratelli». Si è conclusa con questo auspicio l’omelia del Papa in piazza Pia, ad Albano, in una giornata importante per la vocazione sacerdotale di Bergoglio – che il Papa fa risalire al 21 settembre del 1953 – e nell’anniversario della dedicazione della cattedrale, avvenuta nel 2008 ad opera di Benedetto XVI. «L’unico momento in cui è lecito guardare i fratelli dall’alto in basso è per aiutarli a ricoverarsi», ha aggiunto Francesco a braccio. «Chiediamo la grazia di andare incontro a ciascuno come a un fratello e di non vedere in nessuno un nemico», l’appello: «E se ci è stato fatto del male, restituiamo del bene. I discepoli di Gesù non sono schiavi dei mali passati ma, perdonati da Dio, fanno come Zaccheo: pensano solo al bene che possono fare. Diamo gratuitamente, amiamo i poveri e chi non ha da restituirci: saremo ricchi al cospetto di Dio». Altro consiglio dispensato dal Papa fuori testo: «Avere la lingua ferma, mordersi la lingua». «Vi auguro che la vostra cattedrale, come ogni chiesa, sia il luogo in cui ciascuno si senta ricordato dal Signore, anticipato dalla sua misericordia e accolto a casa», il saluto di Francesco.

 

Mons. Semeraro, «è stata una visita desiderata e attesa». «È stata una visita desiderata e attesa da noi tutti». È il saluto di mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano, al Papa, al termine della celebrazione eucaristica in Piazza Pia. «Sono tre le circostanze che mi hanno incoraggiato a chiedere la sua visita», ha rivelato il presule: «Il mio antico affetto per la sua persona, per un verso, significato dall’indicazione della data odierna, che per la sua vocazione ha un significato speciale; l’anniversario della dedicazione della nostra cattedrale» e – ha aggiunto Semeraro – la volontà di «rinvigorire» la «già indissolubile congiunzione di Albano con Roma». «Sia pur certo, Santità – ha assicurato il vescovo -, che nel presbiterio e nelle comunità parrocchiali, come pure negli organismi di consiglio, siamo davvero impegnati ad assumere lo stile pastorale che ci domanda», tramite una «pastorale generativa» rivolta a mettere in pratica le indicazioni dell’Evangelii gaudium.